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 2016  ottobre 12 Mercoledì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - TENSIONI CON LA RUSSIA REPUBBLICA.IT MOSCA - Da Mosca Vladimir Putin guarda a Washington dove fra due settimane con le elezioni, cambierà tutto

APPUNTI PER GAZZETTA - TENSIONI CON LA RUSSIA REPUBBLICA.IT MOSCA - Da Mosca Vladimir Putin guarda a Washington dove fra due settimane con le elezioni, cambierà tutto. Tirato in ballo in una ampagna elettorale che "strumentalizza Mosca con una retorica anti Russia", Putin comunica che per far rientrare nella norma le relazioni tra le due super potenze è necessario "comportarsi come partner" e "rispettare gli interessi dell’altro". La Russia insomma, si dichiara pronta a lavorare con qualsiasi presidente sarà eletto negli Stati Uniti ma, aggiunge Putin durante un forum alla Vtb Bank, dovrà mostrare mostare a sua volta la volontà di lavorare con Mosca: "Il popolo degli Stati Uniti farà la sua scelta e noi, in ogni caso, lavoreremo con qualsiasi leader eleggerà. Sempre che, naturalmente, il nuovo leader degli Stati Uniti vorrà lavorare con noi". Per ora, ribadisce il presidente russo, tutti i membri della campagna presidenziale americana hanno abusato di una vecchia retorica anti-Russia. I due candidati alla Casa Bianca per Putin "Trump e Clinton non possono sfruttare la Russia per vincere le elezioni". Ci tiene a ribadirlo e respinge le accuse: il suo governo non è responsabile degli attacchi informatici subiti dal partito democratico statunitense, per influenzare l’esito delle presidenziali: "Non sono nell’interesse della Russia. Non c’è niente qui nell’interesse della Russia" dice. Venerdì scorso l’intelligence Usa ha accusato ufficialmente per la prima volta Mosca degli hackeraggi. Barack Obama ora sta valutando una risposta "proporzionale". L’annuncio di Josh Earnest, portavoce della Casa Bianca, è di oggi: "C’è una serie di risposte a disposizione del presidente e lui considererà quella che sia proporzionale". Probabilmente la risposta di Obama, spiega il portavoce, non sarà annunciata in anticipo né svelata dopo. Putin oggi fa un unico fascio: l’Occidente "accusa la Russia di tutti i peccati e i crimini" che si commettono nel mondo, in particolare per l’intervento militare di Mosca in Siria, continua il presidente russo, assicurando che tanto Mosca quanto Washington sanno chi ha colpito il convoglio umanitario dell’Onu vicino ad Aleppo. "Sappiamo" chi ha colpito il convoglio umanitario Onu-Mezzaluna Rossa in Siria il 19 settembre: "È stato uno dei gruppi di terroristi. E sappiamo che gli Usa lo sanno", dice Putin all’incontro con gli investitori. Ma secondo il capo del Cremlino, gli Stati Uniti "preferiscono dar la colpa alla Russia, perché la Russia è la causa di tutti i peccati mortali, accuse basate sul nulla, un modo di fare che non aiuta" riporta Sputniknews. Le accuse a Parigi. Gli Stati Uniti non sono i soli a cui guarda il presidente russo. Vladimir Putin accusa anche la Francia di avere attirato Mosca per porre il veto alla risoluzione Onu sulla Siria e ipotizza che Parigi stia facendo il gioco degli Usa. La Francia, accusa Putin, ha proposto al Consiglio di sicurezza Onu la risoluzione sulla tregua in Siria senza consultarsi con Mosca e sapendo che la Russia sarebbe stata obbligata a porre il veto perché, sostiene ancora il capo del Cremlino, il documento attribuiva tutte le responsabilità delle violenze a Damasco. Ma il premier francese Manuel Valls non è d’accordo e ribatte a distanza: la Russia ha avuto un atteggiamento "d’ostacolo" e una posizione "ingiustificabile" sulla Siria. Il messaggio di Schulz. Tra Russia e Ue "non parlerei di guerra ibrida", ma "è chiaro che c’è un confronto" in cui "il messaggio ideologico di Putin, che sostiene gli estremisti di destra ovunque in Europa, è quello di proporsi come contromodello conservatore contro la nostra società occidentale" dice Martin Schulz in un’intervista all’Ansa in cui il Presidente del Parlamento europeo sottolinea che questo "è esattamente il contrario di ciò per cui combatto", ma mentre da Berlino emerge l’idea di possibili nuove sanzioni economiche e nel prossimo vertice europeo è prevista una discussione sulla strategia Ue verso Mosca osserva: "Capisco che la strategia politica sia di essere pronti a misure dure. Ma la Russia esiste e ha un ruolo chiave. Quindi dobbiamo essere duri da una parte, ma dare anche il segnale che teniamo aperta la porta al dialogo, con l’offerta di evitare nuove sanzioni". Esercitazione antimissile con la Cina. E per non abbassare i toni, la Russia e la Cina il prossimo anno faranno un’esercitazione congiunta antimissilistica. Si tratta di una risposta al dispiegamento del sistema antimissilistico statunitense Thaad in Corea del Sud, che ha fatto infuriare Pechino. L’esercitazione è la seconda di questo tipo. Il Thaad, a dire del generale Cai Jun della commissione militare centrale cinese, "danneggia l’equilibrio strategico globale e la sicurezza e la stabilità regionale". Una prima esercitazione simulata al computer ha avuto luogo a maggio. La seconda sarà quella del prossimo anno che, spiega Cai, non dovrebbe "avere come obiettivo alcuna terza parte". CORRIERE.IT Il presidente russo parla a ruota libera della crisi con l’Occidente e delle accuse da parte del team di Hillary di essere dietro l’hackeraggio del server dei democratici, durante un incontro con il Forum degli investitori della banca VTB. «Non importa — dice senza smentire che Mosca sia responsabile — chi ha compiuto l’hackeraggio ma che cosa dicono le email». Proprio ieri il presidente della campagna elettorale di Hillary Clinton, John Podesta, ha sostenuto che dietro all’azione degli hacker ci sia la Russia, con la collusione dello sfidante repubblicano Donald Trump perché un suo consigliere era a conoscenza delle email prima che venissero diffuse. Nelle sue dichiarazioni Putin ha ammesso di essere «preoccupato» per il deterioramento dei legami con gli Stati Uniti ma «non si tratta di una nostra scelta». «Il dialogo con gli Usa - ha aggiunto - praticamente non c’è». Le accuse alla Francia Il presidente russo assicura di essere «disposto a collaborare con i partner europei» ma non nasconde la sua delusione sulla Siria: «Mi aspettavo una risposta positiva dalla Francia e dagli altri Paesi dopo il mio appoggio alla proposta su Aleppo». Citato dall’agenzia russa Tass, Putin si è scagliato contro la Francia che, nonostante le promesse, non ha preso in considerazione le proposte della Russia nella bozza di risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu sulla Siria, per poi accusarla del veto del documento. Nonostante questo e l’annullamento di una visita a Parigi prevista per il 19 ottobre, il capo del Cremlino ribadisce come la Francia resti uno dei principali partner della Russia. «Una vergogna» le dichiarazioni di Londra Ma la difesa di Putin e della Russia non finisce qui. Il portavoce del ministero della Difesa russo, Igor Konashenkov, ha respinto al mittente le accuse mosse dal ministro degli Esteri britannico Boris Johnson, secondo cui Mosca ha compiuto un attacco deliberato al convoglio umanitario dell’Onu ad Aleppo. «Nell’area del convoglio umanitario ad Aleppo non vi erano velivoli russi. Tutte le presunte “prove” non varranno un centesimo, se qualcuno non le metterà davvero a disposizione». Johnson aveva esortato la popolazione a organizzare delle azioni di protesta dinnanzi all’ambasciata russa Londra in risposta alle politiche che le autorità di Mosca stanno attuando in Siria. Il portavoce del Cremlino ha puntato il dito contro l’ «isteria russofobica» degli alti funzionari della Gran Bretagna e definendo il discorso di Johnson come «una tempesta in un bicchiere dell’acqua fangosa di Londra». La risposta di Obama Dall’Europa agli Stati Uniti, le parole di Putin scatenano la reazione anche del presidente Barack Obama che - tramite il portavoce della Casa Bianca - fa sapere che gli Usa stanno valutando una risposta «proporzionale» alle presunte interferenze russe sul voto americano. Josh Earnest ha quindi fatto intendere che qualsiasi sia la scelta probabilmente non verrà annunciata in anticipo né svelata dopo. Venerdì scorso l’intelligence Usa aveva accusato ufficialmente per la prima volta Mosca degli hackeraggi. CORRIERE.IT Un rapporto complicato, fatto di sorrisi forzati e sopportazione reciproca. Un rapporto in cui le frizioni politiche, strategiche ed economiche si sommano a una pressoché inesistente stima personale. Quella tra Barack Obama e Vladimir Putin è una storia di differenze e divergenze, che spesso hanno portato a lampanti manifestazioni di fastidio e pubblica irritazione. L’ultimo esempio è la fredda stretta di mano al G20 di Hangzou, in Cina (4-5 settembre 2016), a margine di un incontro dedicato soprattutto a cercare una soluzione per la crisi della guerra in Siria e una via d’uscita per la situazione umanitaria ad Aleppo. (Ap) LASTAMPA.IT La tensione tra Usa e Russia non accenna a diminuire. A partire dalla crisi Ucraina, passando per gli episodi di hackeraggio per finire alla Siria sembra ormai tornata a tutti gli effetti la «guerra fredda». Oggi il presidente Putin ha puntato il dito contro Obama sostenendo che è «molto difficile dialogare con l’attuale amministrazione statunitense. Praticamente non c’è dialogo». Putin ha accusato Washington di cercare di dettare le proprie condizioni agli altri Paesi, ma si è dimostrato disponibile a dar vita a «relazioni amichevoli con una potenza e una economia così grande come gli Stati Uniti». E l’ambasciatore russo a Washington Sergei Kislyak punta il dito contro gli Stati Uniti per il deteriorarsi delle relazioni bilaterali, citando il «Magnitsky Act» (le misure restrittive introdotte negli Usa contro personalità coinvolte con violazioni dei diritti civili e al caso dell’avvocato morto in carcere dove era detenuto da quasi un anno in attesa di processo), le politiche dell’amministrazione Obama durante le proteste anti Yanukovich in Ucraina e l’espansione e il potenziamento delle forze della Nato nell’Est dell’Europa. «I rischi di un errore sono aumentati. In modo particolare con le nostre forze e quelle della Nato, dispiegate ai nostri confini», ha avvertito Kislyak in un intervento ieri alla Johns Hopkins University’s School for Advanced International Studies. «Siamo molto delusi del fatto che invece di cercare di costruire e capitalizzare su ciò che Russia e Stati Uniti possono fare insieme per contribuire alla soluzione di questioni che si presentano per entrambi, siamo bloccati in questo genere di discussioni non amichevoli», ha aggiunto il diplomatico, come riporta Radio Liberty, sottolineando che in tal modo entrambi gli attori «perdono molte opportunità». «Non siamo noi ad aver iniziato questo (confronto, ndr), non siamo noi ad alimentarlo, ma il risultato è che ci troviamo qui anche noi», ha aggiunto sollecitando la ripresa della cooperazione fra i militari dei due paesi in Siria, dove Mosca «è presente a pieno titolo legale, diversamente da altri che sorvolano il Paese e inviano truppe sul terreno senza chiedere il permesso del governo legittimo». In tutto questo gli Stati Uniti non stanno a guardare e Josh Earnest, portavoce della Casa Bianca ha annunciato che il presidente Obama sta valutando una risposta «proporzionale» alle presunte interferenze russe sul voto Usa tramite hackeraggi. «C’è una serie di risposte a disposizione del presidente e lui considererà una risposta che sia proporzionale», ha dichiarato Earnest, precisando che qualsiasi sia la scelta probabilmente non verrà annunciata in anticipo né svelata dopo. Venerdì scorso l’intelligence Usa aveva accusato ufficialmente per la prima volta Mosca degli hackeraggi. REPUBBLICA.IT DEL 19/9 Siria, tornano i bombardamenti su Aleppo. Le forze armate siriane annunciano unilateralmente la fine della tregua umanitaria siglata a Ginevra con l’impegno diretto di Washington e Mosca e poche ore dopo ricominciano a scaricare bombe sulla parte orientale di Aleppo, quella ancora sotto il controllo dei ribelli anti Assad. Colpito anche un convoglio umanitario, 18 camion, che facevano parte di un totale di 31 mezzi carichi di aiuti umanitari per 78mila persone: dodici le vittime. Meta del viaggio era la città di Orum al-Kubra, nella provincia di Aleppo. Su Aleppo una pioggia di fuoco testimoniata da un corrispondente dell’Afp che si trova nella città. Gli attacchi hanno preso di mira Sukkari e Amiriyah, due quartieri orientali della città. Anche l’Osservatorio siriano dei diritti umani (Osdh) ha riferito che proiettili di artiglieria stanno letteralmente piovendo sulla città siriana. Aleppo di nuovo nel mirino, anche se, secondo una nota di Damasco, sarebbero stati "i ribelli a sabotare l’intesa" mentre l’opposizione siriana accusa il regime "di aver violato più volte la tregua per poterne annunciare la fine", così riferisce la tv panaraba al Jazeera con una notizia in sovrimpressione. Sulla Siria le principali potenze internazionali si riuniranno domani a New York. Poche ore prima, un convoglio composto da 45 camion pieni di aiuti umanitari era riuscito a entrare incolume nella città assediata di Telbise, nella provincia centrale siriana di Homs, secondo quanto riferito dal portavoce del Comitato internazionale della Croce Rossa a Damasco Ingy Sedky, spiegando che la carovana, organizzata con l’Onu e con la Mezzaluna Rossa siriana, è destinata a soccorrere e sfamare 84mila persone. Non è andata così anche per Aleppo, la città siriana che da mesi vive una vera e propria devastazione. Il governatore della città, Hussein Diab, ha infatti confermato all’agenzia di stampa Sana, che soltanto un convoglio di aiuti umanitari, inviato dalla Bielorussa, è riuscito a raggiungere il nord della Siria. Secondo la Sana, gli aiuti saranno recapitati in questi quartieri tramite "passaggi umanitari". Il responsabile Onu per gli Affari umanitari, Stephen O’Brien, si è detto "deluso e addolorato" per il fatto che non siano ancora giunti nella zona orientale di Aleppo gli aiuti umanitari che da una settimana sono fermi al confine tra Siria e Turchia. "Ad Aleppo 275mila persone sono assediate e senza cibo, acqua, riparo o cure mediche", ha detto O’Brien in un comunicato, "ma non si riescono a consegnare gli aiuti". In serata l’Onu annuncia che un convoglio di aiuti umanitari è stato colpito dalle bombe. Sette giorni di cessate il fuoco difficili, scanditi dalle numerose denunce, da parte delle diverse coalizioni, di violazioni e scorribande armate. Secondo l’esercito siriano - che assicura di aver sempre rispettato la tregua - i ribelli avrebbero violato almeno 300 volte l’accordo di pace. Altrettante, secondo l’opposizioni, i raid portati a termine dal regime. Fino all’ultimo di oggi su Aleppo. Sabato scorso altro giorno di crisi: un raid aereo della coalizione anti- Isis guidata dagli Usa avrebbe colpito "accidentalmente" una base governativa nell’est del paese, uccidendo 62 militari dell’esercito di Assad. Attacco su cui gli Stati Uniti "si è scusato" ma che il presidente siriano ha definito "un atto di aggressione palese". Il segretario di Stato Usa John Kerry, artefice dell’accordo al russo Serghiei Lavrov, crede ancora nella tregua e ha lasciato intendere che gli aiuti umanitari riusciranno a raggiungere anche le popolazioni assediate di Aleppo. E intanto, secondo il il quotidiano panarabo Al Quds Al Arabi, l’Isis nomina il successore di Al Adnani, portavoce dello stato islamico ucciso nei pressi di Aleppo lo scorso 30 agosto: il nuovo leader è il saudita di origini siriane Al Jabra, alias Abu Mohammed Al Shimali, ricercato dalle autorità saudite ed anche dall’antiterrorismo Usa che sulla sua testa ha posto una taglia di 5 milioni di dollari. L’uomo, "con grande esperienza militare" - secondo il giornale - "è stato rinchiuso per anni in un carcere saudita ma dopo il suo rilascio si sarebbe unito all’Isis in Siria "assumendo la responsabilità di controllo delle frontiere del califfato e dell’ingresso dei foreign fighters".