Umberto Zapelloni, La Gazzetta dello Sport 1/10/2016, 1 ottobre 2016
TODT: «CALMA FERRARI, SCHUMI IMPIEGO’ 5 ANNI» – A Jean Todt piace viaggiare. E non solo con la fantasia
TODT: «CALMA FERRARI, SCHUMI IMPIEGO’ 5 ANNI» – A Jean Todt piace viaggiare. E non solo con la fantasia. Il presidente della Fia, la Federazione Internazionale dell’Auto, racconta di passare in giro per il mondo il 55% del suo tempo e di dividere il restante tra Parigi e Ginevra. Non lo fa per passione, ma perché il suo ruolo adesso è anche quello di inviato speciale dell’Onu per la sicurezza stradale, ruolo che ricopre con l’impegno con cui ha percorso tutta la sua vita. Non si risparmia. E non ha intenzione di fermarsi. Tra un anno scadrà il suo mandato in Fia, ma visto che il regolamento lo consente, preparatevi a un Todt III, come Napoleone. «La mia battaglia più importante è cercare di salvare più vite possibili sulle strade. Non ho deciso se mi ricandiderò, ma sono ancora molto motivato...». Presidente, sappiamo che preferirebbe parlare di sicurezza stradale e di vite da salvare, ma intanto ci dica come sta, secondo lei, la Formula 1? «Penso che la Formula 1 sia in una buona forma. Spesso se ne parla male, ma secondo me è una disciplina che funziona bene. Certo, c’è un dominio importante della Mercedes che toglie un po’ di suspence, ma è sempre stato così. Prima avevano dominato la Red Bull e la Ferrari e prima ancora Williams, McLaren, Lotus...». Ha già dei rapporti con i nuovi proprietari americani? «Ho incontrato una volta Chase Carey che è venuto a presentarsi da me a Ginevra». Pensa che porteranno molti cambiamenti? «Dovremmo discuterne. Il loro ruolo è di essere i promotori del campionato di F1. Parleremo delle loro intenzioni, quello che è importante è garantire la governance che è responsabilità della Fia. Cercheremo di lavorare in armonia con le squadre e i promotori». Le regole, insomma, sarà sempre la Fia a stabilirle? «Nessuno può pensare di fare da solo. Abbiamo una governance triangolare composta da Fia, promotori e scuderie. Noi abbiamo la responsabilità di farla applicare». Tutte le novità andranno decise insieme non potranno essere imposte dai nuovi proprietari? «Esatto, basta leggere i regolamenti». Pensa che questa sia davvero la fine dell’era Ecclestone? «Ecclestone finora ha fatto un lavoro straordinario ed è sempre coinvolto. Vediamo. C’è sempre una fine nei cicli. Ormai ha una certa età, ha deciso di vendere il business, poi lo ha rivenduto e i nuovi proprietari hanno scelto un presidente operativo. Noi verificheremo come stanno le cose». Cosa si può fare per riavvicinare la F.1 ai giovani? Basterà lavorare sui social media o ci vorrà un intervento più profondo? «La comunicazione sta cambiando a tutti i livelli. Non ne è colpita soltanto la Formula 1. Oggi gli interessi dei giovani sono cambiati. In Giappone mi raccontavano che la domenica non escono più perché preferiscono stare davanti a un computer. È cambiato il modo di accedere a uno spettacolo, non solo alla Formula 1. È cambiato il modo dì fruire uno sport, sia esso il calcio o il tennis... La Formula 1 non ne ha tenuto conto abbastanza. E da questo punto di vista il nuovo socio potrebbe avere a disposizione dei mezzi interessanti». La MotoGP offre uno spettacolo più accattivante, soprattutto per i giovani. Può essere un esempio? Gare più brevi potrebbero essere una soluzione? «La MotoGP è interessante, ma non è paragonabile alla F.1. È vero, hanno avuto tanti vincitori diversi quest’anno, ma alla fine per il campionato lottano sempre gli stessi: Valentino, Marquez o Lorenzo». I piloti di oggi sono considerati eroi come un tempo oppure hanno perso quel fascino? «Per fortuna oggi la Formula 1 è più sicura. La gente non considera più l’automobilismo come uno sport pericoloso e questo ha cambiato il rapporto del pubblico con i piloti». Piloti che sono anche molto, troppo, distanti dal pubblico? «Penso che un eroe sportivo non debba essere troppo raggiungibile. Va visto un po’ da lontano, va mitizzato. Per me anche oggi ci sono dei piloti mitici, ma il loro rapporto con il pubblico è diverso e ogni pilota ha il suo account Twitter o Instagram con cui dialoga con i fan. È un mondo cambiato dalla rivoluzione tecnologica». Chi vincerà tra Rosberg e Hamilton? «Non è il mio ruolo fare pronostici. Io mi auguro solo un bel campionato, pulito fino all’ultima gara». Non è il suo ruolo, ma è il suo passato: come giudica la stagione della Ferrari? «La gente è molto severa nei confronti della Ferrari. La Ferrari è protagonista da anni. La Ferrari di oggi è molto più avanti rispetto a quella che ho trovato io nel 1993 e diversa anche da quella che ho lasciato nel 2009. Sono mondi diversi a livello di struttura e di mezzi. La Ferrari non è riuscita a essere competitiva abbastanza da battere prima la Red Bull e poi la Mercedes, ma è sempre protagonista. Quando arrivai io non lo era». Sta meglio di come stava quando arrivò lei? «Non c’è paragone. Ricordiamoci che Michael Schumacher arrivò nel 1996 e per vincere il Mondiale piloti abbiamo dovuto aspettare il 2000». Un giovane come Verstappen, molto irriverente nei confronti dei vecchi è un bene o un pericolo? «È aggressivo, bravo, senza scrupoli, ma è controllato. Se sbaglia è penalizzato come tutti. ha gran talento e guida una grande macchina. Sono convinto che abbia un gran futuro davanti se continuerà a guidare una buona macchina». Per Enzo Ferrari macchina e pilota contavano 50% e 50% per il risultato finale. Non è più cosi? «Da quando sono coinvolto in Formula 1 la macchina è sempre la priorità. Bisogna avere pilota, macchina e squadra. Solo così si vince. Michael arrivò alla Ferrari dopo aver vinto due Mondiali di fila. Al suo primo anno con grande difficoltà vinse tre gare. Non per colpa del pilota... non aveva la macchina, non c’era la squadra». Il cambiamento regolamentare dell’anno prossimo rivoluzionerà i giochi? «Credo che i migliori rimarranno i migliori. Ma lo spettacolo sarà diverso, avremo motori più potenti, gomme più larghe, macchine più veloci di 4 secondi al giro. E per i piloti dovrebbe essere più difficile è impegnativo guidare». Ha parlato di Michael. Ha qualche buona notizia? «Niente da dire». Preghiere e non parole.