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 2016  ottobre 07 Venerdì calendario

BATTIATO “PADRE” E ATTORE PER ACCETTARE LA FINE

Pochi sono i temi che accomunano creature d’ogni specie, razza e rango, avvicinandole fra loro in un abbraccio universale: la morte è certamente uno di questi, e Padre, l’ultimo film di Giada Colagrande, decide di affrontarlo con maturità tale da concepire il più estremo dei saluti “come una trasformazione e non una fine”.
Una visione ispirata alla regista da un artista del calibro di Franco Battiato, che, dopo ben 43 anni (da Baba Yaga di Corrado Farina, 1973), proprio con Padre torna alla recitazione: “Quando ho conosciuto Franco – racconta la regista di Padre – l’idea del trapasso dei miei cari mi terrorizzava. Franco mi ha fatto capire quanto invece è importante meditare sulla morte, tenerla sempre presente”. Annunciato il 4 ottobre in conferenza stampa per il messicano Festival del Cinema di Morelia, Padre è un film intimo, personale, tenuto adeguatamente lontano dai riflettori italiani: “Come molti sanno la Mostra del Cinema di Venezia per i film italiani purtroppo è un’arena. C’è una pressione da parte della stampa nostrana che trovo inutile e dannosa”, commenta la Colagrande. Oltre alla preziosa presenza di Battiato, che del film firma anche la colonna sonora, la pellicola annovera nel suo cast alcune delle figure più importanti del panorama artistico internazionale, partendo da Willem Dafoe, nel ruolo di un intimo amico del defunto padre della protagonista, a sua volta interpretata dalla stessa Colagrande, e proseguendo con Marina Abramovic, nei panni di una fin troppo assente madre. È Luna indiana, dell’album L’era del cinghiale bianco (1979), il brano di Battiato che, in versione quasi esclusivamente strumentale, la Colagrande ha scelto in qualità di leitmotiv dell’intera pellicola: “Luna indiana l’ho ‘sentita’ immaginando il film. Naturalmente è un brano che adoro, ma potrei dirlo di tutte le musiche di Franco”.
Ed è proprio il musicista siciliano a farsi interprete nel film della figura paterna: “Franco è stato da subito parte integrante della mia visione. La figura del padre ha assunto le sue sembianze. La storia mi è balenata nella mente all’improvviso, come sempre mi accade, in forma di visioni. L’ispirazione che la nutre ha però diverse fonti: dall’opera di artisti che amo a quella di mistici, filosofi e maestri di varie discipline esoteriche. In breve, le mie figure guida. In Padre più che mai ho usato quelle fonti come materiale”. Materiale utile a narrare, trasfigurandola cinematograficamente, la trama paterna dell’autrice, laddove la pellicola diviene al contempo proiezione e specchio dell’elaborazione del lutto della figura genitoriale: “Giada ha una capacità ossessiva di impregnare i suoi film dei suoi interessi e lotte interiori, senza sentimentalismi – osserva Willem Dafoe, marito della regista –. Ha chiesto aiuto a una comunità di amici e vicini di casa, gente di cinema e non, in particolare a Franco Battiato, un artista che ammiro profondamente. È stato il film più lontano dall’industria del cinema che io abbia mai fatto”. Ma Padre, per il celebre protagonista di pellicole come L’ultima tentazione di Cristo di Martin Scorsese (1988) e Pasolini di Abel Ferrara (2014), è già il quarto film nel quale viene diretto dalla moglie, in una collaborazione che più va avanti e meno necessita di parole o discussioni di vario genere: “Giada come autrice cresce di film in film – afferma Dafoe –, diventa più forte, il suo modo di fare cinema si delinea sempre più chiaramente. Di conseguenza discutiamo sempre meno”. Un padre, quello cinematografico, ispirato tanto da Franco Battiato quanto, afferma la regista, “da Paolo Lucarelli, conosciuto attraverso i racconti di Claudio Colombo, il mio co-sceneggiatore, e da molti considerato il più importante alchimista italiano della seconda metà del Novecento”. Un genitore tanto vicino quanto lontano, una figura paterna tanto nota quanto ignota a una figlia che, nel corso del film, ci si avvicina grazie a una serie di carteggi trovati quasi per ‘fortuite coincidenze’: “Le lettere sono tratte da ‘Lettere Musulmane’, libro straordinario di Paolo Lucarelli, appunto. Le riflessioni che contengono, in forma di domande che uno studioso pone al suo Maestro, sono così essenziali che sembrano appartenere a qualunque ‘uomo in cerca’”.
Dopo il Festival del Cinema di Morelia, Padre sarà a novembre in Portogallo per il Lisbon & Estoril Film Festival. Nel frattempo, Willem Dafoe si prepara a un buon numero di progetti futuri: “Per un attore la flessibilità è tutto – afferma il Goblin dello Spider Man di Sam Raimi (2002) -, intesa come fluidità, non solo versatilità. A dicembre lavorerò con Romeo Castellucci a una pièce ispirata a Il velo nero del pastore di Nathaniel Hawthorne, cosa di cui sono molto entusiasta”. Come ci rivela poi Giada Colagrande, Dafoe reciterà anche nel suo prossimo lavoro: “Sto preparando un film da girare in Brasile: Tropico. Da una sceneggiatura di Barry Gifford, con Willem nei panni del protagonista maschile”.