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 2016  ottobre 21 Venerdì calendario

SORPRESA, ADESSO MARIA ANTONIETTA È UN MITO FRANCESE

SORPRESA, ADESSO MARIA ANTONIETTA È UN MITO FRANCESE–

L’ultimo contatto di Maria Antonietta con le masse, il 16 ottobre 1793, non fu sicuramente rassicurante. La regina più odiata della storia avanzava verso la ghigliottina tra due ali di una folla inferocita. Certo in quei terribili momenti non avrebbe mai potuto supporre che due secoli dopo sarebbe diventata un’icona sognata e adorata dalle ragazze di mezzo mondo. In quel frangente, era stata perfetta, malgrado fosse vestita poveramente e avesse le scarpe talmente sporche che una guardia impietosita le aveva raschiato con la baionetta la sporcizia dai tacchi. Solo passando davanti alle Tuileries aveva avuto un istante di commozione, ma quando era arrivata al patibolo era scesa senza farsi aiutare con un’agilità e una rapidità non comuni, benché avesse le mani legate dietro la schiena. Del resto aveva manifestato la stessa fermezza durante il processo, puntigliosamente ricostruito da Emmanuel de Waresquiel, nel notevole Juger la reine, Tallandier, uno dei tanti libri, saggi, romanzi e biografie, che continuano a confermare il recupero di quella regnante a lungo considerata indifendibile. Certo già allora il suo contegno nel suo ultimo giorno di vita aveva colpito anche i suoi nemici. Infatti, benché provata da una serie di emorragie, non aveva manifestato la minima paura, ma aveva mantenuto una fierezza e un contegno inaspettati in quella che veniva considerata una donna leggera e corrotta. Ma niente resta più squisito della delicatezza con cui Maria Antonietta, sul patibolo, si scusò col boia cui aveva per caso pestato un piede. Come ha fatto la regina più impopolare del mondo a diventare un mito, sbaragliando secoli di accuse e di calunnie? Certo c’erano stati pochi ma famosi estimatori, dai fratelli Goncourt a Stefan Zweig col suo mirabile Maria Antonietta, una vita involontariamente eroica (Castelvecchi). Ma erano tentativi isolati non ancora in grado di rovesciare il mito nero della sovrana. Un esempio: negli Anni 50, un monarchico che alle Folies Bergères di Parigi si era alzato per protestare contro una presa in giro della regina – «Non è vero, Maria Antonietta era una santa!» – aveva subito ricevuto dal gerente dello storico locale un’offerta per ripetere ogni sera quella scena che aveva fatto sbellicare gli spettatori. Nel bicentenario della sua nascita, la sciagurata sovrana aveva ricevuto un feroce attacco dalla più snob e più deliziosa delle scrittrici inglesi, Nancy Mitford. Infastidita dalle celebrazioni, Nancy aveva dimenticato il suo naturale senso dell’umorismo per definire Maria Antonietta «frivola senza essere divertente, stravagante senza essere elegante, di una stupidità monumentale». Senza alcun dubbio, aveva concluso, meritava la pena di morte.
Un affondo che era costato a Mitford l’amicizia di buona parte del Tout-Paris e anche i rimproveri di un amico fedele come il reazionario Evelyn Waugh. La Mitford non sapeva che proprio nelle file della sinistra cui apparteneva stava per iniziare il salvataggio di quell’icona fino ad allora calpestata da tutti. Le prime erano state le femministe che avevano annusato l’ostilità sessista dei persecutori di Maria Antonietta. Poi la rinascita si era snodata in una lunga serie di libri tra cui la fondamentale biografia di Evelyne Lever, che oggi pubblica un importante tomo di mille pagine, Marie-Antoinette telle qu’ils l’ont vue, Omnibus, con le testimonianze di chi l’aveva incontrata. In Italia una Guida alla Parigi di Maria Antonietta, Mursia, di Alice Mortali propone gli itinerari della regina nella capitale. Senza parlare dei molti film o dei manga che in Giappone le sono stati dedicati. Certo il recupero della regina sarebbe stato molto più lento se non fosse uscita la Maria Antonietta di Sofia Coppola, non a caso ispirata dall’ottima biografia di Antonia Fraser, che è riuscita a umanizzare quella che ormai era diventata una macchietta dell’assolutismo, svelando una giovane donna slegata dalla realtà quanto sfortunata. È stato meno amato, perché più attento alla verità storica, Les Adieux à la Reine, diretto nel 2012 da Benoît Jacquot e basato sul fortunato romanzo della settecentista Chantal Thomas, Addio mia regina, in cui la rivoluzione scuote le fondamenta dorate del suo mondo. L’attenzione dei nuovi fans di Maria Antonietta sembra arrestarsi, almeno per ora, davanti alla drammatica parentesi della prigionia in cui Maria Antonietta, spogliata dei suoi gioielli e dei suoi abiti, non aveva potuto affrontare la plebaglia da vera eroina della moda, come sarebbe piaciuto alle sue ammiratrici di oggi. Infatti, racconta, Waresquiel, il pubblico dei rivoluzionari, malgrado la sua ostilità, era rimasto impressionato dal cambiamento della loro nemica. Quella che avevano davanti non era più la sfarzosa regnante calunniata in tanti pamphlet, ma una povera donna. In realtà proprio le cose che le venivano rimproverate sono diventate le sue caratteristiche più affascinanti in un mondo come quello contemporaneo votato alla giovinezza e al narcisismo. In questa luce la regina più inattuale nel suo secolo si rivela di un’attualità sorprendente. Quelli che per quasi due secoli erano stati considerati i suoi difetti sono diventati le sue virtù. Non ha caso Lever ha affermato che questa vittima della storia si poneva come una star.

Un carattere complesso. La disubbidienza. Maria Antonietta come una vera adolescente, pur volendo bene alla madre, l’imperatrice Maria Teresa d’Austria, non ascoltava i suoi consigli e i suoi rimproveri. In fondo le rimproverava di essersi dedicata più agli affari di stato che a lei. «Amo l’imperatrice ma la temo anche a distanza; quando le scrivo non mi sento mai perfettamente a mio agio». Divertimenti.
Per lei divertirsi era lo scopo principale della vita, passando dal gioco d’azzardo ai balli in maschera alle feste più sontuose. L’insofferenza della coniugalità. Molto prima di Lady D, la regina era convinta di avere diritto alla sua felicità personale. Delusa dalla goffaggine di Luigi XVI, a lungo incapace di consumare il matrimonio, non esitava, facendo arrabbiare la madre, a chiamare il remissivo consorte “quel pover’uomo”. La spensieratezza: «Era di una gaiezza un po’ folle, leggera, petulante, che riempiva tutta Versailles di allegria e di vita», devono ammettere i suoi paladini Goncourt. I flirt: la regina adorava flirtare. Un’attitudine che, unita all’indifferenza verso la maldicenza e alla vanagloria dei suoi corteggiatori, le avrebbe procurato molti danni. Molti dei suoi accusatori erano decisamente più dissipati di lei e non si è mai potuto stabilire con sicurezza la profondità dei flirt della regina, che in ogni caso riteneva come i suoi predecessori, di avervi pienamente diritto. Certo l’erezione del tempio dell’amore e la costruzione di una finta grotta in cui ci si poteva appartare senza rischi, sorvegliando l’esterno da un’apertura nascosta, non era fatta per ridurre le voci sulla sua immoralità. L’apoliticità. Sempre dipinta come un’ottusa reazionaria, Maria Antonietta era al di sopra o al di sotto, dipende dal punto di vista, dei pregiudizi politici. Un esempio: proibite dalla censura, le Nozze di Figaro stavano conoscendo un successo vertiginoso nei salotti e particolarmente in quello della principessa de Polignac, amica intima della sovrana. Un mattino d’aprile del 1782 Madame Campan, prima cameriera della regina, venne invitata dal sovrano a recitare la commedia di Beaumarchais. Il re disse: «Io l’ho già letta, ma desidero che la regina conosca questo lavoro. Non parlerete a nessuno di questa lettura». Durante la recitazione il re intervenne spesso, lodando o biasimando. «È di cattivo gusto». Ma, arrivato alla tirata di Figaro sulle carceri, Luigi XVI s’alzò di scatto ed esplose: «È abominevole. Non verrà mai recitata. Bisognerebbe distruggere la Bastiglia perché rappresentarla non diventasse un atto inconsulto e pericoloso. Quest’uomo si prende gioco di tutto quel che bisogna rispettare in un governo...». «“Quindi non verrà messa in scena?”, chiese preoccupata la regina. “No di certo, potete esserne sicura”». Invece poi Maria Antonietta, piena di curiosità, era riuscita a convincerlo a farla recitare a corte. Anche se poi se ne era pentita e aveva accusato chi l’aveva spinta a quella scelta sconsiderata. La riottosità alle costrizioni: Maria Antonietta detestava la complessa etichetta che regolava ogni minuto della vita dei monarchi in uno spettacolo invariabile che non concedeva spazio a momenti di privatezza. Dilapidare. Il Petit Trianon, che si era fatta costruire per i suoi piaceri privati, lontano dalle cerimonie della reggia era una specie di parco giochi. Ma era costato somme enormi in un momento difficile per la monarchia e per la Francia e le aveva fruttato il pericoloso soprannome di “Madame Deficit”. Il culto dell’amicizia.
Un sospetto di lesbismo aleggia intorno alla figura di Maria Antonietta, rifugiatasi, in un ristretto circolo di frivole amicizie. Ma per lei come per le nostre contemporanee questa possibilità resta insignificante rispetto al peso dell’amicizia tra donne. Per questo per ferirla le avevano mostrato la testa della principessa de Lamballe su una picca. Il mito della natura. Era stato per sfuggire alle ingiunzioni dell’etichetta che aveva creato il finto villaggio svizzero, in omaggio al ritorno alla natura predicato da uno degli ideologi della rivoluzione incombente, Jean-Jacques Rousseau. Lì Maria Antonietta poteva sentirsi libera mentre, in grembiule di seta, mungeva una pulitissima mucca. Le piaceva, si diceva, cavalcare senza sella e in quelle occasioni indossava un completo da amazzone verde, splendidamente ricamato in argento e un cappello alla spagnola coronato da piume. L’attenzione alla moda. Per Maria Antonietta la moda era una vera passione che nei primi anni l’aveva spinta verso veri e propri eccessi. Era stata lei ad adottare con entusiasmo la moda di quegli assurdi, immensi cappelli che costringevano le dame a tenere la testa fuori dalla carrozza o a restare in ginocchio per non minare quei delicati monumenti di veli, fiori e piume. Spesso nelle caricature le vittime di quella moda avevano i tratti di Maria Antonietta. La spregiudicatezza. Quella sovrana, considerata così altera e schiava dei pregiudizi di casta, aveva più volte scandalizzato i cortigiani dimostrando di non averne verso chi stimava come la sua sarta, Rose Bertin. Nel 1779, quando, fiera del figlio dato alla Francia, era venuta a Parigi, e la sua carrozza era passata davanti al negozio della sua sarta, aveva fatto un gesto che aveva sollevato un notevole clamore. Vedendola sul balcone con le sue trenta lavoranti, Maria Antonietta aveva esclamato: «Ah! Ecco Mademoiselle Bertin!» e l’aveva salutata con la mano. Mentre la sarta si inchinava rispettosamente, Luigi XVI si era alzato per applaudirla, imitato, secondo l’etichetta, da tutta la corte, furente di dovere omaggiare una simile nullità. Selfie. Per Maria Antonietta i ritratti erano come i selfie per le sue ammiratrici. Quando si rese conto della loro importanza, cercò di arginare la sua impopolarità posando per Elisabeth Vigée-Lebrun in un semplice abito di mussolina bianca, peraltro all’ultima moda. Un tentativo troppo tardivo che le servì solo ad essere accusata di avere posato in camicia da notte. Neanche il ritratto con i figli, sempre della Elisabeth Vigée-Lebrun, nel 1787 riuscì ad arginare la dirompente ostilità del popolo.
La passione per lo spettacolo. Maria Antonietta adorava il teatro e l’opera. Per questo aveva fatto costruire nel suo regno privato, il Petit Trianon, un delizioso teatro in miniatura dove recitavano non attori professionali, ma la “troupe dei signori”, scelti dalla regina. La musica. Maria Antonietta amava molto la musica, aveva protetto artisti come Gluck, Grétry, Salieri e aveva persino composto un’aria, C’est mon ami. La golosità. Una delle poche passioni che Maria Antonietta condivideva col marito era il cioccolato. La sovrana aveva a sua disposizione un esperto che deteneva la carica ufficiale di “Cioccolataio della regina”. La dieta. Per mancanza d’appetito o per mantenere la linea Maria Antonietta mangiava poco, limitandosi anche alle cene ufficiali, ad assaggiare le portate. Un’abitudine che veniva spesso scambiata per alterigia. Letture. Anche in quell’ambito la regina seguiva la moda e si era fatta rilegare senza il nome dell’autore né il titolo le scandalose Relazioni pericolose di Choderlos de Laclos.
Diffamazione. Un’infinità di libelli e maldicenze si riversavano continuamente sul suo capo. Certo nessuno oserebbe più attribuirle la celebre frase, «Se non hanno pane, che mangino brioches», che si trova nelle Confessioni di Rousseau e in varie altre pubblicazioni precedenti alla supposta dichiarazione. Ma l’apice dell’attacco al suo fragile trono venne raggiunto nel famoso affare della collana, recentemente ricostruito da Benedetta Craveri, una perfida macchinazione con tanto di controfigure per mostrarla come un’inguaribile dilapidatrice del pubblico denaro. Al momento della rivoluzione Maria Antonietta veniva accusata contemporaneamente di essere ninfomane, lesbica e incestuosa con il figlio. La maternità. Come tante dive di oggi, Maria Antonietta desiderava ardentemente avere figli e, non avendone all’inizio potuti avere, ne aveva adottato vari altri su cui aveva continuato a vegliare anche dopo la nascita dei legittimi eredi. Quando era stata assurdamente accusata di avere sedotto suo figlio si era appellata a tutte le madri francesi. L’ostilità alla vecchiaia. All’inizio del suo regno la regina aveva cercato di emarginare dalla corte le persone anziane, che chiamava maliziosamente “Les siècles”, i secoli. Poi per una sorta di nemesi la caduta della monarchia l’aveva incanutita precocemente.

Travestimenti e superstizioni. La bisessualità, oggi alla moda, che alcuni dei suoi sostenitori preferiscono negare, memori dei sordidi attacchi dei rivoluzionari durante i processi. Drag queen. Quando il più noto travestito e agente segreto del secolo, il cavaliere d’Eon, era stato costretto a rientrare in patria e ad indossare solo abiti femminili, Maria Antonietta, piena di simpatia per il polivalente personaggio, lo affidò alla sua sarta che lo rivestì con un abito di satin blu madonna. La superstizione. Una notte, nel torbido periodo prima della rivoluzione, Maria Antonietta vide spegnersi improvvisamente tre delle quattro fiammelle del suo candeliere. «Ecco una cosa davvero strana!» esclamò. «Forse sbaglio ad essere superstiziosa, ma se la quarta farà la stessa fine, penserò di essere minacciata da una grande disgrazia». E subito la candela si spense.