Enrico Currò, la Repubblica 20/10/2016, 20 ottobre 2016
NIANG, IL FINTO GIOVANE “RESTEREMO TUTTI ORA IL MILAN FUNZIONA”– NIANG, dopo cinque stagioni in A la promessa che distruggeva macchine e talento è l’indispensabile del Milan? «Le statistiche sulla mia efficacia mi fanno piacere
NIANG, IL FINTO GIOVANE “RESTEREMO TUTTI ORA IL MILAN FUNZIONA”– NIANG, dopo cinque stagioni in A la promessa che distruggeva macchine e talento è l’indispensabile del Milan? «Le statistiche sulla mia efficacia mi fanno piacere. Non mi sento insostituibile, ma un leader sì. Posso diventare un campione, lavorando duro». Per ora è il più temuto dalla Juventus, che 5 anni fa era a un passo: Pezzotti andò a visionare Bastos del Lione e segnalò un sedicenne del Caen. «Sono contento del destino. Questo Milan vuole dimostrare di essere di nuovo quello che abitava in Champions League». Se lei a gennaio avesse accettato il Leicester, adesso in Champions giocherebbe già. «Arrivavo da un lungo infortunio, nella mia testa c’era solo il derby contro l’Inter. Ho fatto bene, direi: 3-0, con un gol mio». Da allora è il leader dei ventenni rossoneri, ma la Juventus vuole Donnarumma e De Sciglio, il Chelsea Romagnoli. «Non se ne andrà nessuno. Ci mancavano le certezze, ci mancava di sentirci il Milan: ora abbiamo identità tattica, gruppo unito, solidità difensiva. Io ho già rifiutato offerte importanti e a maggior ragione direi di no oggi. Il progetto fondato sui giovani funziona». Eravate la squadra più vecchia: è cambiato il mondo? «In Italia c’è meno paura, anche se alcuni club preferiscono ancora gente più esperta. Noi siamo il mix giusto. I campioni che vincono da soli le partite deresponsabilizzano un po’ gli altri: se ti affidi al gruppo, sei meno vulnerabile, puoi andare lontano ». Fino allo scudetto? «Troppo presto». Alla Champions? «Nessuno ci immaginava secondi. Se restiamo umili, tutto è possibile: le sorprese ci sono sempre. La Juventus è una svolta: non è imbattibile, l’ha dimostrato l’Inter. E noi dobbiamo tornare in Europa». Il chiodo fisso del Milan. «I presupposti ci sono: 7 Under 24 prontissimi. Io avverto la responsabilità: con De Sciglio sono il più esperto. Non mi sento più un giovane. Ho quasi 22 anni e faccio il professionista da quando ne avevo 16. Noi due dobbiamo essere di esempio ai ragazzi veri, come Donnarumma e Locatelli». Nel 2012, sul taxi della fuga notturna dal ritiro dell’Under 21 francese, con lei e altri tre compagni c’era Griezmann, eroe francese di Euro 2016. «Ha reagito a quella disavventura. Ma l’ho fatto anch’io, magari con un percorso meno lineare ». “Giudicatemi per quello che faccio sul campo”, ha detto: però i social restano il tribunale. «Purtroppo siamo personaggi pubblici e anche i nostri comportamenti fuori dal campo lo diventano. Io so che ho sbagliato e che non devo ripetere gli errori. Sui social vieni trattato da idolo cui tutto è permesso, quando la squadra va bene, e da colpevole a prescindere, se le cose vanno male. Però certe aberrazioni sono inaccettabili. Non si può augurare a qualcuno di morire o di farsi male, come è capitato a Montolivo. Ho sventolato la sua maglietta, dopo il gol al Chievo, e per lui proveremo a battere la difesa della Juve e il fenomeno Buffon: con la giusta cattiveria sotto porta, nessuno è insuperabile». Gasperini le profetizzò tanti gol, ora lo ripete Montella. «I sei mesi al Genoa sono stati importanti: ho giocato molto, da esterno e da centravanti. Devo migliorare: nel colpo di testa, nel sinistro, nella concentrazione. Ho ancora momenti di calo e ci lavoro con Caccia, il vice di Montella: domenica ho segnato di sinistro». Dallo slogan del 2013, “Il Milan a cresta alta”, due creste se ne sono andate. «Sento Balotelli ed El Shaarawy. La scelta della squadra è personale, auguro a loro il meglio. Il Nizza per Mario può essere il posto giusto, basta che sappia che cosa vuole. La Ligue 1 la vedono tutti, non è periferia». Francia o Senegal? «La nazionale francese è la priorità, ma la devo meritare nel Milan, tornando in Champions. Il palo col Barcellona è stato una delusione e una lezione: tornerò a sfidare il Barça». Pensa mai al Psg, lei della banlieue? «Un giorno, perché no. Ho indossato il numero 78 del mio dipartimento, Yvelines, ma ora mi tengo stretto il Milan e l’11, come al Genoa: vorrei diventare il capitano. Ogni volta che torno a Les Mureaux, dai miei amici, capisco che rappresento un modello. Le cazzate mi hanno fatto crescere. La mia carriera dimostra che lo sport serve a non prendere la strada sbagliata. Non tutti diventano campioni, ma è giusto che tutti ci provino ». “Quando ammetteranno di essersi sbagliati su di me, sarà la mia rivincita”: è ancora il suo mantra? «C’è chi pensa sempre che io sia incostante e io stesso non mi sento alla meta. Ma quel giorno arriverà». ©RIPRODUZIONE RISERVATA