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 2016  ottobre 23 Domenica calendario

«LAVORO PER NON MORIRE. CAMPO DALL’ORTO SBAGLIA A RINCORRERE I GIOVANI» [Intervista a Maurizio Costanzo] – Bilancio di un settantottenne in carriera: “Ho avuto un gran culo

«LAVORO PER NON MORIRE. CAMPO DALL’ORTO SBAGLIA A RINCORRERE I GIOVANI» [Intervista a Maurizio Costanzo] – Bilancio di un settantottenne in carriera: “Ho avuto un gran culo. Da ragazzo sognavo di diventare giornalista e ho fatto esattamente il mestiere che volevo”. Dodici televisori accesi. Guerre siriane, invasioni di cimici in Friuli, scioperi dei trasporti. Un gatto a piede libero, molte foto alle pareti. In una c’è Totò. Il cronista ha un taccuino in mano: “Il principe, crucciato, interpretava Uccellacci e Uccellini. Non aveva capito l’importanza di Pasolini e forse neanche il film. ‘Siamo come i tassisti – mi diceva – andiamo dove il cliente preferisce”. Maurizio Costanzo ha ripreso a guidare sulle stesse strade di ieri. Come ai tempi di Bontà Loro e del suo Show, ospita imbonitori e presidenti della Repubblica sul palco. Il programma va in onda giovedì in seconda serata su Canale 5, si intitola L’intervista e insieme ai buoni risultati certifica l’eterna simbiosi tra circo e domatore. “Dimmi rapidissimamente”. Il telefono squilla 15 volte in un’ora: “L’Italia è un paese strano e mi arrivano addosso anche tante rotture di coglioni. Lettere in cui la gente esprime desideri singolari, gente che mi aspetta con un plico per ore davanti a un ufficio. Rispondo a tutti”. A tutti. Che le devo dire? Ignorarli mi sembrerebbe scorretto. Mi pare giusto così. Meno male che è tornato a lavorare a pieno regime. Un giorno sono andato da Maria e le ho detto: “Se sto a casa in poltrona, moro in tempi brevi”. Lei era felice. A insistere perché facessi L’intervista è stata lei. Prima puntata de L’Intervista, Wanna Marchi: 15 per cento. Seconda, Giorgio Napolitano: stessi risultati di Petrolio. Giovedì prossimo Belen. Ma Costanzo non avrebbe dovuto ritirarsi? Sarei morto sul serio perché così succede a quelli che fanno il mio lavoro: se non hanno la testa in movimento, gli si atrofizza il cervello. Si spengono e poi se ne vanno. Potevo stare benissimo a casa a leggere un libro o un giornale. Ma poi? Se ho tanti impegni sto fisicamente meglio. Temeva di annoiarsi? Io mi sono sempre annoiato, pure da bambino. “Mi annoio” dicevo a quella pora donna di mia madre e non avevo neanche 5 anni. Le è capitato di annoiarsi anche sul lavoro? Il Costanzo Show quotidiano è durato 27 anni, ha sfiorato le 4.000 puntate e la ripetitività a volte si è fatta sentire. Per fortuna nella Mediaset di allora qualcuno provava a darmi fastidio con la controprogrammazione. Mettevano le donnine nude per erodere il mio pubblico e io mi risvegliavo. Si risvegliava? Lottavo e della noia mi dimenticavo. La lotta non la puoi fà da annoiato. Per alcuni era da pensione, per altri da nosocomio: “Non si capisce più quello che dice”. Oggi tra Rai, Radio e Mediaset è più presente di 10 anni fa. È come una seconda vita. Piovono ancora proposte. Sono stupito: a volte mi sembra di esse stato all’estero. Se sò accorti che so fà le interviste a 78 anni. E lavoro come un matto, sì. Io e Maria ormai ci incontriamo la mattina, uno si sveglia e l’altro va a dormire. La vostra unione è l’incontro perfetto tra due bulimici del tubo catodico? In realtà Maria voleva fare l’avvocato. A spingerla a fare tv sono stato io. Lei non ne sapeva niente e io ignoravo potesse diventare così brava. Così brava da doppiare Dieci cose, il programma nato da un’idea di Veltroni. Stimo Walter e conoscevo suo padre, ma con tutto il rispetto e anche l’affetto, ognuno deve fare il proprio mestiere. Il politico deve fare il politico, il sindaco, il sindaco e l’autore televisivo, l’autore televisivo. Tempo per le improvvisazioni non ce n’è più. All’inizio improvvisava anche lei? Ho iniziato come volontario a Paese Sera a 17 anni. Da come tenevano in mano un mio pezzo, già capivo se lo avrebbero pubblicato o meno. L’ansia, a livelli maniacali, l’ho sempre avuta. Come la pazienza e la passione. Se hai passione, le delusioni e la fatica le senti di meno, non c’è niente da fà. Il primo pezzo glielo fece scrivere Antonio Ghirelli. Di sport non sapevo un cazzo e Ghirelli mi mise in mano un pacco di agenzie: “Seguimi il giro del Belgio come se fossi lì”. Mi firmai Maurice Costance. Che ricordi ha della gavetta? La bocca impastata dal sonno sul filobus 62 all’epoca del Corriere Mercantile di Genova. Per l’edizione delle 8 di mattina me toccava annà alle 6 in redazione per aggiornare la cronaca. Due volte su 3 mi svegliava un muratore che faceva il mio stesso percorso. I suoi genitori? Impiegati. Mamma alla Confagricoltura, papà al ministero dei Trasporti. Progressisti. Mio padre è morto quando non avevo ancora compiuto 18 anni. Non ha fatto in tempo a vedere niente. Pingue è sempre stato? Da ragazzino andavo a svaligià la pasticceria sotto casa. Lì mia madre m’ha tanato tante volte. Il medico le diceva: “È un po’ grasso, ma vedrà che miglioramenti con la crescita”. Non sono cresciuto mai. Camperei di formaggi e dolci e nella mia vita, perdendo 35 chili, di dieta drastica ne ho fatta una soltanto. Ma certo, le scorribande con Giovanni Bertolucci non posso più permettermele. Giusto un gelatino alla frutta, di domenica. Che scorribande erano? Cose da ospedale. Una volta spazzolai da solo un vassoio con 24 bignè di San Giuseppe in un ristorante di Via Panisperna. Giovanni si era fermato a 20. Ci eravamo sfondati per pura golosità. Ha rimpianti? Nessuno. Mangiare è stato bello. Tanto filiforme non sarei mai stato. Un grasso è grasso anche quando diventa magro. Un grasso, del grasso, veste per sempre l’abito mentale. Televisivamente, lei è sopravvissuto anche a Berlusconi. Spero che stia bene, perché mi è parso che la malattia l’avesse intristito e impaurito. Certo, se te fai scrive le biografie da Friedman e frequenti Briatore, diciamo la verità: non puoi che piagne. La biografia avrebbe potuto scrivergliela lei. Avrei potuto perché a Silvio voglio bene. Gli devo molto. Dopo Mike, Corrado, Sandra e Raimondo, volle me. Ho ammirato la sua capacità di fare tv, ho conosciuto un editore puro e mi ha dato grandi soddisfazioni. Un suo no, un suo ostracismo non me lo ricordo. Poi scese in politica. Ad Arcore, con Mentana, Letta e Ferrara, quando ce lo annunciò, c’ero anch’io. E questo si sa. Quello che non si sa e che a un certo punto lo presi da parte e gli dissi scettico: “Silvio, dimmi, ma dove pensi di annà? Quanto pensi de fà?”. La sera stessa in cui divenne presidente del Consiglio mi telefonò: “Allora? Hai visto? Chi aveva ragione?”. Un personaggio così t’affascina. Parlare con lui di tv mi piaceva. Aveva fiuto? Ammazza! Una volta eravamo in macchina insieme e mi invitò a salire a casa sua. Mise un Vhs e mi fece vedere un naso di profilo. Era Marco Columbro: “A me pare il volto giusto? Che te ne pare?”. Chissà dove l’aveva pescato, Columbro. Berlusconi aveva iniziativa, entusiasmo e una sincera voglia di fare la guerra con la Rai. Era scatenato. Aveva ragione Biagi: “Se avesse avuto le tette avrebbe fatto anche l’annunciatrice”. Quante volte Costanzo ha avuto bisogno di essere cattivo per fare il suo mestiere? Lo sono stato perché presuntuosi, furbetti e arroganti mi hanno sempre fatto girare le palle. Meglio i bugiardi veri. Ascoltavi Andreotti e rimanevi colpito dal grande giocoliere. Il conduttore comunque non deve essere per forza gentile. Pubblico e ospiti devono sentire che il padrone di casa sei tu e che non possono fare quello che gli pare. A Eleonora Brigliadori che delirava sulla chemio, il microfono l’ho fatto spegnere. Perché la tv generalista non riesce a produrre una prima e una seconda serata convincenti? Perché l’idea di rincorrere una tv giovanile è sbagliata. I ragazzi non si fermano davanti a una generalista neanche sotto tortura. Quando Campo Dall’Orto venne nominato Dg della Rai, ci incontrammo. Lo conoscevo perché era stato a Canale 5 e parlammo di prospettive: “Ricordati che a ogni influenza, il pubblico di Rai Uno diminuisce un po’”. Diminuisce equivale a perisce? E a che? Dai 67 anni in su, li perdiamo. Ci lasciano, ci salutano, se ne vanno. È statistica. Il problema è solo anagrafico? Da un lato è anagrafico, dall’altro ci si ostina a non ragionare sul pubblico al quale ci si rivolge. Quando facevo la domenica pomeriggio, durante la prima ora, tra le 14 e le 15, mi preoccupavo che gli autori fossero delicati nella scelta dei pezzi musicali e non sparassero rock. A quell’ora, i vecchietti stavano a fà la pennichella. Riposavano. Quindi? Bisogna pensà a chi te sta a guardà. Te devi calà su sto paese se vuoi che accenda la tv. Devi conoscere le abitudini del tuo pubblico, da Nord a Sud. Devi sapere che a Milano si mangia alle 12 e 30 e a Palermo alle 14. Ho il sospetto che i dirigenti Rai e Mediaset a ‘ste cose non ci pensino. Cos’altro vi dicevate lei e Dall’Orto? Al tempo era il vice di Gori. Mi telefonava incazzato perché sforavo con il Costanzo Show: “Ti sei allungato troppo, non va bene”. E lei? “E mò vediamo, domani vediamo”. Prendevo tempo. Quando ci siamo rivisti me l’ha rammentato: “Ti ricordi quando ti rompevo i coglioni per le chiusure anticipate?”. Dall’Orto è certamente intelligente e conosce la tv, ma si deve togliere dalla testa che ha fatto Mtv. Mtv è una cosa, la Rai generalista è un’altra cosa. Da Mike a Corrado, in Rai passò la sua generazione. A Mike dissi in faccia quel che pensavo: “Tu la gaffe te la prepari prima, dì la verità”. Lui negava, ma io sapevo che era vero. Voleva sembrare più semplice del suo spettatore. Corrado aveva un talento straordinario, tutto romano. Ti guardava in silenzio e tu capivi. Ti giudicava senza dire una parola. Al netto di un linguaggio forse un po’ aulico, grandissimo è stato Enzo Tortora. Uno che ha pagato un conto ignobile. Gli ha fatto venì un cancro, l’ingiustizia, a Tortora. Lei come superò il trauma di vedere il suo nome legato alla loggia P2? Nelle nostre carriere una scivolata ci può essere. Bisogna accettarlo, saperlo e avere la forza di venirne fuori. Gelli era un millantatore o un uomo pericoloso? Sarei portato a dire un millantatore. Ho sentito dire per anni: “È pericolosissimo”, però poi non è successo un cazzo. Quando uscirono i nomi degli affiliati alla P2 fui tra i pochi a confessare. Mi intervistò Giampaolo Pansa per La Repubblica e fui chiaro: “Ho fatto una stronzata”. Anche se per quella storia non ho ricevuto neanche un avviso di garanzia, sono stato lieto di liberarmi. Non avevo niente da nascondere e mi dimisi da tutto. Come riemerse? Mi aiutò un grande amico, Aurelio De Laurentiis, proponendomi di fare un viaggio televisivo che avesse come tema l’amore. Partii con una piccola troupe. Il viaggio mi confortò. Andavo nelle piazze della provincia profonda e nessuno mi rinfacciava niente. Nessuno mi diceva un cazzo. Capii che avevano compreso e che mi stavano dicendo: “Annamo avanti”. Maurizio Costanzo, l’uomo televisivo più potente d’Italia per decenni. Il potere ce l’ha chi autorizza la telecamera ad andà su di te. Quello che ti dice: “Ripiglia questo e stringi su quell’altro” ha il vero potere. Il potere di Renzi ha un orizzonte lungo? Boh, io mica lo so come va a finì. E non so neanche se vado a votare al referendum. Non riesco a considerarlo come una questione di vita o di morte. C’è chi sparisce per sempre e c’è chi torna, Mina torna a cantare con Celentano a quasi 20 anni di distanza. Come la convinse a incidere Se Telefonando? Io e Ghigo De Chiara facevamo un programma intitolato Aria Condizionata. Pensammo alla sigla di coda e chiedemmo a Morricone se avesse un’idea sul tema: “Pensate al suono della sirena della Polizia di Marsiglia”. Lo ascoltammo e modulammo il pezzo su quel na-na-na. Poi ci dissero che Mina era disponibile a inciderlo. Venne in Via Teulada, cantò subito e la canzone venne al primo colpo. 
Lei è sempre stato in tv. Quando ha trovato tempo per i suoi figli? Ne ho trovato poco, ma loro mi hanno perdonato. Ho recuperato in età avanzata. Camilla e Saverio mi hanno dato 4 nipoti. Abbiamo un rapporto vero, bellissimo. Non deve essere stato facile essere figli di Maurizio Costanzo. A Saverio chiesi persino se iniziando la sua carriera da regista volesse cambiare cognome. Mi rispose di no. Non ho più insistito. Come si sta a quasi ottant’anni? Da una parte sto bene, dall’altra male perché in fondo questi anni che ho vorrei fermarli, trattenerli, dire loro: “Non c’è fretta, qui sto ancora bene”. E a cosa pensa spesso un ottantenne? Ai genitori. Quando una persona sente che il tempo non è eterno, non invoca altro che il ceppo, la radice, la pianta da cui nasce. Costanzo, summa dell’italiano. Come diceva Flaiano: “Alla nazionalità bisogna rassegnarsi”. L’ho amato perdutamente, Flaiano. Lui e Marcello Marchesi, il suo figlio naturale, gente straordinaria. Oggi di cervelli come quelli, a costo di sembrare passatista, mi pare non ce ne siano tanti. Al cinema brilla Paolo Sorrentino. Oltre, negli altri mondi contigui all’arte, non so. C’è molto conformismo. Anche nel linguaggio? Questa storia del sessismo è una follia. Ormai non c’è bisogno di essere come Trump per essere considerati sessisti. Se a incazzarsi e a denunciare a ogni refolo di vento il sessismo poi sono gli uomini, può venir il sospetto che abbiano la coscienza sporca. Lei Flaiano lo ha conosciuto bene. Pensi che Afeltra, ai tempi de Il Giorno, il coccodrillo lo fece scrivere proprio a me. Io ed Ennio andavamo a mangiare e mi diceva che aveva perso il gusto per i romanzi: “Leggo solo libri di geologia”. Sembra un epitaffio. Califano non escludeva il ritorno. A una frase per il congedo lei ha pensato? Ho fatto il possibile.