Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport 7/10/2016, 7 ottobre 2016
DALLAPE’: «CANCELLATI TUTTI I RIMPIANTI. PER TANIA CI SARO’ SEMPRE»
Quando si cammina sulla terra dopo aver volato, si guarda il cielo perché là si è stati e là si vuole tornare. Leonardo Da Vinci non conosceva senz’altro la magia dei tuffi da un trampolino, ma per quattro anni Francesca Dallapé deve aver portato nel cuore quella frase, continuando a scrutare le altezze per trovare la forza di domarle, dopo la beffa di Londra. Mancava una medaglia a cinque cerchi e Rio ha colmato il vuoto con l’argento nei 3 metri sincro, rendendo l’alter ego di Tania Cagnotto una donna felice e appagata.
Francesca, si vive con più leggerezza dopo aver realizzato un sogno?
«Direi proprio di sì. La delusione di quattro anni fa aveva lasciato una bella cicatrice, adesso c’è la gioia di aver raggiunto un obiettivo fortemente desiderato. Quando ottieni ciò per cui hai lavorato tanto, ti senti completa e non hai più i rimpianti a farti compagnia».
Quando è cominciato a fiorire l’argento di Rio?
«Devo essere onesta, dopo che abbiamo ottenuto la qualificazione a febbraio in Coppa del Mondo. Perché rimanere giù dal podio quattro anni fa ha rappresentato una bella botta e per questo non è stato un quadriennio facile. Ma nel momento in cui abbiamo avuto la sicurezza del viaggio in Brasile, Tania e io abbiamo messo tutto quello che avevamo nell’allenamento e nelle gare di preparazione, sapevamo di non aver lasciato nulla al caso. Poi nei tuffi basta l’errore di un secondo per rovinare tutto, però eravamo consapevoli della nostra forza e dei nostri sforzi».
Ma gareggiare in due dimezza le responsabilità oppure le raddoppia?
«Le raddoppia, perché il tuo errore finisce per incidere sulla prestazione dell’altra. Quando mi hanno messo insieme alla Cagnotto dopo Pechino 2008, era una pressione che avvertivo molto, avevo paura di sbagliare e di rovinare la carriera di una campionessa».
Come ne è uscita?
«Grazie a Tania, che è mi è stata vicina fin dall’inizio con umiltà, mi ha sottratto ogni preoccupazione e mi ha stimolato a credere molto di più in me stessa. L’autostima che ho maturato negli anni deriva senz’altro dai suoi consigli».
E Francesca ha ricambiato?
«Con il mio entusiasmo contagioso, con la mia personalità vivace: ogni tanto Tania tendeva a chiudersi in se stessa, a volte era troppo concentrata sulla gara, io sono riuscita a farle sdrammatizzare i momenti decisivi. Una bella combinazione: adesso possiamo dire che nei tuffi siamo diventate una persona sola».
Conta davvero essere anche molto amiche?
«A noi ha aiutato, ci conoscevamo già da prima, ma le gare insieme hanno forgiato un legame strettissimo. Però quando ti tuffi sei sempre sola con te stessa, pensi alla tua esecuzione, a fare il meglio possibile per te. Per questo l’amicizia è fondamentale, perché accresce la fiducia reciproca».
Rio è stata la sua Olimpiade più bella?
«Si per il risultato, ma quella che mi è rimasta di più nel cuore è Pechino. Perché era la prima e perché ho trovato un’organizzazione perfetta».
Si ricorda le prime esperienze in piscina?
«Certamente, avevo quattro anni e mamma mi aveva portato a nuotare come si fa quasi sempre a quell’età. Solamente che a me, non so perché, da subito è piaciuto tuffarmi: entravo e uscivo dalla vasca, a me piaceva buttarmi, non fare chilometri. Così l’istruttore è venuto a casa mia e ha chiesto se potevano farmi provare i tuffi: si immagini lo stupore dei miei. Mia madre non sa nuotare neppure adesso...».
Cosa c’è nel futuro di Francesca?
«Dopo i Giochi, mi sono presa un po’ di tempo per pensare, non ho ancora diradato i dubbi, ma la priorità va alla famiglia. Se riesco, vorrei avere un figlio. E poi, chissà».
Lei si è sposata tre anni fa: ha dato consigli di vita matrimoniale a Tania?
«Credo non ne abbia bisogno (ride, ndr), visto che stando vicino a me in questi tre anni dovrebbe aver capito tutti i segreti tra moglie e marito. Scherzi a parte, noi ci saremo sempre una per l’altra».
La vedremo mai allenatrice?
«Per adesso non ci sono le condizioni, anche se le istituzioni a Trento hanno promesso che realizzeranno un polo per i tuffi. In quel caso, perché no».
Come sarannno i tuffi italiani dopo Cagnotto e Dallapé?
«Ci sono ragazzi promettenti, lasciamoli crescere bene senza troppe pressioni. Veniamo da anni di risultati enormi, non possiamo pensare che siano subito replicabili, anche perché i numeri dei praticanti sono ancora ridotti. Ma la sensibilità verso i tuffi è aumentata, stanno emergendo realtà nuove e i nostri tecnici hanno le competenze per creare un gruppo di alto livello».
C’è stato un momento in cui ha avuto nausea per il suo sport?
«Ho passato periodi brutti, soprattutto quando ero più giovane, ma non ho mai pensato di mollare. Certo, a volte di fronte a risultati negativi mi sono fatta delle domande, ma per carattere ogni delusione mi è servita per ripartire più forte di prima».
Ma dei tuffi le piace tutto?
«Sarò sincera, a me piace molto l’aspetto agonistico, cioè la gara e anche l’allenamento nell’acqua. Non amo la preparazione a secco, ma ahimé non posso sottrarmi».
Le dipingo questo quadro: Tania e Francesca, mogli e magari madri, di nuovo insieme sul trampolino a Tokyo 2020...
«Mai dire mai. Sicuramente, sarebbe un’altra bellissima esperienza».