Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  ottobre 12 Mercoledì calendario

DA TEMPIO A CASSAFORTE. LO STADIO ENTRA NEL FUTURO. EMIRATES MACCHINA DA SOLDI. AL BERNABEU LIFTING DA 400 MILIONI, IL BARÇA SI ALLARGA


Una volta gli stadi erano templi, oggi sono banche per società che sanno di doverci costruire sopra una grossa voce del bilancio.
Al comando della classifica degli impianti più redditizi, firmata Deloitte, c’è l’Arsenal, una club che non si è mai portato a casa la Champions League eppure è stabile, concreto e attento. Non cambiano allenatore da 20 anni proprio perché Wenger è a suo modo sinonimo di successo, raramente in campo, sempre nei bilanci. Da quanto c’è lui i Gunners non hanno fatto che crescere e la voce stadio porta il 30 per cento degli utili. A metà tra la dimensione familiare e il grande teatro, l’Emirates doveva essere un monumento alla nostalgia e si è trasformato in una cassaforte. Chiuso Highbury, 10 anni fa si contavano solo orfani con un carico di ricordi quasi impossibile da sostenere: i leoni, le pagine di Nick Hornby, storia irripetibile. E invece lo stadio intitolato allo sponsor funziona. Tanto da scatenare ansie da restaurazione.
Marchio di fabbrica
Il Real Madrid vara un progetto da 400 milioni, non trasloca però entra nel futuro con un tetto a scomparsa e la struttura bombata. Stesso numero di posti, 81 mila, ma settori concepiti diversamente. Al Barcellona si ingrandiscono ancora, fino a 105 mila posti, numero che altrove sarebbe un’enormità e che per i blaugrana è un marchio di fabbrica. Quasi un azzardo per dimostrare che loro attirano pubblico dal mondo.
A Dortmund ripristinato i posti in piedi per la Bundesliga. Non si tratta dei vecchi «terrace», sinonimo del pericoloso tifo Anni Ottanta, piuttosto di una partecipazione più contemporanea che cambia a seconda della competizione: senza seggiolini in Bundesliga, comodi in Europa.
Nella corsa al rinnovamento l’Italia, al solito, rincorre. La lista dei 10 stadi che danno più profitto parla chiaro: 9 sono di proprietà. Solo il Parco dei Principi è del Comune di Parigi, foraggiato però con 75 milioni dagli emiri del Psg. Da noi solo Juve, Udinese e Sassuolo si sono costruiti una casa su misura l’affluenza media, 22.640 spettatori nell’ultima stagione, non promette bene. La maggioranza dei nostri impianti sono vecchi e soprattutto superati. Le dimensioni sono solo uno dei tanti parametri, la classifica dimostra che funzionano combinazioni diversissime: al quinto posto c’è Stamford Bridge, casa del Chelsea, in via di ampliamento, che ora si ferma a 41 mila posti. E pure lo stadio del Dortmund che non può aumentare i prezzi, altrimenti il tifo sciopera e allora si inventa la capienza a elastico. Trovata che si adatta lì e non avrebbe senso altrove: ormai lo stadio va concepito sul Dna di squadra e sostenitori, modellato e aggiornato. Il tempio immutabile è stato smantellato.