Francesco Palmas, Avvenire 22/10/2016, 22 ottobre 2016
LA RISOLUZIONE DELLA DISCORDIA
È di quattro giorni fa il voto della discordia con cui l’assemblea dell’Unesco (l’organizzazione Onu per l’educazione, la scienza e la cultura, di cui fanno parte 58 membri) ha approvato la risoluzione numero 25 sulla «Palestina occupata» in cui ci riferisce a Israele come «potenza occupante» e si affronta la situazione di Gerusalemme, ma anche di Hebron e della ricostruzione di Gaza. Il testo ha fatto infuriare il governo israeliano, fermamente contrario alla scelta, per indicare luoghi sacri anche per l’ebraismo, di soli termini arabi come «Al Haram al Sharif» (Spianata delle Moschee, ma per gli ebrei Monte del Tempio) o «Al-Buraq Plaza» per l’area dove sorge il Muro del Pianto (il bastione superstite del Tempio), che gli ebrei chiamano «Kotel». La Risoluzione ribadisce «l’importanza della Città vecchia di Gerusalemme (e delle sue Mura) per le tre religioni monoteiste», ma al tempo stesso denuncia violazioni degli accordi internazionali, compiute – secondo l’Unesco – da Israele per quanto riguarda lo status quo storico della Spianata, ancora formalmente sotto tutela giordana. Il documento (presentato al Consiglio da Egitto, Algeria, Marocco, Libano, Oman, Qatar e Sudan) è passato con 24 Paesi a favore, 6 contro (Usa, Gran Bretagna, Germania, Olanda, Estonia, Lituania), 2 assenti e 26 astenuti. Fra questi (oltre a Francia, Spagna, Grecia, Svezia o Giappone) c’era appunto l’Italia, che ha confermato la linea adottata ad aprile in una prima votazione.