Pierluigi Diaco, Oggi 12/10/2016, 12 ottobre 2016
EPPURE IN RAI POCHI MI AMANO– [Massimo Giletti] Roma, ottobre Massimo Giletti sta incassando un successo televisivo dietro l’altro
EPPURE IN RAI POCHI MI AMANO– [Massimo Giletti] Roma, ottobre Massimo Giletti sta incassando un successo televisivo dietro l’altro. L’Arena, il contenitore che da anni conduce alla domenica pomeriggio su Rai 1, è ormai un fiore all’occhiello del servizio pubblico. Ma il giornalista non gongola compiaciuto: la sua è una personalità troppo malinconica e complessa per godere a pieno dei risultati ottenuti nella professione. Tanto da non essere capace di rilassarsi, di demordere, di gettare, almeno ogni tanto, la spugna. Viva Mogol, il programma da lui ideato e condotto («realizzato grazie alla passione di Gianmarco Mazzi e al sostegno del direttore di Rai 1 Andrea Fabiano», puntualizza Giletti) per omaggiare la carriera dell’autore che ha segnato un’epoca della nostra storia musicale, per due sabati di seguito ha battuto la concorrenza: Maria De Filippi e il suo Tú sí que vales. Una vittoria che ha dell’incredibile: nessuno ci sperava e a Viale Mazzini in pochi credevano che l’esperimento di Giletti avrebbe potuto imporsi su Canale 5. «Il giorno dopo il successo della seconda puntata ho ricevuto la telefonata del direttore generale, Antonio Campo Dall’Orto: è la prima volta che mi chiama e questo dimostra la sua attenzione al prodotto. Anche se...». Lo dica: anche se... «Anche se mi sono stancato di essere sempre il primo a crederci. È stato molto faticoso realizzare Viva Mogol. Uno deve stare sempre concentrato sul prodotto, se poi deve pure vivere una certa solitudine mentre lo realizza, ecco... non è pensabile». Ma come? Ha vinto contro la De Filippi e non se la gode? «Innanzitutto, ho troppo rispetto per Maria e per i suoi successi: non posso considerarla una mia rivale. Premesso questo, se devo dire la verità, mi sono un po’ scocciato: che cosa deve ancora dimostrare un professionista di 54 anni, che per di più conduce da anni un talk che tutte le domeniche fa 4 milioni di telespettatori e il 22% di share? Uno che qualsiasi cosa ha fatto, ringraziando Dio, ha sempre portato il risultato a casa? Evidentemente in Rai non mi amano in molti». Vuole dire che ha dei nemici a Viale Mazzini che ostacolano il suo lavoro e bloccano le sue ambizioni professionali? «Posso solo dirle che sono un uomo libero, non ho padroni e non sono disponibile a compromessi. Quindi, ritengo inevitabile che qualcuno, quando può, provi a fartela pagare. Ci tengo a dire, però, che all’interno della Rai ci sono anche delle persone che ti sanno valutare non per quello che vorrebbero che fossi, ma per quello che sei e per il prodotto su cui lavori». Mi dica la verità: il prossimo anno vuole fare altro? Sta pensando di abbandonare la conduzione de L’Arena? «Diciamo che questo, per me, è un momento di riflessione: guardo poco al futuro, ci penso quanto serve e tento di vivere il presente. Anche se, dentro di me, ho già preso delle decisioni su quello che sarà il mio futuro professionale». Può anticiparci qualcosa? «Non è il momento di parlarne, ora non sarebbe giusto». Ma si sta già muovendo per raggiungere i suoi obiettivi? «Io non so muovermi se non attraverso il prodotto e quindi attraverso il mio lavoro. Non frequento salotti, non amo stare negli ambienti che, in un certo modo, ti aiutano a entrare nel sistema. Zucchero sostiene che sono un po’ anarchico ed è vero». Dicono che non abbia un carattere facile. «Sono una persona complessa. Sicuramente è molto più facile avere a che fare con conduttori yes-man, che si adeguano e lisciano il pelo. Io, professionalmente, sono nato a Mixer con Giovanni Minoli e ho imparato che in tv la differenza la fa il prodotto e non altro. Putroppo devo verificare che in Rai, molto spesso, la realtà che mi circonda mette al centro della riflessione un modello che punta al controllo del prodotto. A me non resta che difendere quest’ultimo». La sua ossessione sul prodotto non rischia di crearle dei vuoti nella vita privata? Le manca qualcosa? «Dalla vita ho ricevuto e ricevo ancora tanto. Ringrazio per quello che ho. Sarebbe una bestemmia dire che mi manca qualcosa. Credo di avere già tantissimo. Certo, avrei potuto costruirmi una famiglia o concedermi la cosiddetta “quiete dopo la tempesta”, ma così non è stato. Diciamo che a oggi attraverso ancora molte tempeste». Ha mai pensato di confidare queste “tempeste emotive” a un analista? «No, sono scettico. Anche se mia madre mi dice spesso che dovrei andarci». Pierluigi Diaco