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 2016  ottobre 19 Mercoledì calendario

LA PADRONA CATTIVA LICENZIATA DALLA FAMIGLIA


Mandello Lario (Lecco), ottobre
Cavaliere del lavoro Cristina Gilardoni, classe 1933: nell’epopea dell’imprenditoria lombarda una «sciura padruna» come lei non s’era mai vista. Minuta, tenace, instancabile, oltre trent’anni fa ha ereditato dal padre Arturo l’azienda leader mondiale nella produzione di apparecchi a raggi X e da allora l’ha guidata col pugno d’acciaio. Amica dell’ex ministro dell’Interno Claudio Scajola, intima dell’ex ministro della Giustizia Roberto Castelli, lady Gilardoni ha azzerato le relazioni sindacali e ha impostato il rapporto col personale in modo diretto. Molto diretto. Forse troppo. Su «quel ramo del lago di Como» il suo abituale ricorso a insulti, umiliazioni e lanci di oggetti sono diventati leggendari. L’aneddotica su di lei è infinita. Da un lato fa sorridere. Dall’altro ha terrorizzato e fatto piangere decine d’ingegneri, impiegati, tecnici e operai.
Ma anche la zarina dei raggi X ha avuto la sua rivoluzione d’ottobre e dopo decenni di dominio incontrastato nei giorni scorsi è stata estromessa dalla cabina di comando della ditta. A mostrarle il cartellino rosso è stato il Tribunale civile di Milano, ma non è stata «giustizia proletaria», come qualcuno ha scritto. È stata «giustizia proprietaria», sollecitata dalla cerchia dei familiari più stretti, con quote azionarie e interessi diretti nella ditta di Mandello Lario.
A 83 anni, età in cui altre coetanee si prendono cura dei nipoti, è stato il nipote a occuparsi di lei. Andrea Ascani Orsini, il più giovane erede dell’impresa fondata nel 1947, si è rivolto al Tribunale civile di Milano e ha chiesto di estromettere l’anziana zia, sorella di sua madre, dalla stanza dei bottoni.

RIVOLUZIONE D’OTTOBRE
Maria Cristina sostiene d’aver tenuto l’azienda a galla in anni di crisi. I legali del nipote rispondono che la stava affondando, distruggendo un patrimonio di conoscenze e relazioni commerciali costruito in 70 anni. La prova? Operando in un settore in crescita grazie agli ordinativi di apparecchiature di sicurezza per aeroporti, edifici pubblici e privati a rischio attentati, la ditta invece di crescere perdeva clienti e fatturato. Dai 44 milioni di euro del 2012 il giro d’affari era passato ai 26 del 2015. Nello stesso periodo era diminuito anche il personale, sceso da 217 a 156 unità, privando la Gilardoni di ingegneri e tecnici che in passato avevano contribuito ai primati del gruppo. Quelli ricordati nelle parole del fondatore Arturo Gilardoni all’ingresso in azienda: «Ringrazio tutti i miei ragazzi ai quali ho insegnato con amore e che mi hanno sostituito validamente procurandomi grandi soddisfazioni».

IL VASO DI PANDORA
«Altri tempi», esclama una dipendente in pausa pranzo al bar Agip a cento metri dall’azienda. È come scoperchiare un vaso di Pandora. «Negli ultimi tempi mi dava dell’idiota 20 volte al giorno», interviene un impiegato del commerciale. «Consolati», replica un collega, «a me ha dato del co... a raffica». «Ringraziate che non vi abbia tirato qualcosa», dice una donna, «gli insulti sono la norma, devi solo farci l’abitudine». Chi l’abitudine non riesce a farla salta. «O a forza di sopportare esci di testa», commenta un veterano, «o reagisci e allora esci dall’azienda. Pochi giorni fa la Cristina ha preso un faldone di fatture, l’ha sbattuto a terra e ha gridato a uno di noi di raccoglierlo. Quello si è rifiutato ed è stato messo in ferie forzate per insubordinazione. La prima tappa verso il licenziamento».

GONFIATURE SINDACALI
«Non rilascio interviste su queste gonfiature sindacali», ha risposto Cristina Gilardoni a Oggi. Il suo vanto è aver affrontato 22 cause di lavoro e di averne perse solo due. «Attenzione», commenta un sindacalista, «ciò non significa che ne abbia vinte 20 perché il più delle volte le parti hanno preferito mettersi d’accordo. L’unica “gonfiatura” è il fascicolo con decine di denunce contro di lei per maltrattamenti e sfociato in un’inchiesta del Pm Silvia Zannini».
Al posto di Cristina Gilardoni, nel ruolo di commissario il tribunale ha nominato il figlio Marco, il quale non se l’è sentita di allontanare l’anziana madre, le ha lasciato un ufficio ma l’ha messa nelle condizioni di non interferire. E di non ferire.