Marco Pedrazzini, Avvenire 21/10/2016, 21 ottobre 2016
LA SAGA DEGLI OSSOLA, I TRE FRATELLI STREGATI DA UN PALLONE
Il pallone è sempre stato parte del tutto nella vita dei fratelli Ossola. Franco, Luigi e Aldo, da Varese, hanno calcato campi di ogni superficie, in terra, erba, cemento e legno, in Italia e in Europa. Cambiava il modo di trattare l’oggetto del gioco, con i piedi o con le mani, e il conseguente obiettivo, la porta o il canestro, ma identica era la classe alimentata da passione e allenamento che i tre fratelli riversavano nel calcio e nella pallacanestro. Il libro Gli Ossola è il racconto di una famiglia, accompagnato da fotografie e documenti unici, che diventa viaggio nella memoria capace di generare nostalgia senza retorica. Lo hanno scritto Franco Ossola Jr., Franco Giannantoni e Flavio Vanetti: ognuno ha preso «in consegna» un protagonista e lo ha descritto a tutto tondo - non poteva essere altrimenti - in un’opera divisa in tre biografie ma che si legge senza soluzione di continuità. Franco, il primogenito classe 1921, è raccontato dal figlio Franco jr, che dal padre, caduto eroicamente nel disastro aereo del Grande Torino a Superga (4 maggio 1949), non è stato mai preso in braccio. «A.C. Torino 12 agosto 1939. Per il giocatore Ossola. Lunedì 21 corrente le nostre squadre inizieranno l’allenamento sulla palla. Dovrete quindi trovarvi alle ore 15 precise del 21 stesso al Campo Torino, munito delle vostre scarpe da giuoco». Inizia con questa lettera la carriera di un ragazzo troppo bravo per il Varese e la serie C. L’esordio è datato 4 febbraio 1940 e la stampa ne elogia la prova contro il Novara: «Abile nel trattare la palla, preciso nei passaggi, rapido nell’azione, si è fatto applaudire ed ha collaborato efficacemente con i compagni». Il “suo” Toro, quello di Mazzola, Bacigalupo, Loik, Grezar, vince cinque scudetti e una Coppa Italia. Franco è capace di andare in gol per 8 gare consecutive, un record. Segna anche nell’ultima partita di Lisbona, l’amichevole fatale contro il Benfica: la nebbia che il 4 maggio 1949 nasconde il colle di Superga si porta via altri trionfi ma soprattutto un marito e un padre.
Luigi detto “Cicci”, il secondogenito classe 1938 raccontato da Giannantoni, nel 1954 sul campo dell’oratorio San Vittore, scopre il basket con la maglia della Robur et Fides. «Vivevamo di collette - racconta ed era per merito dei sostenitori che andavamo in trasferta ». Nel 1959, battendo il Cus Genova nello spareggio, la squadra della chiesa partita in Prima Divisione, è promossa in serie A. Un “miracolo” sportivo basato sull’amicizia del gruppo. L’anno dopo Luigi ricomincia dalla serie C ma nel calcio: con il Varese sarà capace di ripetere la salita fino alla massima serie vestendo poi le maglie di Roma e Mantova.
Aldo, il terzogenito classe 1945 raccontato da Vanetti, muove i primi passi sportivi sulle orme di “Cicci”. «All’oratorio - ricorda - giocavo sia a pallone sia a pallacanestro. A nove anni mi beccai il tifo e gli antibiotici mi fecero crescere fino a 1 metro e 91. A quel punto mi consigliarono di giocare a basket». Dal 1968 al 1980 Aldo, ribattezzato “von Karajan” per come dirigeva i compagni in campo, è il regista dell’Ignis del presidente Giovanni Borghi. Una squadra, che vedeva fuoriclasse come Morse, Raga, Meneghin, tra le più vincenti della storia del basket. Capace di raccogliere una messe di trofei: 7 campionati italiani, 5 Coppe dei Campioni, 2 Coppe Intercontinentali, 1 Coppa delle Coppe e 4 Coppe Italia. Dopo il ritiro ufficiale, Aldo continua a giocare con lo Sporting Varese in Prima Divisione. Il pallone è sempre stato parte del tutto nella vita dei fratelli Ossola.