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 2016  ottobre 22 Sabato calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - IL DECRETO FISCALE REPUBBLICA.IT ROMA - Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha firmato il decreto fiscale, che la prossima settimana arriva in Parlamento

APPUNTI PER GAZZETTA - IL DECRETO FISCALE REPUBBLICA.IT ROMA - Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha firmato il decreto fiscale, che la prossima settimana arriva in Parlamento. Confermato che Equitalia sarà sciolta e a partire dal primo luglio 2017 al suo posto sarà istituito un ente pubblico economico, denominato "Agenzia delle Entrate-Riscossione", sottoposto all’indirizzo e alla vigilanza del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Lo si legge nel testo del decreto fiscale, bollinato dalla Ragioneria e datato 21 ottobre, inviato stamane al Quirinale. Presidente dell’ente sarà il direttore dell’Agenzia delle Entrate. Le multe sono escluse dalla rottamazione delle cartelle prevista dal decreto fiscale. Nel testo del provvedimento su "Disposizioni urgenti in materia fiscale per il finanziamento di esigenze indifferibili", si specifica che tra i carichi esclusi dall’operazione compaiono anche "le sanzioni amministrative per violazione del Codice della strada". Il decreto prevede inoltre fino al 31 luglio 2017 (con possibilità di integrare l’istanza e presentare i documenti fino al 30 settembre) la riapertura dei termini per la voluntary disclosure. Si precisa però che alla nuova operazione non potranno partecipare i contribuenti che hanno già presentato istanza in precedenza. Le violazioni sanabili sono quelle commesse fino al 30 settembre 2016. Il testo definitivo del decreto non contiene più l’aliquota forfait al 35%, che aveva provocato dure polemiche nei giorni precedenti: al suo posto le normali aliquote progressive sui redditi. Tra le novità del provvedimento, si legge che le risorse destinate all’attivazione, la locazione e la gestione dei centri di accoglienza per stranieri irregolari sono incrementate di 600 milioni nel 2016. Inoltre, quale concorso dello Stato agli oneri che sostengono i Comuni che accolgono i richiedenti asilo è autorizzata la spesa di 100 milioni per il 2016 e l’istituzione di uno specifico fondo. Un decreto del ministero dell’Interno definirà le modalità di riparto delle risorse per un massimo di 500 euro a richiedente. DAL CORRIERE DI STAMATTINA DAL NOSTRO INVIATO BRUXELLES Si schiera con Austria e Spagna, contro Francia e Germania, per estromettere dal testo finale del Consiglio qualsiasi riferimento ad eventuali nuove sanzioni contro Mosca, in relazione alla crisi siriana. Lo fa, lo rivendica, e alla fine riesce nell’obiettivo. Tratta le notizie e il confronto sulla nostra legge di Bilancio come «un dramma che accade solo in casa nostra», visto che la legge «non si cambia». Infine annuncia un cambio di posizione sulla risoluzione Unesco che riguarda la spianata delle Moschee, a Gerusalemme, «una decisione allucinante, sulla quale cambieremo la nostra posizione, anche a rischio di rompere l’unità europea». Non si può dire che adotti il basso profilo, o un piglio poco decisionista, Matteo Renzi, al termine di un Consiglio europeo che definisce «di routine, ma durante il quale l’Italia ha visto prevalere tutti i suoi interessi, compreso quello dei migranti». Indubbiamente l’attesa maggiore, al termine del vertice, è sulla Legge finanziaria italiana, sul confronto in atto con la Commissione. Il premier: «L’Italia sta facendo una manovra con il livello di deficit più basso dal 2007, solo Prodi ha fatto meglio di noi. Non stiamo chiedendo alcuna flessibilità, solo il riconoscimento di alcune circostanze eccezionali come il terremoto. E io non mi sento un Gianburrasca che alza il dito per fare polemica, ma qualcuno che difende l’interesse nazionale». Anche se — proprio mentre Renzi parla in conferenza stampa — da fonti europee trapela la notizia che appare ormai inevitabile l’invio a ore, o a giorni, di una lettera all’Italia nella quale verranno richiesti chiarimenti su almeno quattro punti: misure una tantum, dinamica del debito, trattamento contabile delle misure su terremoto e migranti, aggiustamento strutturale del deficit. Argomenti che Renzi appare quasi ignorare, mentre rivendica una sorta di metodo adottato e sottolinea con soddisfazione che «le nostre posizioni sia sull’immigrazione, sia sulla Russia, sono state tutte pienamente accolte. Le regole del bilancio consistono nel fatto che noi qui ogni anno diamo soldi veri, che sono soldi delle tasse degli italiani. L’atteggiamento per cui devo venire qui e dire sempre di sì non lo potrò mai accettare. Non possiamo arrivare qua e ratificare altrui decisioni. Non sono qui in viaggio premio, rappresento l’Italia». Un risultato del vertice che va nella direzione auspicata dal governo è l’esplicito riconoscimento, nelle conclusioni sull’immigrazione, del «consistente contributo» da parte dei Paesi in prima linea sulla rotta del Mediterraneo centrale. Poi c’è il capitolo delle sanzioni contro Mosca, per le presunte violazioni di diritti umani fondamentali nella crisi siriana: «Alcuni Paesi ritengono che evocare le sanzioni contro la Russia per la crisi siriana sia un deterrente, ma sarebbe solo un alibi che i leader possono usare per motivi di politica interna». Una posizione che a pochi giorni dalla cena alla Casa Bianca ricolloca il governo italiano, almeno su questo argomento, in una posizione mediana fra Mosca e Washington. Infine il capitolo Unesco. Renzi definisce «un errore allucinante» la mozione sul complesso della moschea Al Aqsa a Gerusalemme. «La Farnesina è andata in automatico», afferma, precisando che il voto italiano di astensione rappresenta «una posizione che abbiamo preso per tanti anni, ma questo non vuol dire che non sia arrivato il momento di cambiare. Se c’è da rompere su questo l’unità europea, si rompa». Una posizione, quella sulla risoluzione, che Renzi ha ribadito nel corso di una telefonata con il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Marco Galluzzo ENRICO MARRO SUL CORRIERE DI STAMATTINA ROMA Dovrebbe essere prorogato per il 2017 il blocco delle addizionali Irpef regionali e comunali. Il testo del disegno di legge di Stabilità ancora non è giunto in Parlamento, nonostante sia stato approvato dal governo una settimana fa. Ma da Palazzo Chigi e dal Tesoro spiegano informalmente che la proroga del blocco delle addizionali sembra scontata e quindi le amministrazioni dovranno far fronte ai tagli ai trasferimenti risparmiando sulla spesa. Margini per aumenti potrebbero forse esserci sui tributi minori, dicono le stesse fonti, accogliendo per esempio le richieste dei Comuni sulla tassa di soggiorno. Sul fronte del decreto fiscale che accompagnerà la legge di Bilancio filtra invece l’indiscrezione che non ci sarà il forfait del 35% per sanare l’emersione dei contanti: si pagherà con le normali aliquote. Intanto, l’agenzia Fitch conferma il rating BBB+ dell’Italia, ma ribassa l’outlook: da «stabile» a «negativo». In mancanza del testo della manovra, continua a far fede il Draft budgetary plan, mandato a Bruxelles. Sul quale non mancano interrogativi. Nel documento, per esempio, non si fa cenno alla privatizzazione delle Poste. Dal ministero dell’Economia assicurano però che non c’è alcun cambio di programma. Su un altro fronte, l’economista Riccardo Puglisi si è accorto che il governo ha corretto una tabella del documento. Tra la prima e la seconda versione le «spese sociali» salgono dal 20,3 al 22,9% del Pil, mentre scendono dall’8 al 5,4% del Pil i «consumi intermedi». Ma si tratta, dicono gli esperti, solo di una correzione tecnica per rispettare i criteri europei di classificazione contabile. Le polemiche più forti sulla manovra sorgono invece in campo sindacale e tra il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, e il presidente dell’Inps, Tito Boeri. Per la segretaria della Cgil, Susanna Camusso, non si può escludere lo sciopero perché non ci sono soldi per i contratti pubblici mentre per la leader della Cisl, Annamaria Furlan, lo sciopero «non è immaginabile». Secco il botta e risposta tra Boeri, che critica la manovra perché «fa poco per i giovani e un Paese che smette di investire sui giovani non ha futuro», e Poletti «Boeri sbaglia, la manovra guarda al futuro». Proprio ieri l’Inps ha diffuso dati che mostrano come, con le riforme, l’età media effettiva di pensionamento di anzianità dei lavoratori dipendenti abbia superato 60 anni (60,4) e quella di vecchiaia 65 (65,3). Le pensioni liquidate nei primi 9 mesi sono scese del 26,5% sullo stesso periodo del 2015. Infine, botta e risposta a Francoforte, all’Università Goethe, tra il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che ha invitato a investire di più, e il capo della Bundesbank, Jens Weidmann, che ha replicato invitando Padoan, ministro delle Finanze come lo fu Goethe, a resistere alle tentazioni espansionistiche di Mefistofele. Enrico Marro DUCCI SUL CORRIERE DI STAMATTINA ROMA Una lunga peripezia corredata da interessi, sanzioni e costi di commissione. Il percorso di un’imposta (o di una multa) non pagata è una piccola odissea, al cui termine il contribuente trova cifre lievitate percentualmente anche a tripla cifra. Un Gioco dell’oca, con penalità salate, che la legge di Bilancio dovrebbe semplificare e, soprattutto, rendere meno costoso. L’obiettivo del governo è rottamare le cartelle di Equitalia, archiviando al tempo stesso l’esperienza della società di riscossione guidata da Ernesto Ruffini. Tutto nasce dall’evidenza di quanto sia oneroso il meccanismo fiscale che può portare, per esempio, un importo di 100 euro di Irpef a crescere di oltre il 56% in caso di mancato versamento per tre anni (vedere la grafica). Interessi di mora che si aggiungono agli interessi, commissioni per il recupero del credito che possono raddoppiare e sanzioni che triplicano sono le regole con cui fare i conti. Ma questo è il caso tipico accanto al quale possono svilupparsi escalation incredibili. Proprio quelle che hanno scatenato le proteste di cittadini, artigiani e piccoli imprenditori. Il decadimento di un piano di rateizzazione, per esempio, può moltiplicare fino a sei volte (600%)l’importo della rata non versata. I casi, insomma, sono davvero tanti e diversi tra loro. Tornando a percorsi più tipici. La prima tappa di un’imposta Irpef non pagata è l’avviso bonario, che l’Agenzia delle Entrate invia a casa del contribuente circa un anno dopo la presentazione della dichiarazione dei redditi. La bonarietà risiede nel fatto che ai 100 euro si aggiungono 10 euro di sanzione (il 10%) e gli interessi (attualmente il Fisco applica il 4%). Ma se il contribuente non paga entro 30 giorni, la sanzione balza al 30%. Il conto aumenta, perciò, a 134 euro. E qui inizia la seconda tappa. A entrare in gioco è Equitalia. L’imposta è iscritta a ruolo. E scatta anche l’aggio, cioè la commissione per la riscossione. Pesa per il 3% se il contribuente paga entro 60 giorni, ma dopo raddoppia al 6%. In breve, un importo di 134 euro si trasforma in una cartella Equitalia di 143,90 euro (vanno considerati anche 5,88 euro per i diritti di notifica). Due mesi più tardi il conto è già 147,92 euro per effetto del raddoppio dell’aggio. Ipotizzando altri due anni di ritardo del pagamento della cartella, il contribuente dovrà versare anche gli interessi di mora. Tradotto 156,18 euro. Cioè il 56,18% in più in tre anni rispetto ai 100 euro iniziali, o anche il 18,72% di interessi annui. Una corsa mozzafiato che pare arrivata al capolinea. Se il decreto fiscale eliminerà sanzioni e interessi di mora il contribuente titolare dell’ipotetica cartella da 156,18 euro pagherà solo 125,90 euro. Ne dovrà versare 112 se spariranno anche i diritti di notifica e l’aggio. Andrea Ducci DAL CORRIERE DI VENERDI’ Ma il testo della manovra non è ancora stato inviato in Parlamento, come quello del decreto fiscale con la rottamazione delle cartelle e la ridefinizione del ruolo di Equitalia. Nel decreto si conferma la riforma degli studi di settore dal 2017, sostituiti dagli «indici di fedeltà fiscale», con un premio per i contribuenti più «affidabili»: per loro meno controlli e rimborsi più veloci. Dagli studi riformati saranno escluse alcune categorie, come gli avvocati, che hanno andamenti strutturalmente anomali. MARIO SENSINI Non è un condono, ma una sanatoria. Non delle tasse, che si pagano tutte, ma degli interessi di mora e delle sanzioni, spesso altissime, che fanno lievitare a dismisura il conto. Per aprire una pagina nuova dei rapporti tra gli italiani e il Fisco la rottamazione delle cartelle Equitalia annunciata sabato dal governo potrebbe anche funzionare. Anche se al momento, per come si son messe le cose, quello che si è assicurato è solo un possibile danno all’erario. Se non una beffa per i contribuenti. Da lunedì, ottenuta la promessa di uno sconto, chi ha un debito col Fisco e magari aveva già iniziato a pagarlo a rate, non ha più molte ragioni per continuare a onorare le scadenze. Perché versare importi che contengono oltre a un pezzettino delle tasse dovute, anche una quota delle penali che il governo vuole cancellare? Il fatto è che il decreto, a quasi una settimana dall’annuncio, ancora non c’è. Non si sa cosa si potrà davvero «rottamare», né come, né quando, né chi potrà farlo. Milioni di italiani aspettano, e il rischio che molti smettano di pagare è enorme. Poi, magari, nel testo salterà fuori pure una norma per escluderli dai benefici. Un tempo i decreti fiscali si approvavano di notte, e si annunciavano quando erano già in Gazzetta . Per evitare buchi o furbizie che evidentemente oggi nessuno teme. L’uscita più consistente della manovra è quella legata alla disattivazione delle clausole di salvguardia che da sole valgono 15 miliardi di euro. Le clausole di salvaguardia sono aumenti automatici dell’Iva,. una sorta di pagherò utilizzato per centrare gli obiettivi di bilancio. L’Iva oggi pari al 22% e l’Iva agevbolata pari al 10% sarebbero state alzate di due punti percentuali. Dal lato delle differenze la voce maggiore è per differenza quella del deficit (circa 12 miliardi) seguita dalla rottamazione delle cartelle (3 miliardi), dal recupero dell’evasione Iva (2,5 miliardi) e dalla voluntary disclosure (2 miliardi). Previsto anche un incasso di 1,8 miliardi grazie alla possibilità di rinnovo delle concessioni già in essere per le frequenze Gsm, con passaggio alla tecnologia 5G GIOVEDI’ Sarebbero stati invece già tutti risolti i punti ancora in sospeso del decreto legge fiscale. Tanto che non si esclude, appunto, la sua presentazione in Parlamento prima della legge di Bilancio, forse anche oggi stesso. Le ultime incertezze sul decreto riguardavano la tipologia delle cartelle alleggerite da sanzioni ed interessi di mora, e la durata della rateizzazione. La rottamazione dovrebbe riguardare le cartelle relative ai tributi statali, ai contributi previdenziali e, quasi certamente alle multe e ai tributi locali. La rateizzazione massima sarebbe di tre anni. MERCOLEDI’ Multe rottamate Tra le coperture figurano 3,1 miliardi dal recupero dell’evasione, anche con la rottamazione delle cartelle esattoriali di Equitalia, che quasi certamente riguarderà anche l’Iva, le multe e i tributi locali. È emerso il timore che si potesse invadere l’autonomia impositiva degli enti locali, come ha detto ieri il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, e sono in corso verifiche. Ma non essendoci sconti sugli importi dovuti, alla fine, non ci sarebbero buchi nei bilanci di Comuni, Province e Regioni. I 3,1 miliardi comprendono anche l’acquisizione a titolo strutturale dei maggiori incassi Iva registrati nel 2015 e quest’anno. Dall’autodenuncia dei capitali all’estero (e quasi sicuramente del contante, valori al portatore e altri valori) sono attesi 2 miliardi. Altri 2,5 vengono dalla lotta all’evasione, anche in questo caso centrata sull’Iva (depositi doganali dei petroli e non solo) e dall’introduzione di «obblighi» di comunicazione telematica delle fatture. Prevista anche l’estensione al 2029 delle concessioni per le frequenze telefoniche che scadono nel 2018, con il passaggio alla tecnologia «5G» ed un pagamento anticipato forfettario di 1,8 miliardi. Nessun condono Padoan intanto difende la manovra. «Non dà contentini agli elettori, ma taglia le tasse in modo permanente» ha detto il ministro a La7, aggiungendo che «non ci sono condoni né sanatorie per gli evasori». Quanto alla Ue, il ministro si è detto tranquillo: «siamo in regola». Soddisfatti anche Angelino Alfano di Ap, «è una manovra interclassista, né di destra, né di sinistra». Mario Sensini MERCOLEDì ROMA La voluntary disclosure 2, la nuova edizione della procedura per l’emersione dei capitali non denunciati al Fisco, riguarderà anche i contanti e gli altri valori chiusi nelle cassette di sicurezza, sia in Italia sia all’estero. In sé non è una novità perché questa possibilità era già prevista nella precedente versione, anche se è stata utilizzata pochissimo. Quello che cambia è il meccanismo. La novità principale è il prelievo forfettario: il contribuente che decide di mettersi in regola saprà in anticipo quando dovrà pagare perché ci saranno due aliquote che copriranno tutte le somme dovute: imposte, interessi e sanzioni. La prima, del 15%, sarà applicata ai prelievi, cioè le somme prese da un conto corrente e spostate in una cassetta di sicurezza. La seconda, del 35%, verrà invece applicata ai cosiddetti apporti, cioè i contanti portati direttamente nelle cassette di sicurezza. Nella vecchia voluntary era quasi impossibile conoscere in anticipo l’ammontare del prelievo perché in corso d’opera si potevano aggiungere pagamenti di Irpef, Iva e contributi che potevano portare il «prelievo finale» anche sopra l’80%. Il forfait, quindi, dovrebbe rendere la procedura più chiara e anche «appetibile». Ma il meccanismo non è automatico. Se l’Agenzia delle Entrate non «crede» al contribuente che si vuole mettere in regola potrà rifiutare il forfait e far partire tutti gli accertamenti del caso. La voluntary, comunque, non cancella gli eventuali reati, a partire dal riciclaggio, collegati al denaro che si vuole fare emergere. Per aderire alla voluntary , il contribuente dovrà presentare un’autodichiarazione in cui indicare la provenienza della somme che vuole far emergere. In caso di dichiarazioni false, non solo non si applica il forfait e scattano gli accertamenti, ma il contribuente compie un reato punito con la reclusione fino a sei anni. Il punto non è ancora chiaro ma quel documento dovrebbe sollevare da ogni responsabilità l’avvocato o il commercialista che cura la pratica. Sulla questione interviene il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Tommaso Nannicini: «È falso dire che la voluntary favorisce chi ha accumulato fondi neri con attività opache o addirittura criminali». Lorenzo Salvia MARTEDIì ROMA Dopo il via libera alla rottamazione delle cartelle di riscossione di Equitalia, spunta nella manovra anche la possibilità di estendere l’autodenuncia, la «voluntary disclosure», oltre che ai capitali illecitamente detenuti all’estero, anche al denaro contante occultato in Italia, una possibilità che già esisteva, ma che quasi nessuno ha sfruttato. Nel frattempo il governo si preoccupa di chiudere i possibili buchi nel gettito fiscale. Nel decreto che prevede la rottamazione delle cartelle Equitalia, verrà inserita una norma per tagliar fuori dai benefici i “furbi” che, in vista dello sgravio di sanzioni, interessi di mora e oneri di riscossione, decidano di interrompere subito i pagamenti previsti dai piani di rateizzazione. Il testo del decreto è ancora in fase di limatura a Palazzo Chigi dopo l’approvazione “salvo intese” e, nelle more, si temono comportamenti opportunistici da parte dei contribuenti, che potrebbero essere tentati di sospendere i pagamenti previsti dai piani di dilazione concordati con Equitalia. Così il decreto stabilirebbe l’esclusione dai benefici della rottamazione di quei contribuenti che dovessero saltare anche una sola delle scadenze di pagamento previste dai piani di rateizzazione che cadono tra il 15 ottobre, data del Consiglio dei ministri e la fine dell’anno. Verrebbe inibito dalla possibilità di onorare il debito “alleggerito” anche chi, dopo il 15 ottobre, si è visto revocare da Equitalia la dilazione perché ha saltato il pagamento di più rate (cinque, anche non consecutive, se il piano è stato autorizzato dopo il 22 ottobre 2015, otto se prima). I contribuenti che stanno già pagando a rate le cartelle sono oltre 3 milioni, per un importo pari a 35 miliardi a fine 2015. Come loro beneficerebbero del nuovo regime anche i contribuenti che riceveranno la cartella esattoriale entro fine anno. A fine 2015 Equitalia doveva ancora riscuotere 51 miliardi di crediti: 30,2 del fisco, 10,7 dell’Inps, 5,1 degli enti locali, 1,1 miliardi dell’Inail e 3,7 miliardi di vari altri enti. Il 38,3% delle cartelle riguarda persone fisiche, un altro 38,2% le società di capitali, il 23,5% le società di persone e le imprese individuali. Nella definizione rientrerebbero i debiti verso l’erario, gli istituti previdenziali, l’Inail e gli enti locali (multe, bollo auto, tributi locali). In Parlamento, intanto, si ragiona già sull’opportunità di estendere la rottamazione. Il presidente della Commissione Finanze del Senato, il pd Francesco Boccia, ha suggerito di ampliarla agli atti di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, non ancora arrivati a materializzarsi in una cartella esattoriale. Mario Sensini