Dino Messina, Sette 7/10/2016, 7 ottobre 2016
MILANO, APRILE 1946: L’ITALIA S’È RIDESTA
Il 7 aprile 1946, con il voto per il consiglio comunale di Milano si concluse la tornata iniziale delle elezioni amministrative, le prime consultazioni libere del dopoguerra, preludio all’appuntamento del 2 giugno, che avrebbe sancito la vittoria della Repubblica nel referendum istituzionale.
Se si volesse rappresentare con un’immagine “il vento del Nord”, più che il volto di Ferruccio Parri, il partigiano presidente del consiglio che non diede gran prova come capo di governo, bisognerebbe usare quello di Antonio Greppi, il sindaco socialista della Milano liberata, che seppe dare un senso alla parola “ricostruzione”.
Degli 80 seggi nel consiglio comunale, 29 erano andati ai socialisti, 22 ai comunisti, 20 ai democristiani. Ai liberali e agli azionisti erano andate le briciole. Ci voleva tutta la solidarietà sperimentata nei Cln per porre mano ai gravi problemi di una cittadinanza che disponeva di una ragione giornaliera di 50 grammi di pane per persona.
La situazione edilizia era disastrosa: 1.400 i palazzi distrutti, 250 mila i locali da riparare, il 65 per cento degli edifici storici gravemente danneggiati: dalla Scala, a Palazzo Marino, da Palazzo Reale a Brera e alla Ca’ Granda, i bombardieri alleati avevano colpito alla cieca.
Ai tanti problemi si aggiungeva la criminalità: la violenza politica della “Volante Rossa” e la delinquenza comune. E, nel novembre 1946, il primo grande delitto passionale: Rina Fort, “la Belva di via San Gregorio”, aveva ucciso la moglie e i tre figli del suo amante.