Amedeo Balbi, Il Fatto Quotidiano 20/10/2016, 20 ottobre 2016
TANTO BASTONE, POCHE CAROTE: HILLARY HA PRESO TUTTO DAL PAPÀ HUGH
In questa casa non c’è posto per i codardi”. Quando si sentì rivolgere queste parole, Hillary Rodham aveva solo quattro anni. La bambina della casa di fronte, Suzy O’Callaghan, si rifiutava di giocare con lei, la maltrattava. Lei se ne era lamentata con la madre. Che anziché consolarla, le ordinò di tornare fuori e farsi valere: “Se Suzy ti picchia ti do il permesso di picchiarla anche tu. In questa vita bisogna cavarsela da soli”. Raccolte le sue energie, la piccola Hillary tornò a uscire. E dopo qualche tempo rientrò raggiante annunciando che ora Suzy era sua amica. Un episodio-simbolo della sua infanzia, narrata dalla stessa Clinton nel suo primo libro di memorie, La mia vita, la mia storia (titolo originale Living History), pubblicato nel 2003.
Nata nello Edgewater Hospital di Chicago, Illinois, il 26 ottobre 1947, Hillary fu la primogenita di Dorothy Emma Howell e Hugh Ellsworth Rodham. Il padre proveniva da una famiglia di origine gallese insediatasi a Scranton, Pennsylvania: era diventato piccolo imprenditore, fondando una propria società per la produzione e vendita di tendaggi. Pur con un personale ridottissimo, la piccola azienda prosperò. Abile venditore, Hugh riuscì a ottenere ordini importanti dai motel e ristoranti che si andavano moltiplicando negli Stati Uniti del boom economico del dopoguerra. Uniti a una notevole abilità negli investimenti finanziari e a una maniacale ossessione per il risparmio, i suoi guadagni gli consentirono di acquistare una casa non enorme ma confortevole nella cittadina di Park Ridge, Illinois, amministrativamente a se stante ma di fatto sobborgo di Chicago: lì crebbe 3 figli (oltre a Hillary, i fratelli minori Hugh Jr. e Tony), per poi andare in pensione, forte dei redditi pregressi, a soli 55 anni. Alto, corpulento, burbero, dominante in casa, era uomo duro e alieno da ogni tenerezza.
Con i figli era severo, sarcastico, talvolta aggressivo. Pretendeva da loro il massimo impegno e i migliori risultati, senza mai concedere lodi e apprezzamenti, sempre pronto, al contrario, a sottolineare che qualcun altro aveva fatto ancora meglio. Anche nelle notti più fredde dei rigidi inverni dell’Illinois, teneva il riscaldamento spento. Quando uno dei figli si dimenticava di richiudere il dentifricio, scaraventava il tubetto dalla finestra e pretendeva che il colpevole andasse a recuperarlo in giardino, anche in caso di pioggia o di neve alta. Se qualche volta a tavola i ragazzi gli chiedevano una piccola somma di denaro come premio per un buon voto, si limitava ad aggiungere un po’ di cibo sul loro piatto e dire: “È questo il tuo premio”. Fedele all’obbligo di includere nella sua propaganda politica una edificante narrazione delle proprie origini, Hillary ha parlato più volte di suo padre, specialmente durante l’ultima campagna elettorale, proponendone l’immagine di un tipico esponente della classe media americana che attraverso il duro lavoro quotidiano era riuscito a dare alla sua famiglia condizioni di vita migliori di quelle da cui proveniva. Nel discorso tenuto in Ohio nell’agosto 2016, ad esempio, ha descritto con toni accorati lo stanzone senza finestre dove il padre ogni giorno, per ore, preparava e tingeva i tendaggi che poi metteva in vendita. “Hugh era un uomo severo”, riassume la Clinton, “ma sapevamo che ci amava molto”. Versione semplificata ed edulcorata della figura di un individuo tendenzialmente misantropo e spesso preda di accessi di rabbia. Con lui Hillary ebbe un forte legame; ai suoi insegnamenti si deve in buona parte la sua granitica etica del lavoro. Ma è anche probabile che la personalità paterna chiusa, spigolosa, poco affettiva, abbia contribuito a innescare nella futura first lady quell’apparente incapacità di lasciarsi andare emotivamente fino in fondo, di aprirsi in modo completo, e quindi di risultare autentica ed empatica, che costituisce uno dei suoi più gravi limiti personali, da lei stessa più volte riconosciuto. Il ritratto pubblico che la stessa Hillary ha tracciato del padre evita accuratamente di includere i suoi comportamenti più sgradevoli e prevaricatori. Secondo varie testimonianze, Hugh aveva nei confronti della moglie un atteggiamento rude, sprezzante, spesso offensivo e in generale gestiva la vita di casa con il piglio autoritario dell’ex sergente istruttore che era stato nell’esercito. L’atmosfera nella casa della famiglia Rodham era ben lontana dall’essere idilliaca. Quando erano tutti seduti al tavolo della cena accadeva spesso che il padre chiedesse ai figli un’opinione su qualche argomento del giorno, e quando la madre cercava di esprimere la propria, lui la prendeva pesantemente in giro, irridendo le sue capacità di giudizio con battute ferocemente sarcastiche; fino a quando lei si alzava e usciva da casa piangendo. “Se durante la sua infanzia Bill Clinton ha vissuto l’esperienza di ripetute violenze fisiche nella sua famiglia”, ha concluso lo storico William Chafe, “Hillary Rodham si è confrontata con violenze psicologiche forse più sottili, ma non meno cariche di conseguenze”.