VARIE 2372955, 25 ottobre 2016
APPUNTI PER GAZZETTA - LA GUERRA TRA ITALIA E EUROPA SULL’ECONOMIA REPUBBLICA.IT L’Italia è pronta a mettere il veto sul bilancio Ue se i paesi dell’Est non accoglieranno i migranti: "Assolutamente sì", dice il premier Matteo Renzi rispondendo ad una domanda durante la registrazione di ’Porta a Porta’
APPUNTI PER GAZZETTA - LA GUERRA TRA ITALIA E EUROPA SULL’ECONOMIA REPUBBLICA.IT L’Italia è pronta a mettere il veto sul bilancio Ue se i paesi dell’Est non accoglieranno i migranti: "Assolutamente sì", dice il premier Matteo Renzi rispondendo ad una domanda durante la registrazione di ’Porta a Porta’. "Vorrei che tutti insieme, maggioranza e opposizione, senza dividerci, dicessimo a questi paesi che il meccanismo è finito. Vorrei che tutti dicessero che la posizione del governo è la posizione dell’Italia", ha aggiunto Renzi. "Il governo Monti ha stabilito che diamo 20 miliardi e ne riceviamo 12, ma se Ungheria e Slovacchia ci fanno la morale sui nostri soldi e poi non ci danno una mano sui migranti non va bene". "Quella di Goro e Gorino è una vicenda difficile da giudicare" ha detto Renzi. "Da un lato c’è un atteggiamento di comprensione ma non di condivisione per una situazione difficile, verso una parte della popolazione che è molto stanca, ed è preoccupata per le notizie di nuovi arrivi. Ma dall’altro lato stiamo parlando di donne e bambini. Probabilmente andava gestita meglio da parte dello Stato. Ma voglio essere chiaro: l’Italia che conosco io, quando ci sono 12 donne e 8 bambini si fa in quattro per risolvere il problema". E ringrazia Marina e Guardia Costiera: "Sono orgoglioso delle nostre forze armate e sono orgoglioso della Marina, della Guardia costiera e di tutti coloro che si prodigano per salvare vite. L’Ue dovrebbe fare un monumento a questa gente, altro che discorsi. Prima o poi il premio Nobel della Pace lo dovrebbero dare a loro". Ma per il premier il flusso di migranti va bloccato prima possibile. "Ora siamo in grado di gestirlo, arriva l’inverno, le condizioni del mare peggiorano, ma abbiamo tempo sei mesi massimo. Bisogna bloccarli in partenza. O blocchiamo il flusso entro il 2017 o l’Italia non riesce a reggere un altro anno come quello passato". E su questo "chiedo che tutti gli italiani stiano con noi, che non ci si divida". LA LETTERA Upb, la crescita è modesta. Pil +0,8% nel 2016 La Ue all’Italia: La Ue all’Italia: "La manovra non va. Stop alle ’una tantum’ e deficit solo al 2,2%" Il Documento Programmatico del Bilancio 2017 Lettera Ue, Lettera Ue, "no comment da Bruxelles". Zanetti: "Rottamazione per tutte le cartelle" successivo 5 MILANO - La lettera dell’Unione europea all’Italia sulle richieste di informazione sulla legge di bilancio 2017 è partita. Bruxelles spera ancora di evitare lo scontro con Roma, soprattutto in vista del referendum costituzioni del prossimo quattro dicembre. L’Ue però non può neppure cedere su tutta linea: dopo aver concesso nuova flessibilità all’Italia con un deficit al 2,2% contro l’1,8% promesso, non ha intenzione - e neppure la forza - per dare il via libera a una legge di bilancio che portando il disavanzo al 2,3% sfora per l’ennesima volta gli accordi. Il problema, inoltre, è tutto interno all’Unione europea spaccata a metà tra i falchi del rigore e dell’austerity - i Paesi del nord - e chi vorrebbe maggior flessibilità e più investimenti per rilanciare la crescita. E in questo momento il primo alleato di Renzi all’interno della Commissione Ue è il responsabile degli Affari economici, Pierre Moscovici, che si è scagliato contro il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schaeuble, fautore della proposta di sorveglianza dei conti dell’Eurozona da parte del fondo salvastati: "No alla valutazione dei bilanci nazionali da parte di un’istituzione tecnocratica come l’Esm - ha detto secco Moscovici - perché porta più burocrazia e meno democrazia. Le regole devono essere una bussola, e non un totem. Credo alla serietà di bilancio, rifiuto ogni feticismo". Insomma, seppure il quadro complessivo resti fragile, il governo Renzi sa di poter contare su un alleato importante contro i falchi del Nord. Anche se potrebbe non bastare per strappare quel decimale in più di deficit che vale 1,6 miliardi di euro. I dubbi di Bruxelle sul fronte delle entrate riguardano le troppe una-tantum, mentre su quello delle uscite si guarda al piano nazionale di salvaguardia antisismica, considerato strutturale e non emergenziale. Non ci dovrebbero essere problemi, invece, per le spese di ricostruzione locale e quelle per i migranti. In un’intervista a Repubblica, domenica, il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan ha messo in guardia Bruxelles dai rischi di una bocciatura del bilancio italiano: "Se ci dicono no - ha detto - l’Unione rischia l’inizio della fine". Nei giorni scorsi sul tema era intervenuto anche il premier Matteo Renzi sottolineando come i veri problemi della Ue riguardassero l’emergenza migranti e il surplus commerciale tedesco che non rispetta alcune delle regole comunitarie. Per Renzi la lettera in arrivo fa parte della dialettica tra le istituzioni, anche perché la posizione italiana è chiara: "La manovra non cambia e in settimana sarà in Parlamento". "La legge di stabilità - ha detto giovedì scorso - non cambia" e "spetta alla Commissione dire" se c’è qualcosa che non va, perché l’Italia "non chiede la flessibilità" ma invoca "le circostanze eccezionali per terremoto e immigrazione". Per il premier che l’Italia rischi un’infrazione Ue sulla legge di bilancio è "un’analisi suggestiva". Anche la maggioranza di governo spero di ricomperre una frattura "che non avrebbe senso" dice Francesco Boccia, presidente della Commissione Bilancio della Camera: "Avrebbe avuto senso nel 2014 quando era facilmente dimostrabile che le regole Ue non funzionavano. Dal 2007, ultima manovra firmata da Padoa Schioppa, ad oggi il debito è cresciuto di 30 punti stando fermi. Più fallimento di così! Oggi non si capisce chi e perché ha fatto questo incomprensibile negoziato con la Ue che ci porterebbe a rompere per un inutile ’zero virgola’". Secondo il vice ministro dell’Economia, Enrico Zanetti, il rapporto tra Italia e Commissione Europea prosegue nella normale dialettica e la legge di Bilancio non subirà profondi cambiamenti, ma solo piccoli ritocchi. Intanto il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi ha ribadito "l’impegno del Governo a presentare quanto prima il disegno di legge di Bilancio. E’ giusto che il Parlamento sia messo nelle condizioni di esaminare il testo". In base al calendario di massima presentato alla Capigruppo, sempre che il testo arrivi a Montecitorio questa settimana, la manovra dovrebbe essere esaminata nelle commissioni di settore entro il 9 novembre, per poi essere licenziata per il 22 novembre dalla commissione Bilancio, approdando in Aula dal 24 dello stesso mese. A questo punto l’ok di Montecitorio alla Manovra arriverebbe prima del referendum. FUBINI SUL CDS DI STAMANE tutto rimandato a dopo il referendum del 4 dicembre. Solo allora l’Europa deciderà sui conti italiani. Oggi arriva la lettera da Bruxelles per una richiesta di chiarimenti sullo sforamento del debito. Alla quale non è affatto scontato che il governo risponda, cosa che farà nei prossimi giorni, mettendo subito sul piatto la rinuncia a qualche spesa prevista dalla manovra, che il premier non vuole assolutamente modificare. «Noi abbiamo fatto le cose in regola. E la manovra non cambia» ha chiarito Renzi. In una stagione di incertezze, c’è una settimana segnata a penna rossa perché può fornire indizi preziosi sulla direzione dell’Italia per un bel po’ di tempo a venire. È quella che inizia il 5 dicembre, ma il referendum costituzionale del giorno prima non è l’unico fattore. Il mattino dopo, i ministri finanziari dell’area euro si troveranno a Bruxelles con una pila di documenti della Commissione Ue sul tavolo: le prime “opinioni” sulle leggi di Stabilità, inclusa ovviamente quella di Roma. Toccherà a loro confermare o modificare quei giudizi, inclusa un’eventuale procedura a carico di un governo accusato di non stare alle regole. Durante la campagna referendaria, è probabile che da Bruxelles si cerchi di tenere un basso profilo nel dibattito italiano. Ma l’opinione che la Commissione produrrà a metà novembre per il Consiglio dei ministri finanziari potrebbe anche non essere positiva. In concreto un «procedura per deficit eccessivo» non comporterebbe la rinuncia alla sovranità come accaduto alla Grecia: Parigi, Madrid o Lisbona sono da anni sotto procedura, senza che in superficie ciò trasformi la loro vita politica. Questo ingranaggio però, quando s’innesca, espone un governo e un’amministrazione nazionale a una sorveglianza sempre più intrusiva da parte della Commissione europea. La suspense politico-burocratica attorno alla lettera di Bruxelles di questi giorni sarebbe solo un assaggio di ciò che aspetterebbe l’Italia in quel caso. Toccherà ai ministri europei decidere, se la Commissione raccomandasse di mettere l’Italia dentro quel tipo di percorso. Il 5 dicembre esprimeranno un primo orientamento, in vista una scelta da compiere comunque nei primi mesi dell’anno prossimo. Nel frattempo però, anche al netto del referendum, la settimana di inizio dicembre darà anche altre indicazioni su ciò che aspetta l’Italia nel 2017 e magari anche dopo. È possibile infatti che l’aumento di capitale previsto per il Monte dei Paschi di Siena venga fissato dal 5 dicembre, fino al lunedì successivo. Quindi l’8 dicembre è atteso l’altro appuntamento determinante per la sostenibilità della finanza pubblica italiana: il Consiglio direttivo della Banca centrale europea, che deve decidere come e per quanto continuare gli acquisti di titoli di Stato oltre marzo prossimo. I tassi d’interesse che l’Italia paga sul suo debito pubblico dipendono da questa scelta, vista l’equazione delicata con cui il governo sta approfittando del loro calo temporaneo per finanziare più spesa e meno tasse. Di recente il presidente della Bce Mario Draghi ha sottolineato che la «convergenza» fra i tassi d’interesse sul debito nell’area euro – i Paese più fragili pagano quasi come la Germania– «riflette l’aspettativa che il sostegno straordinario (della Bce, ndr ) continui». Poi si è chiesto: «Ma questo significa che continuerà per sempre? La risposta naturalmente è no». L’Italia non ha un tempo infinito entro cui ri-apprendere a navigare i mercati senza la bussola di Francoforte. MARIO SENSINI SUL CORRIERE DI STAMATTINA ROMA Per il momento è solo una richiesta di chiarimenti, come da prassi. Una garbata lettera firmata dai Commissari Ue responsabili dell’euro, Valdis Dombrovskis e Pierre Moscovici, per evidenziare la «deviazione significativa» dei conti pubblici dal percorso verso il pareggio di bilancio prospettata dai Documenti programmatici di bilancio, che sintetizzano le manovre di finanza pubblica del 2017, che arriverà oggi a Roma e in altre sette capitali europee. Con l’invito formale a spiegare le ragioni di quella che si profila come una violazione del Patto di Stabilità europeo. Alla quale, tuttavia, non è affatto scontato che il governo risponda, cosa che farà nei prossimi giorni, mettendo subito sul piatto la rinuncia a qualche spesa prevista dalla manovra, che il premier non vuole assolutamente modificare. Nel 2014 la diatriba sui decimali aperta dal Documento di bilancio si chiuse nel giro di tre giorni con il sacrificio di 3,3 miliardi di euro che erano stati messi da parte per la riduzione delle tasse nell’anno successivo, dirottati verso la riduzione del deficit. Stavolta, però, il governo non è intenzionato alla resa delle armi. «La lettera arriverà e riguarderà una serie di paesi per alcune differenze minimali, ma questa non è la cosa più importante. Noi abbiamo fatto le cose in regola, l’Italia rispetta totalmente le regole. E la manovra non cambia» ha chiarito ieri sera al Tg5 Matteo Renzi, nonostante la lettera Ue sottolinei anche la mancata riduzione del debito pubblico che era stata promessa. «Non mi faccio dire da qualche tecnocrate di turno che non devo mettere a posto le scuole» ha aggiunto il premier. Il governo ha fatto «un lavoro incredibile di abbassamento del deficit pubblico, visto che siamo al 2,3%» rispetto al pil, «il livello più basso degli ultimi dieci anni». «Se i nostri amici europei vogliono che l’Italia spenda meno per i migranti, e noi siamo daccordo,comincino a fare quello che hanno promesso e non ancora fatto, aprire le loro porte» ha aggiunto Renzi. «Ogni anno diamo 20 miliardi alla Ue e ne riceviamo 12. Basta con questo sistema. Cambiamo la politica dell’austerity, e sull’immigrazione serve la solidarietà di tutti». Il verdetto della Ue arriverà dopo il referendum, e sarà distinto da quello sugli eventuali «squilibri macroeconomici» sui quali è in corso in questi giorni a Roma una missione dei tecnici comunitari. La Legge di bilancio, che fissa il deficit 2017 al 2,3% del pil, deve ancora arrivare in Parlamento, mentre ieri è stato pubblicato in Gazzetta il decreto con la rottamazione delle cartelle esattoriali: le domande sono attese entro il 21 gennaio. Mario Sensini MARCO GALLUZZO CORRIERE DI STAMATTINA ROMA Preoccupato? «Chi io? Ma scherziamo. Stiamo parlando del nulla, di uno zero virgola, di una manovra che serve all’Italia come all’Unione Europea, sarebbero dei pazzi se la bocciassero, autolesionismo puro, è un’ipotesi che non esiste, a meno che non si vogliano suicidare. Noi abbiamo fatto una legge di Bilancio impeccabile, tutta votata alla crescita, e se riprende a correre l’Italia conviene a tutti, quindi non vedo quale sia il problema. Semmai si occupino della Vallonia, della crisi di un’Europa per cui una piccola regione boccia il trattato commerciale con il Canada». Matteo Renzi è fatto così, non ha peli sulla lingua, racconta ai suoi interlocutori, dentro il governo, una storia diversa da quella che ritiene solo una «drammatizzazione» mediatica «tutta italiana». Ovviamente ha informazioni privilegiate, sa che la lettera della Ue arriverà sui tavoli di Palazzo Chigi, e del Mef, solo oggi, e che non conterrà rilievi gravi o di latente bocciatura dalla legge finanziaria. I contatti con Bruxelles, restituiti dalle stanze del governo, semmai registrano una storia diversa, lontana dalle aspettative di uno scontro: la lettera sarà spedita anche ad altri Paesi, chiederà solo alcune spiegazioni sulle spese una tantum, come terremoto e immigrazione, probabilmente anche sulla curva di un debito che non decresce come dovrebbe, ma non sarà affatto l’anticamera di una bocciatura della finanziaria. Nelle triangolazioni fra la Commissione di Juncker, il Quirinale e Palazzo Chigi, infatti, la vicenda della lettera sulla manovra viene letta in questo modo: non è mai accaduto nella storia che Bruxelles abbia bocciato un bilancio nazionale, non accadrà nemmeno questa volta, figuriamoci con l’Italia, Paese che oggi viene percepito come un pilastro di stabilità, alle prese con un passaggio di trasformazione costituzionale fondamentale anche per gli investitori esteri, che dunque di tutto ha bisogno tranne che di un eccesso di rigore nell’applicazione di regole che persino la Casa Bianca giudica obsolete. È in questo contesto che si sviluppa il distacco del premier dal dossier. Ieri ha chiamato alcuni ministri, ha deciso che deve spiegare in tv, meglio che nelle ultime ore, proprio la legge di Bilancio, per il resto non ha alcuna intenzione di prendere in considerazione rilievi contabili che ritiene secondari rispetto a precise scelte politiche. Del resto le contromosse del governo, non appena la lettera della Commissione sarà ufficiale, sono già state studiate: la risposta avverrà a stretto giro, la Commissione avrà pochi giorni per mettere in discussione la finanziaria in modo più serio — cosa che tra l’altro non avverrà — e qualsiasi passo ufficiale di Bruxelles, che potrebbe realisticamente aprire una procedura contro l’Italia solo per il debito, non avverrà prima del prossimo anno. Per dirla con Renzi: «Ma di che parliamo?». REPUBBLICA DI STAMATTINA ROBERTO PETRINI NAZIONALE - 25 ottobre 2016 CERCA 10/11 di 56 25/10/2016 ECONOMIA Il retroscena. Il governo sfila dal documento le misure critiche Riduzioni di 600 milioni per il fondo esodati e di 400 per i ministeri Tagli e una tantum 6,7 miliardi nel decreto Renzi gioca d’anticipo ROBERTO PETRINI LA MANOVRINA CONTANTE DAL NOTAIO EQUITALIA E I DIPENDENTI ROTTAMAZIONE: FUORI LE MULTE LOTTA ALL’EVASIONE IVA ROMA. Rafforzare i tagli e anticipare parte delle coperture una tantum della legge di Bilancio 2017 già da quest’anno. La “mossa del cavallo”, una iniziativa abile e inattesa, di Renzi e Padoan, arriva all’interno del decreto fiscale proprio mentre Bruxelles spedisce la lettera di rilievi e la manovra rischia la bocciatura. Il decreto legge fiscale, di 16 articoli, impone già dal 2016 tagli “vivi” ai ministeri e al fondo esodati per coprire una serie di spese urgenti, dai migranti ai trasporti alle missioni militari: in tutto 2,5 miliardi di interventi. Inoltre anticipa i 4,2 miliardi di coperture una tantum sfilandole dalla legge di bilancio, nel mirino di Bruxelles, e cifra prudenzialmente a zero il gettito della voluntary disclosure (da cui in realtà si aspettano 2 miliardi): le risorse vengono inoltre “congelate”, per il momento, all’interno di un Fondo per lo sviluppo che sarà “speso” solo con la stessa legge di Bilancio. Complessivamente a valere sul biennio 2016-2017 c’è già una manovra lorda di 6,7 miliardi. La guerriglia contabile sembra così iniziata. La disponibilità a fare tagli immediati sulle spese è un segnale alla Commissione che tiene sotto stretto controllo la spending review. La seconda mossa prevede che sanatorie e lotta all’evasione, pronte ad essere impallinate dalla Commissione, escano dal bersaglio più grosso, cioè dalla legge di bilancio, nel tentativo di salvarle. Naturalmente i due provvedimenti saranno entrambi oggetto dell’esame della Commissione. Ma il rischio di un rinvio al mittente della legge di Bilancio nell’ambito dell’esame preventivo delle prossime ore si attenua e i tempi si diluiscono: il tentativo è di raggiungere la primavera, quando sarà possibile esaminare a consuntivo tutti gli effetti. Più settimane dunque per il negoziato che prevede anche la contestazione dell’Italia sul metodo di calcolo del deficit strutturale, al netto della congiuntura, di cui si lamentano i ritardi nelle procedure di revisione. La manovrina del 2016 vale da sola 2,5 miliardi: viene finanziata con 410 milioni di tagli lineari a tutti i ministeri, con una limatura al fondo per i lavoratori esodati per 592 milioni e con una operazione contabile sul fondo speciale per le cosiddette spese indifferibili per 1,6 miliardi. Una rasoiata di fine anno che servirà a finanziarie missioni militari, Fs, 600 milioni per l’accoglienza migranti e 100 di risorse ai Comuni, ma anche 592 milioni per l’occupazione e 30 per rimpolpare il tax credit per il cinema. Si aggiungono anche, finanziamenti per 600 milioni all’Eav, la società di trasporti campana e 90 per quella molisana. Nel frattempo dal testo del decreto sono scomparse le misure più contestate come la “norma Corona”: salta l’aliquota scontata del 35 per cento, inoltre la cassetta di sicurezza dovrà essere aperta in presenza di un notaio e si dovrà rivelare l’origine del patrimonio. Equitalia si trasformerà in ente pubblico economico, starà all’interno dell’Agenzia delle entrare, i dipendenti entrano ma «previo selezione e verifica delle competenze». La ex Equitalia potrà ora accedere alle banche dati dell’Agenzia e dell’Inps. La rottamazione delle cartelle esattoriali riguarderà il periodo dal 2000 al 2015, prevederà l’abolizione di sanzioni e interessi di mora, sarà accessibile anche per chi ha una rateizzazione in corso, bisognerà far domanda entro il 21 gennaio 2017. Non si potranno sanare le multe al codice della strada, le sanzioni della Corte dei conti e quelle annesse al penale. La cifra che lo Stato si attende di recuperare è di 2 miliardi. Dovrebbe dare un gettito di 2,1 miliardi: ogni trimestre si potrà recuperare mezzo miliardo di imponibile. La misura più importante è la trasmissione telematica trimestrale dei corrispettivi Iva all’Agenzia delle entrate (data, soggetti coinvolti, aliquota e imponibile). ©RIPRODUZIONE RISERVATA Il gettito della voluntary cifrato, per prudenza, a zero. Dall’evasione Iva attesi più di 2 miliardi IL PREMIER Il presidente del Consiglio Matteo Renzi LA STAMPA ALESSANDRO BARBERO Ormai da tre giorni Matteo Renzi ripete ossessivamente la stessa frase: «La manovra non cambia». Poiché il testo della legge di bilancio per il 2017 non è ancora disponibile, può ripeterlo senza rischio di smentita. Niccolò Machiavelli diceva che il buon politico deve avere l’abilità di simulare e dissimulare. L’ultima dichiarazione pubblica del premier aggiunge un dettaglio decisivo e conferma che la lezione del conterraneo fiorentino è sempre attuale: «La manovra non cambia...per i cittadini». Lo scambio di lettere fra il governo e la Commissione Ue è solo la punta visibile di una trattativa difficile, a tratti aspra, ma mai interrotta. Sotto il pelo dell’acqua il testo sta cambiando eccome. Prendiamo il decreto fiscale pubblicato ieri in Gazzetta ufficiale. La sua prima stesura prevedeva una sanatoria sui contanti con l’aliquota secca al 35 per cento. Renzi ha fatto sapere di aver deciso in piena solitudine, dopo aver valutato pro e contro del provvedimento. Eppure è noto che per la Commissione si trattava di una pessima idea, e non solo perché avrebbe potuto permettere la regolarizzazione di capitali sospetti. Si trattava di una delle molte una tantum che rendono incerte le entrate di una manovra che spinge il deficit poco sopra il limite considerato invalicabile. In quel decreto sono viceversa spuntate coperture piuttosto certe: 417 milioni di tagli lineari alle spese correnti di tutti i ministeri, in gran parte a carico di Tesoro e Infrastrutture. Al di là di quello 0,1 per cento in più di deficit rispetto a quanto concordato, l’obiezione principale della Commissione ha a che fare proprio con la qualità delle coperture necessarie a finanziare ciò che della manovra non è disavanzo. Il governo chiede di farlo per dodici miliardi, gli altri quindici sarebbero reperiti fra tagli alla spesa e nuove entrate. Ma circa la metà di queste sono voci per l’appunto una tantum: spese certe per entrate incerte. Un’equazione che Bruxelles non ha mai accettato. Ai tempi di Berlusconi e Tremonti una delle voci preferite per far tornare i conti era “proventi da lotta all’evasione”. Sulla carta si poteva scrivere qualunque cifra, altro era trasformare quelle promesse in impegni concreti. Nel frattempo le regole contabili europee si sono affinate, ed è sempre più difficile per la Commissione accettare cifre aleatorie. È su questo che si stanno concentrando le trattative fra il ministro Padoan e i due vigili europei dei conti pubblici, il commissario francese agli Affari monetari Moscovici e il vicepresidente lettone Dombrovskis. Fonti di governo raccontano che nelle ultime ore il pressing di Bruxelles serve a convincere il governo ad aumentare il valore complessivo dei tagli alla spesa, o quantomeno delle entrate certe. È per questo che il testo definitivo del disegno di legge, già in ritardo di quattro giorni, ancora ieri veniva definito in alto mare. In Commissione Bilancio sono convinti che non sarà depositato prima di mercoledì. Del resto non è detto che il governo ceda subito alle richieste europee, anzi. «Il tempo per le correzioni c’è fino all’ultimo giorno del percorso di approvazione parlamentare», dice una fonte del Tesoro. Come era prevedibile, e come racconta la storia delle due ultime leggi di bilancio, il tiro alla fune fra governo e Commissione durerà almeno fino al 4 dicembre, giorno del referendum costituzionale. Da quel momento la corda si allungherà su uno dei confini: su quello italiano in caso di vittoria del sì, su quello della Commissione se prevarrà il no. Nella scommessa elettorale di un Renzi sempre più antieuropeo c’è anche questo: dare ai cittadini la sensazione di votare non solo per il sì alla riforma e alla sua permanenza a Palazzo Chigi, ma anche per ottenere un’Europa più docile agli interessi nazionali. L’incertezza della Commissione Juncker - che ieri sera non aveva ancora spedito la lettera di richiamo all’Italia - è tutta politica: qualunque forzatura è solo benzina per la campagna renziana. Twitter @alexbarbera BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI (GIORGIO ONORATI/ANSA) - Preoccupato Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan teme un nuovo rinvio della legge di bilancio a causa dei rilievi mossi dall’Unione europea sulle spese con poche coperture pag. 3 di 3 LA STAMPA DI STAMATTINA MARCO BRESOLIN Chi ha parlato nelle ultime ore con Jean-Claude Juncker lo descrive come «particolarmente infastidito». Sulla scrivania del presidente della Commissione c’è il delicato e fragile dossier del Ceta, che rischia di diventare il più grande fallimento dei suoi primi due anni alla guida dell’Ue. Nelle ultime ore la sua attenzione è dedicata principalmente all’accordo con il Canada e – rivelano fonti interne alla Commissione – avrebbe fatto volentieri a meno di altre seccature. Invece sono arrivate le dichiarazioni di Pier Carlo Padoan («Se l’Ue boccia la manovra, rischia la fine» aveva detto domenica il ministro in un’intervista a La Repubblica) che hanno creato «grande fastidio». Parole destinate a modificare l’atteggiamento di Bruxelles nei confronti dell’Italia. La giornata tesa Ieri era attesa la «comunicazione» di Bruxelles al governo, ma a tarda sera non risultava spedita ancora alcuna lettera. Né all’Italia né agli altri cinque Paesi coinvolti. La Commissione deve dire a Roma che il suo progetto di bilancio, così come è stato presentato, non rispetta i vincoli imposti dal Patto di Stabilità. Se fino a sabato il problema era di «come far passare questo messaggio nel modo più indolore possibile» per non turbare la campagna elettorale del referendum, fa notare una fonte comunitaria, da domenica le cose sono cambiate. E così ieri – dietro all’apparente calma silenziosa e ai «no comment» ufficiali dei portavoce della Commissione - è stata una giornata piuttosto caotica, tesa. Ci sono stati diversi scambi di opinioni per mettere a punto la strategia e trovare la giusta forma attraverso la quale recapitare il messaggio. «Normali questioni procedurali che hanno preso più tempo del previsto», concede un funzionario. Voci e smentite Ma è chiaro a tutti che dietro agli aspetti tecnici resta il problema politico. Il dossier-lettera, infatti, dopo un confronto tra i capi di gabinetto, è finito direttamente sulla scrivania di Juncker. Sarà lui a decidere, al più tardi questa mattina, che fare con il caso-Italia. Tutte le opzioni sono sul tavolo. Addirittura ieri sera c’era chi ipotizzava un cambio di strategia, mettendo in dubbio l’invio della lettera. Matteo Renzi, come già aveva fatto domenica, continua a sollevare le spalle. «La lettera di Bruxelles? Arriverà, la vedrà Padoan, è lui che controlla la posta» ha detto ieri ai microfoni del Tg5. E la battuta riservata al ministro, visto il clima che si è creato a Bruxelles, ha un suo perché. Il governo italiano vuole mostrarsi compatto nella linea dell’intransigenza, ma bisogna vedere quanto questo atteggiamento pagherà nella trattativa. I nodi tecnici che verranno indicati dalla Commissione sono parecchi. Non ci sono solo i dubbi sulle «circostanze eccezionali», che secondo Bruxelles l’Italia ha sovrastimato (spese per il sisma e per i migranti). Su quelli ci sono ampi spazi per trovare una soluzione. Ne sono ben consapevoli nei palazzi della Ue, nonostante il premier continui a battere su questo tasto per «vendere» meglio la sua battaglia: «Non mi faccio dire da qualche tecnocrate europeo che non si devono mettere a posto le scuole perché c’è una regola sulla stabilità. La stabilità dei nostri figli – ha ripetuto ieri al Tg5 – vale più della stabilità delle regole europee». Coperture deboli Il problema della manovra – ripete da giorni chi segue i negoziati – non è lo scostamento di 0,1% di deficit rispetto alle cifre concordate, piuttosto l’aumento di 0,4% del deficit strutturale. «Il vero problema – si fa notare – è che a fronte di determinate uscite mancano coperture strutturali». I punti sono sempre quelli: troppe una tantum e stime generose nelle entrate. Questo preoccupa Bruxelles, non lo sforamento eccezionale che potrà esserci nel 2017. Resta da capire quanti e quali passi indietro è disposto a fare il governo. «La manovra – ripeteva ancora ieri sera Matteo Renzi – non cambia». BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI pag. 3 di 3