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 2016  ottobre 05 Mercoledì calendario

I SIGNORI CHE RISCUOTONO LE TASSE GUADAGNANO ANCHE 240.000 EURO


Vogliono sapere tutto dei nostri guadagni. Utilizzano ogni tipo di diavoleria informatica, incrociano informazioni, accedono a ogni banca dati, cercano incongruenze nel nostro stile di vita. Ma i loro stipendi, no, quelli non si possono sapere. Succede anche questo nell’Italia del Fisco più oppressivo d’Europa.
Da qualche giorno stiamo pubblicando le retribuzioni dei dirigenti della Pa, che in nome della legge sulla trasparenza sono diventati pubblici dal 2013. E in molti si sono adeguati. Anzi quasi tutti. Meno che all’Agenzia delle entrate. Andando su Internet e digitando la voce «amministrazione trasparente» si arriva in due o tre clic ai dati retributivi dei dirigenti. Peccato che non siano quelli dei singoli, ma lo schema generale valido per tutti e 38 quelli di prima fascia. Da esso apprendiamo che tra stipendio tabellare e retribuzione di posizione fissa incassano 91.697,09 euro lordi. La retribuzione variabile (contrattata singolarmente) oscilla invece tra i 34.218,10 euro e i 163.729; la retribuzione di risultato va da 27.887,68 a 107.981,43. L’ufficio stampa informa che lo stipendio massimo è quello erogato al direttore Rossella Orlandi: 207.680 euro. I dirigenti di seconda fascia sono in tutto 346 e sono suddivisi in quattro livelli. Hanno uno stipendio base di 55.466,51, una retribuzione variabile con un tetto di 33.569,70 e una retribuzione di risultato al massimo di 25.483,11. Calcolando il totale un direttore di seconda fascia può guadagnare 114.519,32 euro. In realtà gli assegni possono essere ben superiori. Per esempio i direttori provinciali di Trento e Bolzano e i direttori regionali della Valle d’Aosta e del Molise percepiscono una retribuzione di risultato più alta rispetto a quella indicata in tabella che può arrivare a 32.667,77, oltre 7.000 euro in più dei colleghi meno fortunati. Dalle Entrate ci fanno sapere che il salario più alto è di 123.960 euro, quello più basso di 67.860. In realtà i dirigenti esterni possono percepire sino a 35.000 euro in più e arrivare a 150.000.
In questi mesi l’Agenzia, dopo la sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato illegittimi i dirigenti senza concorso, sta ovviando il problema in un modo molto particolare: sta collocando in aspettativa i suoi funzionari per riassumerli come dirigenti esterni (art. 19 comma 6 del decreto legislativo 165/2001) con retribuzioni triplicate, esattamente come ha fatto il sindaco Virginia Raggi con Gaetano Romeo e per questo ha subito mille attacchi, la censura dell’Anac e ha dovuto fare marcia indietro. All’Agenzia delle entrate invece si può fare. A beneficarne sono, tra gli altri, Emiliana Bandettini, vice direttore dell’Accertamento; il capo ufficio grandi contribuenti della Lombardia (Francesca Catola), il portavoce del direttore, Sergio Mazzei, il capo ufficio investimenti, Gaetano Scala, il capo ufficio cooperative compliance, Marco Zanetti.
Nel frattempo Mazzei, a seguito delle nostre mail di protesta per il mancato rispetto della legge sulla trasparenza, ha promesso che nei prossimi giorni anche l’Agenzia delle entrate si adeguerà e pubblicherà l’elenco completo con le singole retribuzioni dei dirigenti. Meglio tardi che mai. Sono un po’ più trasparenti i cugini di Equitalia, gli esattori del Fisco. Qui le retribuzioni dei singoli dirigenti si possono rintracciare, anche se bisogna avere la pazienza di memorizzare i nomi dei dirigenti e inserirli in un apposito motore di ricerca uno ad uno per sapere quanto guadagnino. Noi lo abbiamo fatto per ben 95 volte. «Il primo novembre sarà completato il restyling del portale e si potrà trovare l’elenco completo all’interno di un’unica tabella» giura il capo ufficio stampa Giovanni Bartoloni. Intanto scorriamo la nostra lista artigianale: in cinque hanno superato nel 2015 i 200.000 euro lordi di stipendio. Sono, in ordine di ricchezza, l’ex amministratore delegato Benedetto Mineo (240.000), Carlo Lassandro (231.049,94), il capo della normativa Renato Raffaele Vicario (219.508,94), Luciano Mattonali (218.991,94) e Marco Balassi (216.887,03). Solo 19 di loro intascano meno di 100.000 euro. Lo stipendio medio dei 95 dirigenti nel 2015 è stato di 129.715,79 euro. L’amministratore delegato presidente, ovvero il tributarista renziano Ernesto Maria Ruffini, ha percepito 99.255 euro nel secondo semestre del 2015, 92.000 nei primi sei mesi del 2016, mentre ha rinunciato all’appannaggio del presidente, consistente in 60.000 euro.
Anche a Equitalia i dipendenti sono assunti senza concorso, compresi i dirigenti. Prima di luglio erano, come detto, 95 ora sono 91, compresi i sette di Equitalia giustizia. La loro retribuzione fino a giugno 2016 aveva due voci: fisso e variabile legato agli obiettivi. Dal primo luglio, invece, si è passati a un nuovo modello che comprende: il fìsso, il variabile legato al ruolo e quindi il variabile legato agli obiettivi raggiunti. L’anno scorso il 2,5 per cento dei dirigenti ha fatto bingo e si è portato a casa il massimo dei premi, compresi quelli legati alla riscossione. Più spremi il contribuente e più guadagni.
Ma a Equitalia non ci stanno a passare da brutti e cattivi: «Con la riforma è previsto un risparmio sugli stipendi dei dirigenti di 2 milioni di euro in un anno. Inoltre prima i cda erano tre, ora è uno solo e i suoi cinque componenti non incassano quasi nulla. Infatti o hanno rinunciato ai 18.000 euro di rimborso o non li percepiscono in quanto dirigenti pubblici». A Equitalia ammettono che c’erano molti privilegi da tagliare e che Ruffini & c. hanno iniziato a farlo: è stata eliminata la vecchia flotta di 68 auto in dotazione ai dirigenti (risparmio 600.000 euro), eliminate le carte di credito, mentre i soggiorni in albergo ora hanno un tetto di 100 euro a notte nelle grandi città e di 90 nelle altre. Anche mangiare nei ristoranti per i «vampiri» di Equitalia è ora un po’ meno gratificante. Possono spendere «solo» 36 euro a pasto.