Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  ottobre 06 Giovedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - BOOM DI ITALIANI ALL’ESTERO


REPUBBLICA.IT
ROMA - Anche per i millennials arriva l’ora di emigrare dall’Italia. Nei dati del rapporto ’Italiani nel mondo 2016’ redatto dalla Fondazione Migrantes e presentato oggi, fanno irruzione i giovani che erano appena nati o adolescenti allo scoccare del Duemila. Oggi che hanno tra i 18 e i 32 anni si trovano protagonisti dei nuovi flussi migratori. Ma a differenza della generazione precedente rivendicano che non è una fuga ma "una scelta per coltivare ambizioni e nutrire curiosità".

Di certo, la fascia anagrafica che va tra la maggiore età e i 34 anni è quella che è più soggetta all’emigrazione. Raccoglie infatti oltre un terzo degli italiani residenti all’estero ed è quella in cui si registra il picco di partenze anche nel 2015. E a seguire, nella graduatoria di chi è emigrato nell’ultimo anno, c’è la fascia appena superiore, che arriva ai 49 anni: sommandole, si scopre che le persone maggiorenni con meno di 50 anni costituiscono la metà degli italiani che hanno portato la residenza oltre confine da gennaio a dicembre 2015. “Il grave problema dell’Italia di oggi è proprio l’incapacità di evitare il depauperamento dei giovani e più preparati a favore di altri Paesi”, commenta la Fondazione Migrantes nella premessa del rapporto.

UN ITALIANO SU 12 VIVE ALL’ESTERO - In totale, il conteggio dei connazionali residenti all’estero ha raggiunto al 31 dicembre 2015 quota 4.811.163 (in dieci anni la mobilità italiana è aumentata del 54,9%), un dato che rispetto all’anno precedente è più alto del 3,7 per cento. Significa che poco più di un italiano su 12 è emigrato. E il 50 per cento di questa diaspora ha origini meridionali: ci sono comuni come Licata e Favara, entrambi in Sicilia, nei quali più del 40 per cento dei cittadini è ormai residente all’estero. Nell’ultimo anno, 107.529 italiani hanno lasciato il Paese, diecimila in più rispetto all’anno prima. Aumenta poi la percentuale di chi parte per non tornare: il saldo migratorio tra chi rimpatria e chi parte, che era rimasto quasi costante nel primo decennio del millennio, sta subendo una brusca virata in negativo.

NEL REGNO UNITO PER STUDIARE – Tra le destinazioni predilette dai più giovani c’è il Regno Unito, meta preferita per chi vuole studiare. Ma la terra d’Oltremanica prima della Brexit conservava una capacità attrattiva anche per le altre fasce d’età, attestandosi al terzo posto nel conteggio della crescita annuale e al settimo posto complessivo nella graduatoria degli iscritti all’anagrafe degli italiani residenti all’estero, preceduto da Germania, Svizzera, Francia, Brasile e Belgio. A prevalere è invece l’Argentina, che risulta aver ospitato nel 2015 783mila italiani con un aumento record di ventinovemila unità rispetto all’anno precedente. Impennata alla quale tiene testa solo il Brasile, dove – allargando l’orizzonte temporale – si scopre che in dieci anni gli italiani sono aumentati del 151 per cento arrivando a contare 373mila residenti. E sempre nell’arco di un decennio è imponente anche il dato della Spagna che ha visto aumentare la presenza italica di oltre due volte e mezzo, anche se in termini assoluti si tratta di 143mila cittadini.

In questo senso, però, proprio i millennials segnano una novità: “La loro mobilità – fa rilevare il rapporto Migrantes – è in itinere e può modificarsi continuamente perché non si basa su un progetto migratorio già determinato ma su opportunità lavorative sempre nuove”. I millennials, sottolinea la fondazione che fa capo ai vescovi italiani, “cercano di mettersi alla prova, hanno voglia di nuove e migliori condizioni lavorative, puntano a conoscere e scoprire”. Sono, insomma, la “prima generazione mobile”. E il 43 per cento di loro afferma di considerare questo status come “unica opportunità di realizzazione”.

I DOPPI MIGRANTI – Se i millennials sono l’immagine dell’emigrante single, l’altra faccia nuova dell’emigrazione dall’Italia è costituita dai padri di famiglia che il rapporto Migrantes definisce “doppi migranti”: si tratta di coloro che sono
arrivati in Italia da altri Paesi, si sono fermati almeno dieci anni acquisendo la cittadinanza e ora però decidono di partire per cercare fortuna altrove. Si tratta in particolare di persone originarie del Bangladesh. E la loro meta prediletta è ancora il Regno Unito.

CORRIERE.IT
Via dall’Italia, sempre di più. Tantissimi i giovani, quelli maggiormente preparati. Sono 107.529 i connazionali espatriati nel 2015. Rispetto all’anno precedente a iscriversi all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire) sono state 6.232 persone in più, per un incremento del 6,2%. Hanno fatto le valige soprattutto i giovani tra i 18 e i 34 anni (39.410, il 36,7%); la meta preferita è stata la Germania (16.568), mentre Lombardia (20.088) e Veneto (10.374) sono le principali regioni di emigrazione. Lo rileva il rapporto «Italiani nel mondo 2016» presentato giovedì a Roma dalla Fondazione Migrantes. Cifre riguardo le quali è intervenuto anche il Capo dello Stato Mattarella per il quale «i nostri giovani devono poter andare liberamente all’estero, così come devono poter tornare a lavorare in Italia, se lo desiderano, e riportare nella nostra società le conoscenze e le professionalità maturate».

Sempre di più all’estero

Insomma, la foto di gruppo è questa: aumentano gli italiani residenti all’estero. Al primo gennaio 2016 sono più di 4,8 milioni (4.811.163), con una crescita del 3,7% rispetto l’anno precedente (+174.516 unità). Dal 2006 al 2016 la mobilità italiana è aumentata del 54,9%: dieci anni fa i connazionali residenti in terra straniera erano poco più di 3 milioni. L’incremento - si legge nel rapporto - in valore assoluto ha riguardato tutti i continenti e tutti gli Stati soprattutto quelli che accolgono le comunità più numerose di italiani come Argentina, Germania e Svizzera. Tuttavia le variazioni più significative degli ultimi 11 anni hanno riguardato la Spagna (+155,2%) e il Brasile (+151,2%). A oggi oltre la metà dei cittadini all’estero (53,8%) risiede in Europa (oltre 2,5 milioni), mentre il 40,6% in America. Il 50,8% è originario del Sud Italia. Le donne sono il 48,1%.

Mattarella: «Italiani migranti talvolta segno d’impoverimento»

Per il Capo di Stato «la mobilità dei giovani italiani verso altri Paesi dell’Europa e del mondo è una grande opportunità, che dobbiamo favorire, e anzi rendere sempre più proficua. Che le porte siano aperte è condizione di sviluppo, di cooperazione, di pace, di giustizia. Dobbiamo fare in modo che ci sia equilibrio e circolarità. I nostri giovani devono poter andare liberamente all’estero, così come devono poter tornare a lavorare in Italia, se lo desiderano, e riportare nella nostra società le conoscenze e le professionalità maturate». È quanto afferma Sergio Mattarella in un messaggio inviato a monsignor Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes della Cei. «I flussi migratori che guardano oggi all’Europa e agli Stati Uniti - osserva Mattarella - hanno una portata di durata epocale. Affrontarli con intelligenza e con visione è necessario per costruire un mondo migliore con lo sviluppo dei Paesi di origine. La conoscenza e la cultura hanno un grande compito: aiutarci a vivere il nostro tempo cercando di essere costruttori e artefici di uno sviluppo sostenibile, che ponga al centro il valore della persona umana». «La nostra cultura, del resto - conclude il Presidente - è anche l’immensa ricchezza che gli italiani, nel tempo, hanno seminato nel mondo, abbellendo e rendendo più prosperi tanti territori nei diversi continenti. E questa cultura è poi tornata, accresciuta, nella nostra comunità». «Oggi il fenomeno degli italiani migranti ha caratteristiche e motivazioni diverse rispetto al passato. Riguarda fasce d’età e categorie sociali differenti. I flussi tuttavia - si legge nella nota del Colle - non si sono fermati e, talvolta, rappresentano un segno di impoverimento piuttosto che una libera scelta ispirata alla circolazione dei saperi e delle esperienze».
shadow carousel


I dati

Nello specifico, al 1 gennaio 2016 gli iscritti all’Aire sono 4.811.163, il 7,9 per cento dei 60.665.551 residenti in Italia secondo il Bilancio demografico nazionale dell’Istat aggiornato a giugno 2016. La differenza, rispetto al 2014, è di 174.516 unità. «La variazione, che nell’ultimo anno corrisponde al 3,7 per cento - si legge nel rapporto - sottolinea il trend in continuo incremento del fenomeno non solo nell’arco di un tempo, ma anche nell’intervallo da un anno all’altro». Il rapporto, ricorda inoltre che da gennaio a dicembre 2015 le iscrizioni all’Aire sono state 189.699. Di queste oltre la meta’ (il 56,7 per cento) sono avvenute per solo espatrio. In altri termini, nell’ultimo anno, 107.529 italiani hanno lasciato il Paese alla volta dell’estero

Le variazioni

Rispetto al 2015 si registrano 6.232 partenze in piu’. Il 69,2 per cento (quasi 75 mila italiani) si e’ trasferito nel Vecchio Continente: l’Europa, quindi, si conferma essere l’area continentale maggiormente presa in considerazione dai trasferimenti degli italiani che vanno oltre confine. In brusca riduzione, invece, l’America meridionale (-14,9 per cento di variazione in un anno ovvero piu’ -2.254 italiani in meno nell’ultimo anno). Stabile l’America centro-settentrionale e solo 352 connazionali in piu’ in un anno per le altre aree continentali contemplate dall’Aire (Asia, Africa, Australia, Oceania, Antartide). Su 107.529 espatriati nell’anno 2015, i maschi sono oltre 60 mila (56,1%). L’analisi per classi di eta’ mostra che la fascia 18-34 anni e’ la piu’ rappresentativa (36,7 per cento) seguita dai 35-49 anni (25,8%). I minori sono il 20,7% (di cui 13.807 mila hanno meno di 10 anni) mentre il 6,2% ha piu’ di 65 anni (di questi 637 hanno piu’ di 85 anni e 1.999 sono tra i 75 e gli 84 anni). Tutte le classi di eta’ sono in aumento rispetto allo scorso anno tranne gli over 65 anni (erano 7.205 nel 2014 sono 6.572 nel 2015).

L’Europa

A livello continentale, oltre la meta’ dei cittadini italiani (+2,5 milioni) risiede in Europa (53,8 per cento) mentre oltre 1,9 milioni vive in America (40,6 per cento) soprattutto in quella centro-meridionale (32,5 per cento). In valore assoluto, le variazioni piu’ consistenti si registrano, rispettivamente, in Argentina (+28.982), in Brasile (+20.427), nel Regno Unito (+18.706), in Germania (+18.674), in Svizzera (+14.496), in Francia (+11.358), negli Stati Uniti (+6.683) e in Spagna (+6.520). Inoltre, il rapporto Migrantes ricorda che il 50,8 per cento dei cittadini italiani iscritti all’Aire e’ di origine meridionale (Sud: 1.602.196 e Isole: 842.850), il 33,8 per cento e’ di origine settentrionale (Nord Ovest: 817.412 e Nord Est: 806.613) e, infine, il 15,4 per cento e’ originario del Centro Italia (742.092). A livello regionale le percentuali piu’ incisive riguardano la Lombardia (+6,5 per cento), la Valle d’Aosta (+6,3%), l’Emilia Romagna (+6 per cento) e il Veneto (+5,7 per cento). A livello provinciale torna il protagonismo del Meridione. Tra i primi dieci territori provinciali, infatti, sette sono del Sud Italia. Ad esclusione della Provincia di Roma, in prima posizione, seguono infatti Cosenza, Agrigento, Salerno, Napoli, Milano, Catania, Palermo, Treviso e Torino.

DANILO TAINO


«Eh sì, mio figlio lavora in Germania», era la frase che si sentiva spesso, nei decenni passati: le madri, un po’ tristi e un po’ orgogliose, mettevano la loro bandierina su una mappa ideale, su quel Paese per lo più sconosciuto, un po’ torvo e minaccioso ma con muscoli industriali e opportunità. Era il tempo in cui la Volkswagen apriva centri di reclutamento per operai nelle città italiane. Oggi è diverso, ma poi non troppo. Non è più solo il figlio a partire: anche la figlia. E il centro di reclutamento non serve più: internet, un volo low-cost e Monaco, Amburgo, Stoccarda, Düsseldorf. Oppure Berlino se la ragazza è creativa. Ma è sempre la Germania ad attrarre. Perché? Più motivi, naturalmente. Il primo è la disoccupazione è attorno al 6%, poco più della metà di quella italiana. Il mercato del lavoro, le aziende che cercano di assumere sono la prima ragione. Indiscutibile.

In Germania c’è una carenza strutturale di lavoratori con alte competenze in parecchi settori. Dall’ingegneria alla medicina. I giovani italiani sono in genere preparati. E, quando possono farlo, lavorano sul serio. Spesso, tappeti rossi.

Il senso di sicurezza economico. Non si emigra in un Paese, con le difficoltà e gli ostacoli da superare che ciò comporta, se non si pensa che, almeno in teoria, il passaggio possa dare una certa stabilità. Della stabilità, la Germania fa quasi un feticcio. E se c’è un Paese al mondo per il quale si può pensare a un’economia (e dunque a un lavoro) che meno di altri è soggetto agli alti e ai bassi delle congiunture quello è la Repubblica federale.

Le condizioni di lavoro, anche nelle fabbriche, sono buone. I contratti vengono rispettati, i licenziamenti ci sono solo per crisi gravi ma la protezione sociale è consistente, gli aumenti salariali non sono straordinari ma, a parte gli anni di piena crisi, arrivano con una certa regolarità. I sindacati hanno un ruolo forte.

La lingua è difficile. Ma le comunità italiane sono massicce e hanno costruito ambienti che ricostruiscono pezzi di Italia. Non è solo il ristorante. È la cultura italiana che ha attecchito, sono i posti di ritrovo. Ed è il rispetto che i tedeschi oggi hanno per gli italiani: sono finiti gli anni dell’emarginazione e di un certo razzismo.] a lingua è difficile. Ma le comunità italiane sono massicce e hanno costruito ambienti che ricostruiscono pezzi di Italia. Non è solo il ristorante. È la cultura italiana che ha attecchito, sono i posti di ritrovo. Ed è il rispetto che i tedeschi oggi hanno per gli italiani: sono finiti gli anni dell’emarginazione e di un certo razzismo.

[Esplora il significato del termine: La creatività dei giovani italiani è apprezzata e richiesta. Non sono tanto e solo il design, la moda, la cucina: è l’approccio problem solving, anche nelle crisi inaspettate, che li rende utili in un Paese molto organizzato e spesso, però, rigido. Italia e Germania sono complementari] La creatività dei giovani italiani è apprezzata e richiesta. Non sono tanto e solo il design, la moda, la cucina: è l’approccio problem solving, anche nelle crisi inaspettate, che li rende utili in un Paese molto organizzato e spesso, però, rigido. Italia e Germania sono complementari