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 2016  ottobre 15 Sabato calendario

IL TEMPO DELLE CAZZATE È FINITO


[Andrea Iannone]

Ci piace andare controcorrente: quindi di Belen, con cui è fidanzato, si parla solo alla fine. Sarebbe stato scontato, e vi sareste persi un Andrea Iannone, pilota Ducati in MotoGP, capace di tirar fuori tutto, come fosse una gara. L’uomo, soprattutto. Sorprendendoci. E costringendo a trasformare l’intervista in una specie di monologo. In certi casi le domande servono a poco. Basta far spegnere il semaforo e mollare i freni, dall’inizio. Dalle origini.

«Vengo da Vasto, provincia di Chieti. Mio padre si chiama Regalino. Ha perso il suo molto presto e ha iniziato a lavorare mentre era ancora a scuola. A 12 anni portava a casa 5.000 lire alla settimana. Finché ha creato un ingrosso di casalinghi da 3.000 metri quadrati: riforniva negozi in tutta la regione e vendeva articoli regalo per matrimoni e comunioni. Si è sposato, mia mamma è andata a lavorare con lui. Eravamo una famiglia benestante, non ci è mai mancato niente. Quando io e mio fratello Angelo correvamo con le minimoto ne ha comprate 5, ordinava a Polini 20 marmitte, per un cilindro buono da usare la domenica se ne faceva mandare 15. Così abbiamo vinto il tricolore da privati, contro le Case ufficiali. Poi all’inizio del 2004 ha deciso di vendere l’attività per concentrarsi sulla mia carriera. Ci ha seduto intorno a un tavolo e ha detto: “Andrea, abbiamo la possibilità del team Abruzzo. Devi decidere se te la senti di fare sul serio o se resta un gioco”. “Proviamoci”, ho risposto. E lui ha mollato tutto. Per mio padre ho una stima enorme, difficile da descrivere. Se mi chiedono chi vorrei essere nella vita rispondo: “Lui!”. Il primo anno ci è costato 500 mila euro: la mia famiglia veniva dal niente, erano i risparmi di una vita. La stagione seguente ha ipotecato la casa. Da un certo punto di vista è stato un folle».

IL BAMBINO
«Sono uno che ha fatto tantissime cazzate. Ma anche uno che in quinta elementare, appena usciva da scuola al pomeriggio, correva in garage a montare e smontare la minimoto, lavando tutti i pezzi con la benzina. A10 anni, per dire della passione che avevo. È stato un periodo molto bello. Non sono mai stato bocciato però studiare non mi piaceva. Mi sono diplomato perito meccanico in una superiore privata a Pescara frequentata dai calciatori... Ma quando i miei genitori andavano a parlare con i professori mi dispiaceva un po’».

GLI IDOLI
«Da bambino per me esistevano solo le moto: ero un invasato, era la mia priorità di vita. Anche se la scoperta delle donne è arrivata presto: all’autoerotismo molto precoce mi ha spinto in colonia un tale Luca, di un paesino vicino a Vasto, e poi ho perso la verginità a 12 anni. Da piccolo l’eroe era Valentino Rossi che iniziava a vincere in 125, per come correva e per le sue gag dopo l’arrivo. Era vicino a noi, gente come Doohan la vedevo adulta e lontana. E in un’altra vita vorrei essere Steve McQueen. Ma faccio ancora in tempo: un giorno posso diventare attore, ho molti amici nel cinema, non si sa mai...».

IL PILOTA
«Non ho mai pensato che sarei arrivato in alto. Non l’ho capito ancora adesso. L’amore e la vittoria se le cerchi non arrivano, succede quando meno te l’aspetti. Se vuoi trovare per forza la donna della tua vita non accadrà mai. Se corri con l’ossessione di arrivar primo non ci riesci: l’ansia ti consuma, ti tortura, ti fa stare male. In poco più di una stagione mi son trovato dalle minimoto al Mondiale, e avevo solo 15 anni. Non ho fatto in tempo a rifletterci. Non sono mai appagato, quando lo diventi sei fottuto. Devi avere fame e voglia a tutti i costi, disposto a mettere in gioco tutto te stesso. Non me ne frega niente se ho vinto o no un Mondiale, ma in ogni gara ho sempre dato il 150%. Ho avuto una moto ufficiale solo in Ducati ma non è una moto facile, non mi è capitata subito una Yamaha che è la migliore. Sono arrivato in MotoGP e ho dovuto mostrare il mio valore ogni anno, disposto a farmi un culo così senza lamentarmi, sempre umile. Ce l’ho fatta ma mi sono anche fatto molto male: non sono mai caduto tanto come negli ultimi quattro anni. Però sono contento: il 2015 è stato bellissimo, è venuto fuori ciò che sono. Mentre quest’anno, a parte alcune situazioni difficili, ho vinto una gara, fatto podi e viaggiato spesso là davanti. Anche se ho rischiato. Quando sei in lotta per vincere dici: “Me la gioco, sono in MotoGP, sarà così anche per gli altri”. Poi ti rivedi in tv e ti fai paura da quanto, rispetto a loro, sei al limite. Vien da dirti: “No no, meglio mettersi l’animo in pace, accontentarsi di un 4° posto”. Avessi gareggiato così ora magari sarei 3° nel Mondiale ma non sarei il pilota che amano i tifosi. La mia qualità più grande è sapermi adattare alla moto che guido. Mi è sempre venuto bene tirar fuori il 100% da ciò che ho. Dove manca qualcosa compenso. Ma posso migliorare in tutto, un pilota non smette mai di crescere: tecnica, velocità, stile di guida. Quest’anno in un momento difficile del campionato sono andato a parlare con Gigi (Dall’Igna, direttore generale di Ducati Corse; ndr). Ci siamo chiusi in una stanza e lui è una delle poche persone con cui ho pianto. Sono riuscito a sfogarmi. Mi ha detto: devi stare tranquillo, il giorno in cui raggiungerai la consapevolezza del tuo talento non ti fermerà più nessuno. È un momento che non posso scordare. E riportare la Ducati al successo, quest’anno in Austria, fa parte della storia. Spero che il mio momento per correre tranquillo arrivi presto: ho deciso di andare in Suzuki dopo la garanzia che la Casa sarà concentrata a 360º su di me».

I RIVALI
«Vale ha tutto di bello, l’unico difetto è che è sempre forte, non invecchia mai. Lorenzo è un grandissimo pilota, ma sotto certi aspetti tanto sensibile e a volte il suo talento viene appannato da questa sensibilità. Con Marquez fai grandissime battaglie e bagarre, e non è mai facile batterlo. Dovizioso è stato un compagno di squadra forte, duro, difficile da mettere dietro, mi ha sempre stimolato. Mi dispiace solo che il nostro rapporto, che è civile, non sia mai diventato un legame bello e con un po’ di complicità».

IL CARATTERE
«Ascolto tutti ma decido con la mia testa, anche se sono l’unico a pensarla così. Da ragazzo, quando combinavo qualche cavolata, mio padre mi veniva ad aiutare e mi toglieva dai guai. Poi mi sedeva sul tavolo e mi spiegava dove avevo sbagliato, senza urlare o menarmi. “Sì papà, sì papà”, rispondevo mezzo annoiato. Però me ne ricordavo. Mi ha lasciato sbattere la testa da solo, mi ha permesso di capire ed è stata una grandissima lezione. La sicurezza interiore è importante. Ho 27 anni e se guardo indietro scopro che sono sempre andato controvento. Oggi in tanti mi dicono cosa dovrei fare, sono tutti professori. Se non hai un carattere forte ti fregano. Per come sono cresciuto, libero di fare qualsiasi cosa, in giro, per strada, ho provato esperienze di ogni tipo, belle e brutte: da allora guardo in faccia qualcuno e capisco che persona è. Da giovane bastava: se la prima impressione non era buona era già finito tutto. Diventando grande ho iniziato a dirmi: “Dai, non fare la testa di cavolo come al solito, offrigli una possibilità”. E sono rimasto sempre fregato! Sono diventato più buono. Prima ero diretto, duro, un po’ stronzo. Ora mi preoccupo di più di chi ho di fronte, la diplomazia serve ma non mi piace. L’unico che mi calma veramente è mio padre. Spesso vivo fasi difficili da capire anche per me. Passo da periodi in cui sono la persona più casinista e cogliona al mondo, il più grande cazzone sulla faccia della terra, ad altri in cui penso e rifletto tanto, per avere risposte che non ho. Ma che poi in qualche modo trovo, parlando con me stesso: sono momenti importanti».

LA MAMMA
«Mia mamma è da clonare! Se potessi vorrei una moglie così. Con questo sport ho tolto ai miei parecchi momenti di famiglia, e mia madre non ci ha mai fatto pesare niente. Noi a Pasqua a correre, e lei a casa. Delle gare non parla: penso abbia avuto tanta paura, si sia spaventata spesso, ma è brava a non farcelo percepire. Mi manda un buongiorno via messaggio al mattino e un “Come va? Tutto bene? Buonanotte” la sera. Se non rispondo, dopo due o tre giorni mi chiama. Ogni tanto mi dice: “Mi manchi, torna a casa, voglio vederti”. Fine».

BELEN
«Una sera qualche mese fa stavo uscendo dalla palestra, mi ha chiamato un amico dicendomi: “Sono in questo ristorante, vieni a fare un salto qui, non ci vediamo da tanto”. Ho risposto che sarei passato ma tornando subito a casa, per guardarmi un film in pace. Sono arrivato ed era a cena con Belen, il fratello di lei e alcune amiche. L’ho conosciuta lì. Qualche giorno dopo ho incontrato di nuovo Jeremias (il fratello della soubrette argentina) ed è nato un bel rapporto: è un ragazzo vero e buono. Ogni tanto ci si vedeva per un aperitivo e capitava ci fosse anche Belen. È una cosa nata così, se dovessi spiegare come non lo so. Io uscivo da un legame molto lungo, finito nel gennaio scorso. Fino ai 19 anni potevo fidanzarmi e non l’ho mai voluto fare, non so perché. Oggi penso di aver conosciuto una bella persona che, al contrario di ciò che crede la gente, è piena di valori e soprattutto di una semplicità imbarazzante, incredibile. In lei rivedo molto di me anche a livello caratteriale. In questo momento è una storia molto bella. Credo di essermi divertito tanto ma tanto in passato: mi sono tolto tutte le soddisfazioni “peggiori” che mi giravano per la testa. Perché se le vivi te le togli dalla mente, se le reprimi ti ritrovi a 50 anni a fare le cazzate che dovevi fare a 15 o 20. Io sono arrivato a 27 e sotto quest’aspetto posso garantire che non temo nessuno, ma veramente... E sento la necessità, nata negli ultimi due o tre anni, di condividere tutto con la mia donna. Sono proiettato verso qualcosa che abbia un senso: il tempo per le cose senza senso per me è finito».