Jacopo Frenquellucci, pagina99 8/10/2016, 8 ottobre 2016
TITOLI ACCHIAPPA CLICK IL BUSINESS ITALIANO
Non esistono gattini innocenti su internet. Dietro ogni “video divertente” condiviso da qualche pagina Facebook c’è sempre il disegno preciso di una agenzia di marketing che lucra sulla curiosità, o sulla noia, degli utenti del web. In termini tecnici si chiama clickbaiting, ed è un fenomeno esploso nel 2014 a partire dagli Stati Uniti. Già il nome (clickbait significa “esca da click”) richiama le tecniche utilizzate nella caccia e nella pesca e rende chiaro come tutto ruoti intorno alla presenza di una preda inconsapevole, il lettore.
Fare clickbaiting significa infatti confezionare articoli con titoli irresistibili. E poco importa se, poco dopo aver cliccato, l’utente avrà già fatto ritorno sui suoi passi davanti a una notizia falsa o fuorviante. Tanto tutto fa brodo, ogni click è redditizio. Perché una delle forme più comuni di pubblicità sul web è proprio quella che si basa sul numero di visualizzazioni ricevute da un annuncio: ogni mille persone che vedono una inserzione, il titolare dello spazio web incassa.
Conta la quantità, insomma. E per monetizzare al meglio questa opportunità gli esperti delle vendite sono arrivati a costruire reti di pagine web e profili social i cui numeri complessivi fanno a gara con quelli dei grandi gruppi editoriali. Del business milionario hanno infatti approfittato per prime le testate giornalistiche, ma anche e soprattutto aziende che nulla hanno a che fare con la produzione di notizie. E l’Italia non fa eccezione.
Ogni giorno milioni di persone partono da pagine Facebook come Notizie Shock per arrivare a leggere articoli stile “Dormite con i piedi fuori dalle coperte? Ecco cosa dovete sapere” su portali che, pur non essendo testate giornalistiche e anzi rivendicando di non esserlo, rispondono a nomi come Studio News 24 o La Repubblica.info.
A spartirsi i click degli utenti italiani sono soprattutto realtà fondate da professionisti dell’editoria o della comunicazione pubblicitaria online. Della prima categoria fa parte ad esempio tutta la galassia di siti che ruota intorno a Caffeina Media di Gianluca Luciano, che già una decina di anni fa aveva avuto successo su internet con Stranieri in Italia e altri progetti editoriali, anche in lingua inglese, dedicati all’informazione per migranti.
Oggi tutti i siti che controlla arrivano ad accumulare su Facebook quasi tre milioni di fan, praticamente la stessa cifra di Repubblica. Si va da Race your life per le due e le quattro ruote fino a Bellezza e salute naturale passando per Mamme oggi, la pagina Facebook non ufficiale di Masha e Orso (oltre 150.000 fan) e soprattutto l’ammiraglia Caffeina Magazine, che ha un seguito sui social superiore ai due milioni di persone.
Su Alexa, l’indice di popolarità dei siti, è al 60esimo posto assoluto in Italia, ed è tra i primi 20 se si considerano solo i siti italiani e non le versioni localizzate di portali stranieri, con 3,5 milioni di utenti unici ogni mese. Numeri che permettono agli algoritmi di WorthOfWeb di stimare in almeno 800.000 dollari al mese le entrate dalla pubblicità. Che per tutto il gruppo è di competenza di Manzoni Advertising, la storica concessionaria responsabile anche del gruppo L’Espresso.
Del resto non è dote da poco saper convogliare centinaia di migliaia di persone su un articolo sulla morte del marito di Moira Orfei, e per farlo serve necessariamente un titolo del genere: “È morto, se n’è andato per sempre” (senza specificare di chi si tratta). E a seguire: “Lo hanno trovato senza vita nel suo appartamento, nello stesso posto in cui, un anno fa, rinvenirono il cadavere della sua compagna di una vita. Addio a un grande uomo che con la sua arte ha fatto sognare tutti”.
Dal mondo del marketing arriva invece Gian Marco Saolini, social media manager che è partito dalla satira su Facebook e oggi è arrivato a contare in totale più di un milione di follower online: la prova che il settore del clickbaiting presenta molte meno barriere all’ingresso di quello dell’informazione tradizionale con i suoi standard qualitativi.
Nel suo portfolio può mettere insieme Il Corriere del Corsaro (parodia del giornalismo stile Lercio, oltre 50.000 fan su Facebook), Gianni il Malvagio (la versione demoniaca di Morandi, con un seguito di 200.000 utenti), gli immancabili Video animali (altri 20.000 fan), un generico Notiziario europeo (ancora 20.000 follower) e via sommando. Quasi tutte queste pagine Fb linkano poi a un sito contenitore, Videoelinkdivertenti.com, che supera il milione di pagine visualizzate al mese e secondo WorthOfWeb frutta a Saolini 40.000 euro all’anno solo di pubblicità, a cui si devono poi aggiungere i 20.000 del Corriere del Corsaro.
Ma quella diretta non è di certo l’unica forma di monetizzazione del clickbaiting. Forte di questi numeri la GMS Production di Saolini mette in vendita anche i like, garantendo che non si tratta di profili falsi ma di utenti reali: per averne 10.000 in più sulla propria pagina Facebook bastano 500 euro. Tutto bene, quindi? Sembrerebbe proprio di no, visto che la sfiducia dei lettori, sempre più abituati a scappare dalle pagine dopo pochi secondi visto che i contenuti non rispondono alle attese suscitate dai titoli, ha già fatto crollare del 30% la redditività degli investimenti in pubblicità sul web di colossi come Amazon o eBay (vedi il box in pagina).
Facebook ha provato a correre ai ripari, annunciando per ben tre volte negli ultimi sei mesi (l’ultima ad agosto) misure per penalizzare i cacciatori di click, con modifiche all’algoritmo che determina quali contenuti proporre sui News Feed dei suoi utenti. Senza successo, almeno finora, visto che il mercato dei clickbaiters continua a prosperare.