Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  ottobre 08 Sabato calendario

IN SPAGNA 5.000 SBARCHI IN UN ANNO IL ITALIA 5.000 SBARCHI IN UN GIORNO


L’emergenza profughi investe l’Europa, soprattutto quella affacciata sul Mediterraneo, eppure la Spagna, affacciata come l’Italia sul Mare nostrum, ne resta immune con dati sorprendenti. E aggiungiamo che a Madrid manca un governo da un anno. Com’è possibile? Nel 2015 sono approdati sulle coste spagnole soltanto 5.312 immigrati clandestini. «Erano 39.180 nel 2006, quindi il calo è stato dell’86,4 per cento», annunciava soddisfatto lo scorso anno il ministerio del Interior. Sempre nel 2015, gli sbarchi in Grecia sono stati 851.319, in Italia 153-842, con proporzioni monstre se si considera che solo questa settimana si sono registrati 15.000 sbarchi in tre giorni, secondo le statistiche del Viminale.
«Trabajo, eficiencia y compromiso», ovvero lavoro, efficienza e impegno, sono le parole chiave che ricorrono nel rapporto Inmigración irregular. Balance de la lucha contra la inmigración irregular, sfornato nel 2015 dal dicastero di Jorge Fernández Díaz. Anche uso della forza e spregio delle convenzioni internazionali, denunciano da tempo diverse associazioni umanitarie, ricordando le decine di morti e feriti. Poca cosa, si potrebbe dire, rispetto all’ecatombe al largo di Lampedusa o delle isole greche.

FRONTIERE INVALICABILI

Di fatto le vallas, barriere costruite nelle enclave spagnole di Ceuta e Melilla, sulla costa mediterranea del Marocco, sono diventate frontiere invalicabili. Su un perimetro complessivo di 11 chilometri, gli sbarramenti sono quattro e di varie misure: due reticolati di filo spinato alti 6 metri (quello di 7 è rimasto piegato di 60 centimetri sotto il peso di chi cercava di passare oltre), uno di 3 metri (il primo a essere stata realizzato, nel 1997) e un quarto costruito dal governo marocchino nel 2014, rappresentano un percorso a ostacoli insuperabile per chi tenta l’unico accesso terrestre al territorio europeo dai Paesi africani. Il filo spinato è di primissima qualità, prodotto dall’European security fencing, un’azienda di Málaga facente capo al gruppo Mora Salazar, unico fabbricante europeo di reticolati per recinzioni, ma non solo. L’elenco dei suoi prodotti fa rabbrividire: filo spinato anti salto, elettrificato, «con punte d’acciaio di varie misure, super resistenti con grande capacità di penetrazioni e con effetto dissuasore».
Intorno alle vallas, telecamere, dispositivi elettronici e vigilanza armata: nella sola Melilla, la Guardia civil ha dislocato 600 agenti e un’unità di rinforzo di 180 persone, assegnate a vigilare la barriera. Gendarmi e forze ausiliari del re del Marocco, Muhamad VI, contribuiscono a controllare il territorio, impedendo l’accesso alle frontiere «anche con retate nei boschi e distruzioni di accampamenti sul monte Gourougou, vicino a Melilla», come segnalò l’associazione Caminando fronteras sulla stampa spagnola a febbraio 2015. «Ogni tanto la polizia e i soldati si scomodano e salgono fin qui, vengono all’alba per sorprenderci quando dormiamo. Noi fuggiamo nel fitto della foresta e loro bruciano tutto, tende, coperte, telefonini... Bruciano il nostro niente», racconta uno dei tanti disperati in attesa di tentare l’ingresso in Spagna, nel libro Esodo. Storia del nuovo millennio di Domenico Quirico. «Il Marocco riceve 1 milione di euro al mese per controllare il flusso dei migranti», pubblica El Diario.es nel maggio 2015. «Tra il 2005 e il 2013 l’amministrazione spagnola ha speso 47 milioni di euro per rafforzare la barriera di Melilla, 25 milioni per quella di Ceuta e mantenerle in efficienza costerebbe 10 milioni l’anno», rivela l’associazione marocchina Gadem (Groupe antiraciste d’accompagnement et de défense des étrangers et migrants) nel suo rapporto a fine 2015. José María Vera, direttore general di Oxfam intermón, fondazione privata «che lotta per la giustizia e la pace», ricorda che la Spagna «ha ricevuto 485 milioni di euro dall’Unione europea per rafforzare le frontiere, a fronte dei 95 milioni previsti per accogliere rifugiati tra il 2015 e il 2016».
L’Italia, invece, nel biennio 2014-2015 ai 3,3 miliardi di euro per la gestione di arrivi e accoglienza ne ha aggiunti altri 1,6 per l’apparato amministrativo, le prestazioni sanitarie e l’inserimento scolastico dei minori.
Il governo spagnolo prosegue imperterrito e guarda solo ai risultati. Lo scorso anno, i tentativi di forzare i blocchi a Ceuta e Melilla si sono ridotti dei 67,8 per cento. Se nel 2013 gli immigrati che riuscirono a saltare la valla di Melilla furono 1.047 e 2.000 nel 2014, nel 2015 sono scesi a 15. Sive, Perseus, Closeye sono le sigle dei progetti spagnoli di sicurezza sulle coste, messi in atto lo scorse anno. Oltre agli 800.000 euro versati dal ministero dell’Interno spagnolo per favorire i rientro dei migranti, 3.154 marocchini dal 2013. Così, alle porte meridionali dell’Europa, la migrazione clandestini viene bloccata con successo.

BIGLIETTO DI RITORNO
Bella fatica, accusano i difensori dei diritti umani, che più volte denunciarono la pratica delle «espulsioni a caldo», ovvero i rimpatri immediati: migranti rispediti indietro senza nemmeno identificarli prima. Il rifiuto alla frontiera è stato legalizzato il 1° aprile 2015, con un emendamento alla legislazione spagnola sull’immigrazione. E continua senza soste. Anche alle Isole Canarie cantano vittoria. Dimenticata l’ondata di sbarchi del 2006, quando 31.678 subsahariani arrivarono a bordo di imbarcazioni di fortuna e la Spagna si trovò ad affrontare la cosiddetta crisis de los cayucos, altro termine usato per indicare le barche dei migranti. Allora il premier José Zapatero provò a reagire lanciando il Plan África, interventi umanitari e scambi economici con il continente africano per prevenire l’immigrazione, ma anche rafforzamento della sicurezza sulle coste spagnole ed espulsioni rapide di emigranti. I risultati si sono visti: nel 2015 le sette isole principali dell’arcipelago hanno fatto i conti con solo 875 irregolari, più del 196 per cento rispetto al 2014 (quando furono 296), ma meno 97,2 per cento rispetto al 2006.

PUGNO DI FERRO
Se le politiche contro l’immigrazione irregolare danno i loro frutti, altrettanto dura è la posizione della Spagna rispetto alle richieste d’asilo. L’ufficio statistico Eurostat ha calcolato che nel 2015 furono presentate 1.255.640 richieste d’asilo nei 28 Paesi Ue; in Spagna, a chiedere la protezione internazionale sono state 14.600 persone (soprattutto siriani, ucraini e palestinesi): un incremento del 167% rispetto all’anno precedente (5.460), ma appena l’1,2% in confronto ai dati europei. Cear, commissione spagnola di aiuto al rifugiato, nel suo rapporto Las personas refugiadas en España y Europa del 2016 dichiara: «Solo a 220 di questi 14.600 è stata riconosciuta la condizione di rifugiati, a 800 lo status di protezione sussidiaria. A nessuna delle 2.220 persone cui venne negata una forma di protezione internazionale, fu poi concesso un permesso di soggiorno per motivi umanitari».
In Italia, su 83.245 richieste d’asilo presentate nel 2015 (soprattutto da nigeriani, pakistani e provenienti dal Gambia), il 5 per cento ha ricevuto lo status di rifugiato, il 14 per cento la protezione sussidiaria, il 22 per cento la protezione umanitaria. Tra le richieste di asilo indirizzate al governo spagnolo, nessuna arrivò da subsahariani. Altro aspetto qualificante. Aperti a marzo 2015, gli uffici alle frontiere di Beni Enzar (Melilla) ed El Tarajal (Ceuta) sono off limits per gli africani, come segnala Soledad Becerril, difensore civico, carica istituzionale che in Spagna viene eletta da senatori e deputati. Per l’Agencia de la Onu para los refugiados (Acnur), la principale organizzazione al mondo impegnata in prima linea a salvare vite umane, tra gennaio e aprile 2015 furono registrate più di 1.500 domande di asilo alla frontiera spagnola, quasi tutte provenienti da siriani e da palestinesi. Nessuna da subsahariani, «africani» come i loro fratelli marocchini. «Non possono accedere agli uffici di Melilla perché le autorità marocchine bloccano loro l’accesso, così tentano di superare las vallas e di attraversare lo Stretto di Gibilterra a bordo di pateras», accusa la Ong. Il Salvamento maritimo, organismo spagnolo incaricato del salvataggio in mare, nel 2015 ha notato un aumento del 130 per cento del numero di pateras, le imbarcazioni di fortuna usate dai clandestini, arrivate sulle coste andaluse dal nord del Marocco.