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 2016  ottobre 11 Martedì calendario

A TU PER TU CON CARLO ANCELOTTI – Carlo Ancelotti lavora o vive all’estero da sette anni, è ormai abituato a giudicare l’Italia da lontano

A TU PER TU CON CARLO ANCELOTTI – Carlo Ancelotti lavora o vive all’estero da sette anni, è ormai abituato a giudicare l’Italia da lontano. Dal suo balcone bavarese con vista sul nostro Paese, l’allenatore del Bayern resta lontano da isterie e disfattismi, da sentenze che durano una notte e poi spariscono se cambia il vento: «Certo che la Nazionale domenica ha avuto difficoltà con la Macedonia, però alla fine ha lottato e ha vinto ed è quello che conta in un momento così di cambiamenti, con gente giovane. Aver ribaltato la partita fa ben sperare, il gruppo è difficile però io ho fiducia: avevo scommesso con i miei spagnoli qui al Bayern sulla nostra vittoria a Torino. E’ finita pari, ma c’è il ritorno». Si immagina un Mondiale senza l’Italia? «No. Penso che alla fine l’Italia ce la farà, si può giocare tutto nel secondo match con la Spagna e poi c’è la scappatoia del playoff». Belotti e Immobile: è la coppia giusta cui aggrapparsi per il futuro? «Nel reparto attaccanti negli ultimi anni non è uscito granché. Loro vanno bene, si trovavano anche in campionato: si può contare su di loro per il futuro». Lei conosce bene Verratti: certi errori sono superficialità o presunzione? «La sua forza è la personalità spiccata che talvolta lo porta a questi tipi di errori. Fanno parte della crescita di un giocatore come lui. Ama rischiare ed è forte per quello, si sente molto sicuro di sé. Non va crocefisso, certe giocate fanno parte del suo dna, con l’esperienza diventerà più forte e limiterà gli sbagli». Diventerà un leader o lo è già? «Per come gioca lo è già, ha tutto per prendere in mano il gioco di una squadra, lo faceva già al Psg tre anni fa. Diventerà una pietra basilare non solo per il calcio italiano, nei prossimi anni». A proposito di leader: al Milan cercano una bandiera. Anche Maldini ha detto no, suggerimenti? «No». Proprietà cinese e dirigenti ex interisti: è lo scenario orribile per un tifoso? «Io sarei contento se il Milan fosse gestito da persone capaci come negli ultimi trent’anni. E milaniste, come lo è Berlusconi. Ma il futuro rossonero deve basarsi sulla competenza dei dirigenti, poi se arrivano da altre squadre al tifoso interessa meno, purché vengano i risultati». Non ha più sentito Berlusconi? «Ogni tanto lo sento, io gli ho fatto gli auguri e lui ha ricambiato. Rimane sempre una persona per cui ho affetto, mi ha fatto stare bene, da giocatore e da allenatore. E mi è stato vicino. Il Milan senza di lui è strano, ma il calcio di oggi è così: lui si è stancato e alla fine i cicli devono finire». Quanto tempo servirà a De Boer e all’Inter per capirsi? «L’ho vista contro la Juve e sembrava una squadra pronta. Poi ha avuto qualche incidente di percorso ma rimane buona, come l’allenatore. Può competere per le prime posizioni». Il suo affetto per la Roma le ha fatto spedire gli auguri a Totti per i 40 anni? O ha mandato solidarietà a Spalletti? «Nessun messaggio a entrambi, l’hanno risolta con ironia ed è stata la cosa migliore. Ma Totti rimane un grande personaggio del calcio italiano». Il Napoli senza Milik significa strada spianata per la Juve, se ce ne fosse bisogno? «L’infortunio di Milik è una botta per il Napoli, sarà più difficile restare ad alti livelli. Hanno in casa Gabbiadini, ha qualità, ora aumentano le responsabilità e vediamo come le affronta. Però non parlerei di strada spianata». In Italia lo scudetto non è già assegnato? «Juventus favorita, ma scudetto assegnato no. Tutto può succedere, anche gli infortuni sono all’ordine del giorno. Della Juve mi piacciono solidità, continuità, organizzazione di squadra e di società». Però in questo inizio stagione si sono visti anche errori dei senatori, pure di Buffon. La difesa sta perdendo sicurezza? «Tutti gli avversari se lo augurano. Però la solidità difensiva rimane la forza della Juve». Anche in Germania dicono che il titolo sia già vostro. «Mi piacerebbe, ma purtroppo non è così». E’ facile allenare il Bayern? «Per me non è difficile allenare, quindi al Bayern è come nelle altre squadre. E’ un’esperienza in più, nuova, con giocatori che hanno alle spalle il lavoro di Guardiola che ha dato molte sicurezze, certezze, conoscenze. E’ una squadra pronta per lottare ad ogni livello». Le hanno messo la Champions come obbligo per valutare se una stagione è buona? «No, è uno degli obiettivi, ma nessun obbligo». I giocatori dicono di adorarla perché hanno ritrovato un allenatore che parla con loro. Percepisce questo sentimento all’interno e quanto durerà? «Da dentro vedo un bel gruppo, serio, con la spina dorsale tedesca di Neuer, Lahm, Müller e Hummels, e altri che sono qui da tempo come Robben e Ribery. Gente molto solidale, anche i nuovi si sono inseriti molto bene». Ribery le ha già fatto qualche scherzo? «No, e neanche Müller». Dopo 8 vittorie di fila, un punto nelle due gare successive: preoccupato? Rilassamento previsto? «Se mi dicessero che nelle prossime dieci partite ne vinco otto, ne pareggio una e ne perdo una metterei la firma. Secondo me è stato un calo dovuto al grande dispendio energetico in avvio, non avevamo tutti i giocatori a disposizione, abbiamo pagato nelle ultime due partite. Ma non sono preoccupato, però dobbiamo fare attenzione alla ripresa». Suo figlio Davide è uno dei suoi assistenti: lo vede con l’occhio critico del genitore «ai miei tempi era tutto più difficile» o con quello orgoglioso-sentimentale del papà «guarda che bravo»? «Con orgoglio e sentimento perché lo vedo capace, entusiasta, con voglia di imparare e gli piace il calcio come a me. Per un allenatore ciò che conta è la fiducia con l’assistente: e io mi fido ciecamente di lui». Davide vive con lei? «Lui vive per conto suo e io con mia moglie, vicino al centro e al “Giardino Inglese”, un grande parco. C’è molto rispetto, la città mi piace, nessuno disturba nemmeno al campo. Io non facevo allenamenti aperti, altrove, non per i segreti ma per la concentrazione. Qui viene tanta gente però nessuno fiata». Test di ambientamento: con le bici ai semafori come va? «Finora nessuna multa e collisione. Le bici hanno la precedenza». Cosa significa «mia san mia», il motto del club? «Io sono mio...» (pausa) «No, un attimo... noi siamo noi». Esatto. Perché è andato due volte all’Oktoberfest anche se lo sponsor pretendeva una sola visita? «Una volta siamo andati con lo staff. È stata una bella serata, noi tutti allenatori, anche con i fisioterapisti, c’erano proprio tutti. Ci siamo divertiti». Le piace essere chiamato Carletto, alla sua età e con la sua stazza? «Sì, mi piace, me lo hanno appioppato a Roma, quando avevo vent’anni e mi segue ancora». All’estero di solito si diventa più patrioti: lei è fuori dal suo Paese da sette anni, quante volte ha dovuto difendere l’Italia, non solo calcistica, da quando è a Monaco? «Mai. L’Italia è molto più rispettata fuori dal nostro Paese che dentro, non solo a livello calcistico. Noi italiani la rispettiamo meno di quanto fanno gli stranieri. Non solo qui, anche in Spagna, in Francia, siamo molto considerati a qualsiasi livello. L’Italia rimane il Paese più bello del mondo. Però non ho nostalgia: da qui adesso posso tornare a casa anche con l’auto».