Massimo Caliandri, la Repubblica 14/10/2016, 14 ottobre 2016
MOTOBOT VS ROSSI. CHI VINCERA’ ?
Correranno lungo i 4 chilometri del circuito di Sugo, prefettura di Miyagi, 2 ore a nord-est da qui. Valentino contro MotoBot, l’umanoide che oggi può guidare una Yamaha a 200 all’ora e il prossimo anno andrà ancora più forte. La sfida tra il Pilota e il robot, un giro di pista che pare fantascienza. Invece. L’azienda giapponese li ha già fatti incontrare sul tracciato usato abitualmente per i test. In sella alla prima moto, il 9 volte campione del mondo: muscoli, nervi, talento infinito. Sulla seconda R1 c’erano circuiti, sensori, algoritmi: la sagoma di un automa chino sul serbatoio e in grado di accelerare, di frenare davanti o dietro, di cambiare marcia, di individuare il miglior angolo – a seconda delle condizioni dell’asfalto, della velocità e mille altre variabili – per affrontare una curva. Due rotelline tipo il triciclo d’un bimbo, che si ritraggono quando il mezzo comincia a girare, sono la sola “debolezza” concessa alla macchina perfetta: servono per restare in equilibrio alla partenza e all’arrivo, per ora. «La prima volta che l’ho visto in un video, mi sembrava incredibile. Dal vivo è stato pazzesco», confessa il Doc. Accadrà di nuovo, questa volta sarà una gara vera: forse alla fine del 2017, quando gli ingegneri di Iwata annunceranno i nuovi progressi del loro progetto, che è partito 15 anni fa ma in questi ultimi tempi avrebbe accelerato in maniera che ha sorpreso gli stessi programmatori. Il robot continua a migliorarsi, accumulando informazioni: quelle che gli vengono fornite in laboratorio, grazie anche alle esperienze dei piloti “veri” (Rossi, Lorenzo), e quelle raccolte girando da solo in pista. «Sono stato creato per sorpassarti», dice l’umanoide in un filmato, rivolgendosi al pesarese. Valentino se la ride. Ancora per quanto?
«Fai attenzione a quello che faccio, prendi nota: hai molto da imparare». Il numero 46 ha accettato la sfida nel futuro – «Perché no?» -, consapevole che l’androide debba comunque “copiare” dall’umano. Ma le differenze si assottigliano. E intanto, nei giorni scorsi anche Bmw ha presentato un prototipo di moto (Bmw Motorrad Vision next 100) che può rimanere sempre in equilibrio da sola. In Giappone non sono grandi chiacchieroni, figuriamoci nei laboratori di Iwata. Ufficialmente MotoBot può diventare il “collaudatore” ideale, sia nel settore sportivo (MotoGp, Superbike) che in quello commerciale. Però dicono che il vero obiettivo del progetto sia quello di realizzare un umanoide in grado di guidare una moto senza margini di errore, trasportando uno o più passeggeri: una R1 – o uno scooter – che va da sé in qualsiasi condizione, e niente più incidenti. La cosa curiosa è che MotoBot era nato in casa Yamaha per rispondere al successo di Asimo, il piccolo robot con fisionomie umane sviluppato dal Duemila dai “cugini” della Honda. Una copia di quell’androide si trova proprio nel museo Honda, interno al circuito di Motegi. Ieri Asimo s’è messo a tirare calci ad un pallone, Valentino ha sgranato gli occhi: «Impressionante. Ho sentito dire che stanno progettando anche una Formula Uno elettrica che va da sola. Però sarebbe meglio se per ora gli scienziati si dedicassero soprattutto ai calciatori-robot, invece che ai piloti. Vorrei correre ancora per qualche anno, grazie».