Francesco Palmas, Avvenire 22/10/2016, 22 ottobre 2016
IL POST CALIFFATO È UNO SCENARIO FIN TROPPO NOTO
Il Califfato ha il destino segnato. Almeno nei domini territoriali. Ma è meglio diffidare di un’organizzazione abilissima nell’adattarsi al nemico, dotata di una strategia raffinata e capace di colpire perfino nel cuore dell’Europa. Daesh ha un rapporto sui generis con il territorio. I colpi dei suoi commando a Kirkuk sono solo l’ultimo paragrafo di uno “scritto in lavorazione”. Hanno una duplice chiave di lettura: una immediata, l’altra a più lungo termine. Primo: colpendo le retrovie del nemico, i jihadisti tentano di infiacchirne il morale.
Con l’obiettivo manifesto di costringerlo a stanziare quante più truppe possibile nel fronte interno, sguarnendo i settori più avanzati dell’offensiva. Secondo: il Califfato sta cambiando pelle e strategia. Sa che perderà i territori. Ma sta preparando un dopo- Mosul che rischia di essere molto problematico per l’Iraq e non solo. Sembra un film già visto, perché è dal 2001 che nessun gruppo di guerriglia viene più sconfitto. Non in Iraq, né in Afghanistan o in Yemen, né tanto meno nel Libano del Sud o a Gaza, nonostante le mega-campagne repressive e le enormi perdite civili. Daesh è come un fiume carsico. Minaccia di riemergere nella forma spietata di un movimento ibrido, non più impegnato in conflitti convenzionali, ma proteso verso un modus operandi “insurrezionale”, fatto di tecno-guerriglia, colpi di mano e imboscate, mine ed esplosivi, attacchi coordinati, rapimenti, attentati-kamikaze. Qualcosa che l’Iraq e gli americani conoscono molto bene.
Gli insorti sunniti hanno combattuto in quel modo, clandestino, nel novembre- dicembre 2004, proprio durante le operazioni a Mosul, e nel 2008, dopo esser stati espulsi da Baghdad e dai territori sciiti. L’Iraq post-califfo rischia di assomigliare in molto all’Afghanistan di oggi: troppi pochi uomini per controllare fronti vastissimi. Per stabilizzare le province sunnite, il governo Baghdad avrebbe bisogno di schierarvi permanentemente 100mila uomini. Una chimera, nulla più. Ecco perché il Daesh ha purtroppo buone probabilità di sopravvivere, anche nei suoi nuovi tratti: furtivo come un movimento clandestino, connesso ai flussi illeciti di armi leggere, e con quel centro di gravità immateriale, tutto ideologia e determinazione efferata.