Pietro Saccò, Avvenire 19/10/2016, 19 ottobre 2016
SE UNO 0,6% BLOCCA L’EUROPA
Nella verde Vallonia l’accordo sul libero scambio che la Commissione europea ha raggiunto con il Canada la scorsa estate non piace: nella regione povera e francofona del Belgio temono che l’apertura del mercato possa peggiorare ulteriormente la loro condizione e sono fermamente contrari all’idea di istituire arbitrati internazionali per risolvere i conflitti tra aziende e Stati.
Sono dubbi con venature ideologiche ma certamente legittimi e, a quanto pare, insuperabili. Sarebbero anche perplessità del tutto trascurabili se non fosse che finché il Parlamento vallone non cambia idea il Ceta, l’accordo di libero scambio tra Unione Europea e Canada dal quale ci si aspettano benefici per circa 13 miliardi di euro all’anno, non si fa. Non si fa nonostante questa intesa frutto di cinque anni di negoziati abbia l’approvazione di ventisette governi europei su ventotto e anche quella del primo ministro canadese Charles Michel, che però non può fare nulla, perché per ratificare il Ceta ha bisogno del via libera dei cinque parlamenti locali del Belgio. Un parlamento locale che rappresenta circa 3,5 milioni di cittadini, cioè lo 0,6% della popolazione dell’Ue, ha il potere di bloccare un accordo condiviso dai rappresentanti degli altri 500 milioni di europei. La Vallonia ha questo potere anche perché, soprattutto per l’insistenza dei socialisti francesi e tedeschi, a luglio la Commissione ha deciso di proporre il Ceta come un accordo ’misto’, che ha bisogno di essere ratificato a livello nazionale per entrare in vigore. Il risultato di questa scelta, presa nella fase calda anti- Ttip, è davanti a tutti: ieri i ministri europei del commercio che si sono trovati in Lussemburgo non hanno potuto firmare l’intesa e il primo ministro canadese, Justin Trudeau, rischia di annullare il viaggio a Bruxelles durante il quale, il 27 ottobre, avrebbe dovuto firmare l’accordo. Il giovane Trudeau – ecologista, yogi, paladino dei diritti civili e quindi ovviamente amatissimo dalla sinistra occidentale – qualche giorno fa ha perso la sua tradizionale giovialità con gli europei e li ha messi davanti alla loro incredibile situazione: «Se l’Europa non riesce a firmare un accordo progressista con un Paese come il Canada, allora con chi pensa di fare affari nei prossimi anni? Rifiutare il Ceta sarebbe un chiaro messaggio che l’Europa ha scelto una strada che forse non è molto produttiva...». Una constatazione che pesa.