varie, 13 ottobre 2016
OCCHI PER SETTE
Uno sguardo occhi negli occhi, per fare buona impressione, deve durare 3,3 secondi. Se è più breve sembra che siamo sfuggenti, se è più lungo rischiamo di apparire invadenti. Lo dice una ricerca dell’Imperial College London pubblicato sulla rivista Royal Society Open Sciente. Gli studiosi hanno testato 498 persone reclutate al Museo della scienza di Londra. Uomini e donne di tutte le età e di oltre cinquanta nazioni. Ogni soggetto ha osservato dei video di durata variabile in cui un attore o un’attrice guardavano dritti nella videocamera, come se fissassero lo spettatore. È stato identificato così il tempo medio oltre il quale invece di provare empatia iniziamo a sentirci a disagio (Meldolesi, Cds).
Un articolo appena pubblicato da un gruppo franco-finlandese su Consciousness and Cognition dice che guardarsi mentre ci si parla aumenta l’attenzione, aiuta a memorizzare i contenuti verbali, rende più consapevoli di sé, spinge le persone a collaborare (ibidem).
Trascorriamo a occhi chiusi tanto tempo quanto ne trascorriamo mangiando: cioè, in una vita media di 70-80 anni, circa 5 anni. Se a questo aggiungiamo il tempo che passiamo dormendo (una media di 8 ore al giorno), viviamo a occhi chiusi per circa 30 anni. Battiamo le palpebre 15-20 volte al minuto, 10 mila volte al giorno e più di sei milioni di volte l’anno. Ogni ammiccamento, come viene detto in medicina, dura 3-4 decimi di secondo.
Chiudiamo le palpebre per inumidire gli occhi, eliminare il pulviscolo, aiutare il drenaggio delle lacrime, distribuire il fluido lacrimale su tutto il bulbo. Non solo: durante il battito, palpebra inferiore e superiore si avvicinano aiutando le ghiandole preposte a secernere il liquido che ricopre congiuntiva e cornea. La frequenza dell’ammiccamento è influenzata da fattori esterni e da stati emotivi: per esempio, una conversazione concitata l’aumenta, così come l’ansia, la stanchezza, la rabbia, l’eccitazione. O condizioni ambientali irritanti: l’aria condizionata, il riscaldamento, il vento o il fumo, che rompono la pellicola lacrimale, costringendo l’occhio a battere le palpebre per riformarla. Al contrario, la lettura, lo sguardo verso il basso o l’uso del computer diminuiscono la frequenza del battito.
Un proiettile attraversa una mela a circa 250 metri al secondo (pari a 1,4 Mach). Fermare l’istante dell’attraversamento è possibile soltanto attraverso le cosiddette foto ad alta velocità per le quali si utilizzano fotocamere che fanno 4 scatti in un millesimo di secondo. L’occhio umano, invece, non dà informazioni al cervello sotto 1/24 di secondo e pertanto - si potrebbe dire - "scatta" soltanto 24 foto al secondo contro le 250 di una mosca e le 4000 di una fotocamera ad alta velocità.
La risoluzione dell’occhio umano è di 576 Megapixel.
L’occhio umano ha una risoluzione seconda solo a quella dei rapaci.
Siamo in grado di vedere ben 10 milioni di colori. Questa capacità è data dal fatto che le cellule della retina riescono a combinare le informazioni che arrivano da ogni singolo punto, e ognuno dei coni (le cellule che ci permettono di percepire i colori) reagisce ad una lunghezza d’onda leggermente diversa: combinando le varie informazioni che arrivano da ogni cono (sulla retina ce ne sono circa sei milioni), vediamo il colore con tantissime sfumature.
I bastoncelli (sulla retina ce ne sono 24 milioni), destinati alla visione notturna o con bassa luce, raccolgono solo informazioni in bianco e nero.
Muovere gli occhi – come pubblicato sulla rivista “Brain and Cognition”– accende la creatività e l’immaginazione. La spiegazione scientifica è che muovendo gli occhi viene sviluppata la comunicazione tra i due emisferi (sinistro e destro) del cervello. L’effetto, però, dura solo 9 minuti.
Il bulbo oculare umano pesa 7,5 grammi.
Gli occhi degli uomini sono solo mezzo millimetro più grandi di quelli delle donne
Gli occhi verdi sono i più rari: li ha solo il 2% della popolazione mondiale.
Il 55 per cento circa della popolazione mondiale ha gli occhi marroni, il colore in assoluto più diffuso.
Gli occhi verdi sono il prodotto di una scarsa quantità di melanina nell’iride.
Gli occhi verdi sono molto più comuni fra le donne che fra gli uomini.
Secondo un gruppo di ricercatori dell’Università di Copenaghen, diretti da Hans Eiberg, le persone con gli occhi azzurri hanno un solo antenato comune. La mutazione genetica che ha portato alla formazione degli occhi azzurri sarebbe avvenuta tra 6mila e 10mila anni fa, sulle sponde del Mar Nero, in un individuo dagli occhi castani perché, come spiegano gli studiosi, «in origine tutti avevamo gli occhi scuri». Nella mutazione sarebbe stato influenzato il gene OCA2, che è coinvolto nella produzione di melanina.
Secondo i ricercatori dell’Università di Pittsburgh, le donne con gli occhi di colore chiaro provano meno dolore durante il parto rispetto alle donne con gli occhi scuri.
Uno studio pubblicato sulla rivista scientifica American Journal of Medical Genetics: Neuropsychiatric Genetics (campione di 1,263 individui), dice che le persone con gli occhi chiari hanno più probabilità di diventare alcoliste di quelle con gli occhi scuri.
Uno studio della Charles University di Praga (Repubblica Ceca) sostiene che gli occhi azzurri ispirano meno fiducia di quelli castani.
Il colore degli occhi, col passare degli anni, rimane sostanzialmente invariato. Cambia semmai la tonalità: è più chiara in età avanzata (a circa 60-70 anni) nel caso di lieve atrofia dell’iride, cioè quando diminuisce leggermente quella parte della membrana dell’occhio che è posta davanti al cristallino.
Alla nascita i bambini non hanno l’iride pigmentata, quindi il colore (dal grigio chiaro all’ardesia) non è altro che il fondo dell’occhio: tra i cinque mesi di vita e l’anno si fissa invece il colore definitivo.
Tutti gli animali hanno occhi o strutture analoghe per vedere il mondo a modo loro. Persino le meduse, per il 99% composte da acqua, hanno cellule sensibili alla luce che servono da occhi.
La cubomedusa Tripedalia cystophora è uno degli animali più semplici: un ammasso di gelatina pulsante che si tira dietro quattro fasci di tentacoli urticanti. Non ha nemmeno un vero cervello, ma solo un anello di neuroni intorno all’ombrello. Però ha 24 occhi marrone scuro, riuniti in quattro gruppi chiamati ropali. Quattro dei sei occhi di ogni ropalio sono solo fessure o pozzetti sensibili alla luce, ma gli altri due sono sorprendentemente sofisticati: come gli occhi umani, hanno lenti che mettono a fuoco la luce e possono vedere immagini, sebbene a risoluzione inferiore. Dan-Eric Nilsson dell’Università di Lund, in Svezia, ha dimostrato che usa gli occhi inferiori dotati di lenti per individuare eventuali ostacoli, come le radici di mangrovia tra cui nuota. Gli occhi superiori invece guardano sempre in alto, anche se la cubomedusa nuota a testa in giù. Se questi occhi individuano zone scure, la cubomedusa sa che sta nuotando sotto la volta delle mangrovie, dove può trovare i piccoli crostacei di cui si nutre. Se invece vede solo luce, si è persa in acque aperte e rischia di morire di fame.
Gli occhi più piccoli tra gli animali adornano la testa degli insetti Mimaridi e sono appena più grandi di un’ameba; i più grossi, quelli delle diverse specie di calamari giganti, hanno le dimensioni di un piatto da portata.
L’occhio del calamaro, come il nostro, funziona come una macchina fotografica, con un’unica lente che mette a fuoco la luce su un’unica retina piena di fotorecettori, cellule che assorbono i fotoni e ne convertono l’energia in un segnale elettrico. L’occhio composto di una mosca, invece, suddivide la luce incidente tra migliaia di unità separate, ciascuna con le proprie lenti e fotorecettori.
Gli occhi degli esseri umani, delle mosche e dei calamari sono montati a coppie sulla testa del loro proprietario, mentre le capesante hanno file di occhi lungo il mantello, le stelle marine ne hanno all’estremità dei bracci e l’intero corpo dei ricci di mare della specie Strongylocentrotus purpuratus funziona come se fosse un unico grande occhio.
Il maschio dell’effimera (un piccolo insetto acquatico) ha un enorme occhio composto che sembra incollato su un altro più piccolo, per scrutare il cielo alla ricerca della silhouette delle femmine in volo. Il pesce quattrocchi ha appunto due occhi divisi in due, in modo che una metà emerga dalla superficie dell’acqua ed esamini il cielo, e l’altra controlli potenziali prede e minacce al di sotto della superficie.
Eric Warrant dell’Università di Lund: «Gli occhi degli insetti hanno una risoluzione temporale molto più rapida di quella degli uomini. Due mosche possono inseguirsi a velocità vertiginose e vedere fino a 300 lampi di luce al secondo. Noi siamo fortunati a vederne 50». Una libellula può vedere quasi a 360 gradi; noi no. La sfinge della vite sa percepire i colori anche alla luce delle stelle. Warrant: «Per certi versi siamo meglio noi, per altri peggio. Non esiste un occhio che fa tutto al meglio».
I cani hanno solo due coni, uno sintonizzato sulle lunghezze d’onda inferiori dello spettro luminoso, l’altro su quelle maggiori; la loro vista, si crede, varia tra il blu e il giallo-verde.
Se i benefici della visione si riducono a zero, alcuni animali perdono del tutto gli occhi. È il caso dei caracidi ciechi delle caverne del Messico. Durante il Pleistocene alcuni di questi pesciolini d’acqua dolce si inoltrarono in caverne profonde. Nella totale oscurità gli occhi erano inutili; i loro discendenti si sono evoluti in differenti popolazioni di pesci ciechi cavernicoli, con la pelle che ricopre il punto dove erano gli occhi. Ciò è avvenuto perché occorre un sacco di energia sia per “fabbricare” gli occhi sia per farli funzionare. In particolare i neuroni che trasportano i segnali dai fotorecettori al cervello devono essere sempre pronti a innescarsi: è come tenere la corda di un arco tesa per interi minuti, se non per ore.
La farfalla Caligo Memnon, anche detta Gufo perché ha sulle ali piegate una grossa macchia nera a forma di occhio, che usa per camuffarsi (il predatore crede di vedere, invece di una gustosa farfalla, la testa di un gufo).
Nella maggior parte dei primati gli occhi son fatti in modo da mascherare la direzione dello sguardo, ad esempio le scimmie arboricole hanno l’iride colorata che occupa tutto lo spazio (il predatore non si accorge di essere stato avvistato e l’animale ha il tempo di scappar via).
Lo struzzo ha gli occhi più grandi del cervello.
I delfini dormono sempre con un occhio aperto.
I camaleonti possono guardare in differenti direzioni contemporaneamente.
Gli occhi del camaleonte sono molto grandi in proporzione alla testa e quasi interamente ricoperti dalla palpebra. I due occhi possono a fare una rotazione completa indipendentemente l’uno dall’altro e inquadrano un campo visivo ampio ben 360 gradi.
I pesci, essendo privi di palpebre, dormono con gli occhi aperti.
Kertin Fritsches, ricercatrice dell’università di Queensland, in Australia, ha scoperto che il pesce spada migliora di dieci volte la sua capacità di vedere le prede quando i suoi occhi si trovano a una temperatura compresa tra i 19 e i 28 gradi. Per questo motivo, per individuare i pesci di cui nutrirsi anche a 300 metri di profondità (dove ci sono 3 gradi), prima di cacciare l’animale scalda il cervello e gli occhi, portandoli a temperature superiori.
Gli Ittiosauri, gli enormi rettili acquatici che hanno dominato gli oceani più di 160 milioni di anni fa, avevano occhi giganteschi rispetto alla loro taglia. Soprattutto se paragonati ai mammiferi marini e ai rettili che ancora oggi esistono. Alcuni esemplari, per esempio, non più grandi di un delfino, avevano occhi della dimensione di palle da football. Stuart Humphries e Graeme D. Ruxton dell’Università di Glasgow (Gran Bretagna) hanno cercato di spiegare le cause di questo sguardo enorme in uno studio apparso su ”The Journal of Experimental Biology”: gli occhi grandi avrebbero aiutato gli ittiosauri a decifrare piccoli dettagli all’interno di un paesaggio sterminato, quindi a cacciare pesci piccoli che si muovevano veloci nelle profondità marine, dove la luce è molto debole.
La pupilla delle capre è orizzontale e quasi a forma di un rettangolo leggermente ovalizzato: la forma e la larghezza di questa pupilla consentono alle capre di aprire il campo visivo fino a quasi 330 gradi.
L’occhio umano vede circa 185 gradi.
I gechi notturni sono tra i pochi animali in grado di distinguere i colori anche di notte. Questo è possibile grazie a delle speciali zone concentriche presenti nei loro occhi che hanno poteri refrattivi differenti. In pratica è come se il geco avesse a disposizione un sistema ottico multifocale, strutturato in grandi coni (i neuroni sensibili ai colori), che i ricercatori hanno stimato essere 350 volte più sensibili di quelli dell’uomo.
Gli occhi delle farfalle sono complessi, e composti da una grande quantità di micro-elementi. Ognuno di questi è un piccolissimo occhio semplice. Le farfalle non sono le sole ad avere occhi così: anche le mosche hanno una struttura simile. In alcune altre specie, la quantità di questi piccoli occhi arriva a oltrepassare le 25.000 unità.
A differenza dell’occhio umano, gli occhi delle farfalle sono in grado di vedere anche la luce dei raggi ultravioletti.
Gli occhi delle rane sono grandi, colorati e così sporgenti che, per adattarsi al luogo in cui vivono, quando la rana è sott’acqua si possono proiettare all’esterno per vedere oltre la superficie dell’acqua, anche se la rana si mantiene ben nascosta al di sotto.
«Supporre che l’occhio, con tutti gli inimitabili meccanismi di cui è dotato [...] sia stato prodotto per selezione naturale sembra, lo confesso tranquillamente, del tutto assurdo. Eppure la ragione mi dice che, se si può dimostrare 1’esistenza di numerose gradazioni da un occhio perfetto e complesso a uno molto imperfetto e semplice, e che ogni grado è utile a chi lo possiede [...] allora la difficoltà di credere che un occhio perfetto e complesso possa essersi formato per selezione naturale, per quanto ciò appaia insormontabile alla nostra immaginazione, difficilmente può essere considerata reale» (Charles Darwin)
I buddhisti dello Sri Lanka considerano un’immagine sacra quando alla statua vengono dipinti gli occhi.
«Tieni gli occhi ben aperti prima di sposarti e mezzo chiusi dopo» (Benjamin Franklin)
«Chiudo gli occhi per vedere» (Paul Gauguin).
«L’occhio umano sciupa tutto quello che guarda» (Cyril Connolly).