Franco Fiocchini, Corriere della Sera 3/10/2016, 3 ottobre 2016
LA LUNGA CORSA DEL MEDIANO SCELTO MAGNANELLI
Dalla C2 è arrivato in serie A e in Europa League eppure continua a usare la bici per andare agli allenamenti. Una vita da mediano, sempre di corsa, quella di Francesco Magnanelli da Umbertide (Perugia), 32 anni a novembre, alla sua tredicesima stagione con il Sassuolo. Se Domenico Berardi è l’uomo copertina di questo club, lui è l’anima e il cuore: «Trascina più l’esempio della parola e io non mi tiro mai indietro».
La sua storia, o favola per chi ci crede ancora, è un mix di dedizione al lavoro, equilibrio, mentalità vincente e tanta voglia di non mollare mai. Il debutto di Magnanelli è stato a Gubbio, serie C2, stagione 2000-01. «A 16 anni ero in prima squadra e ho pensato subito di poter fare il calciatore. Poi, però, è arrivato un periodo difficile: giocavo poco e solo nelle squadre Primavera: ho iniziato ad avere qualche dubbio sul mio futuro».
Sono stati anni complicati per uno che voleva fare il calciatore ma non riusciva a trovare squadra neppure in C2. «Il Sassuolo fu l’unico club che mi contattò: era il 2005, abbiamo vinto subito il campionato e mi sono reso conto che potevo stare anche in una categoria superiore. Poi con l’arrivo di Massimiliano Allegri in panchina abbiamo conquistato la serie B».
Ormai la strada di Magnanelli non era più in salita anche perché aveva trovato una società che, come lui, voleva continuare a crescere: prima la seria A, ora l’Europa League. «Non siamo ancora arrivati all’apice, possiamo alzare l’asticella: però servono l’intelligenza e la grande organizzazione di questa società. Altro che miracolo: qui non è piovuto niente dal cielo. Il Sassuolo non aveva storia ma con lavoro, impegno e idee si è dato una grande organizzazione. Ed è arrivato dove era impensabile sino a qualche anno fa, perché ha sempre scelto giocatori, tecnici e dirigenti anche in base alle loro doti etiche e morali».
I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Riconosciuti i grandi meriti del patron Giorgio Squinzi, resta da valutare quanto ha inciso Eusebio Di Francesco nella crescita della squadra: «Sono molto orgoglioso di lavorare con lui: è un grande allenatore, il migliore tra quelli che ho avuto. A volte il mister è quasi maniacale e ripetitivo in allenamento, però in partita ognuno di noi sa sempre come posizionarsi in campo e cosa fare. Lui è molto bravo a esaltare i pregi dei giocatori e a nascondere i difetti». Di Francesco, insomma, è pronto, per un grande club? «Uno come lui può fare grandi cose sempre, però deve avere giocatori generosi, disponibili a mettere la loro qualità al servizio dell’organizzazione di gioco, altrimenti meglio puntare su uno come Allegri, molto bravo a gestire i grandi campioni».
Campioni si nasce, ma buoni giocatori si diventa solo passando dalle serie minori: Magnanelli ne è convinto, forte della sua esperienza personale. «È sempre più difficile per un ragazzo, a parte rare eccezioni, arrivare in prima squadra direttamente dalla Primavera. Per crescere davvero serve calpestare l’erba dei campi di provincia. Meglio giocare 30 partite in Lega Pro che un paio in A. E serve soprattutto la testa, che fa sempre la differenza anche per giocare a calcio».