Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano 16/10/2016, 16 ottobre 2016
SCEMO CHI ELEGGE
Dopo l’allenamento intensivo alle frottole sul Ponte di Messina, il ministro Graziano Delrio si sente finalmente pronto a mentire anche sulla riforma costituzionale. Ieri ha esordito sul Corriere con una sontuosa intervista dal definitivo titolo: “Sì all’elezione diretta dei senatori. Accordo vincolante prima del voto”. Gl’ingenui che se la bevono tireranno un sospiro di sollievo: meno male, continueremo a eleggere i senatori in barba ai soliti gufi del No che dicono il contrario! Vediamola dunque la clamorosa novità annunciata da Delrio: premesso che “l’elezione indiretta dei nuovi senatori non sarebbe uno scandalo” (è una palese violazione dell’articolo 1 della Costituzione, che impone l’elezione diretta di tutti i titolari del potere legislativo in nome della sovranità popolare, ma fa niente), “siamo pronti a lavorare, come ha detto il premier, sulla proposta della minoranza Chiti-Fornaro. Che prevede due schede: una per l’elezione dei consiglieri regionali, una per i senatori”. Delrio si riferisce alle elezioni dei presidenti e dei consiglieri regionali. Purtroppo dimentica che solo 73 o 74 membri del nuovo Senato sono consiglieri regionali. Gli altri 27 o 26 li nominano il capo dello Stato (5) e i Consigli regionali tra i sindaci dei rispettivi territori (21 o 22: dipende da come si considera il Trentino Alto Adige, che potrebbe contare come doppia Provincia autonoma, con 2 sindaci-senatori; o anche come Regione a sé, con 3).
Quindi, ammesso e non concesso che si possa fare una legge elettorale per rendere elettivi i consiglieri-senatori, resterebbero 27 o 26 membri del Senato (più di 1/4) sicuramente nominati all’insaputa degli elettori e dunque incostituzionali. Ma anche la legge elettorale per rendere elettivi i restanti 73 o 74 senatori è altamente improbabile, in base all’articolo 57 della nuova Costituzione, che stabilisce due principi inequivocabili. Comma 2: “I Consigli regionali e i Consigli delle province autonome di Trento e Bolzano eleggono, con metodo proporzionale, i senatori fra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, fra i sindaci dei comuni dei rispettivi territori”: quindi l’elezione diretta da parte dei cittadini è vietata e una legge che la prevedesse sarebbe incostituzionale. Comma 5: i senatori sono “eletti” non dai cittadini, ma dalle “istituzioni territoriali” (i Consigli regionali) “in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi”, in base a una legge elettorale che ancora non c’è e si potrà fare solo se vince il Sì e la “riforma” passa.
Perciò, per tener buoni la minoranza interna e gli elettori affezionati al diritto di voto, Delrio può fare solo una promessa: “Un ordine del giorno vincolante in Parlamento prima del referendum” sulla legge elettorale da approvare dopo l’eventuale vittoria del Sì. Promessa da marinaio: la legge ordinaria non potrà far eleggere dai cittadini i consiglieri regionali-senatori, perché anche il comma 5 ribadisce che li eleggono (cosa diversa dal prendere atto del voto popolare) i Consigli regionali. Insomma, la legge sarebbe in ogni caso incostituzionale: o in base al comma 2, o al 5. Ciò che promette Delrio per acchiappare qualche Sì alla riforma Boschi-Verdini è espressamente vietato dalla stessa riforma Boschi-Verdini. Almeno per i consiglieri regionali-senatori. E i 21 o 22 sindaci e i 5 nominati dal capo dello Stato? Delrio, forse per mancanza di spazio, se li scorda. Ma la sua promessa è chiarissima: “Sì all’elezione diretta dei senatori”. Dunque di tutti e 100. Purtroppo la proposta Chiti-Fornaro si occupa solo dei consiglieri-senatori. Come fare dunque a eleggere direttamente anche gli altri?
Per i 21 o 22 sindaci-senatori, si potrebbe fare così: in ogni città, alle elezioni comunali, l’elettore riceverà una scheda con i nomi dei vari candidati sindaci da barrare (uno solo e una volta sola) e, in basso a destra, una finestrella da compilare con frasi a piacere, del tipo: “Vorrei tanto che il mio sindaco, a metà settimana, andasse a Roma a fare le leggi in Senato, ma solo se viene eletto il mio candidato. Se vince un altro, ciccia”. Poi il Consiglio regionale ha qualche anno di tempo (si spera meno di 5, se no scade prima) per esaminarle tutte e calcolare l’indice di gradimento senatoriale delle migliaia di candidati sindaci risultati eletti. Con la complicazione che, essendo eletti in anni diversi, lo spoglio delle schede rischia di terminare dopo la scadenza della consiliatura, e il Senato di ritrovarsi 21 o 22 scranni sempre vacanti.
Per eleggere direttamente i 5 senatori quirinalizi, il presidente della Repubblica farà le primarie aperte fra tutti gli elettori italiani, organizzando gazebo in tutto il Paese. Oppure le “Senatorie” online sul modello 5Stelle, chiedendo a Casaleggio di aprirgli un blog con tanto di iscritti che, in un certo lasso di tempo, dovranno indicare ciascuno il proprio senatore preferito tra i pretendenti che avranno presentato una clip di autocandidatura. “Ciao, sono Pino, faccio l’elettrauto e ho sempre sognato di mettere una tigre nel motore del Senato. Mi votate?”. “Amici, sono Sonia, ho una tintoria e vorrei contribuire a un Senato finalmente pulito. Mi scegliete?”. “Salve, sono Maria Elena, avvocata. Ero una madre costituente, ma poi Matteo ha deciso che facevo troppe gaffe e mi ha scaricata. Dice: vai a casa. È una parola: casa mia è a Laterina (Arezzo), dove i risparmiatori di Etruria mi aspettano giorno e notte per festeggiarmi. Ho provato da papà, ma lì è pure peggio. Ho cercato Napolitano, ma ha cambiato numero apposta. Così vivo all’addiaccio. E niente, avevo pensato al Senato. Me lo date un aiutino? Hashtag BastaunSì!”.