Alessandra Bocci, La Gazzetta dello Sport 1/10/2016, 1 ottobre 2016
FERLAINO: «BRAVO AURELIO» – Palazzo D’Avalos è splendido, però necessita di una ristrutturazione
FERLAINO: «BRAVO AURELIO» – Palazzo D’Avalos è splendido, però necessita di una ristrutturazione. «Prego, di qua, c’è un po’ di polvere, mi scusi». A 85 anni, l’ingegnere è ancora al lavoro. L’inquilino arriva a discutere di Juve e a lamentarsi del centrocampo senza Pogba, poi del Napoli che prende gol nel finale. «Eh, basta, parliamo d’altro». Un momento di civetteria. Corrado Ferlaino ha il pallone nel sangue. «Per le donne e le macchine ormai sono vecchio. Mi restano Napoli e il calcio». Papà repubblicano, però lei mise gli stemmi monarchici sugli abbonamenti. «Sono innamorato della città, una capitale dal 1200, più o meno. Angioini, Aragonesi, Borboni...Poi dicono che i napoletani sono furbi. Ma se ci siamo fatti fare fessi da Cavour». Scherza, ride. È un gentiluomo che ricorda un altro calcio. «Ha presente quel film, Benvenuti al Sud? Dicevano: “Chi arriva al sud piange due volte, quando arriva e quando deve andare via”. È vero, e glielo dice uno di madre milanese che ha vissuto anche a Milano». I tifosi l’hanno anche contestata duramente. «Fa parte del gioco, ma Napoli mi vizia. Fuori da Napoli non sarei nessuno». La prima partita del Napoli che ha visto? «Allo stadio Ascarelli con mio padre. Ero bambino, andavamo al pranzo domenicale dai parenti che vivevano lì vicino e poi alla partita. Allora c’erano dilettantismo e passione. ora si tende a dimenticare la passione e il pubblico. Il pubblico è un attore fondamentale, se gli stadi sono brutti e vecchi la gente preferisce la tv». Lei non va più allo stadio? «Ho calcolato di aver visto 2.000 partite dal vivo. Ho già dato». L’Avvocato e il Dottore, protagonisti nella sua epoca. Chi era il suo vero rivale? «Bella domanda. La Juve per i napoletani è il primo avversario, ma per qualche anno fu il Milan il nostro vero rivale». Ricordi dell’Avvocato? «Juve-Napoli, una volta che finì 3-1 per il Napoli. Mi volle accanto a lui, il che non era usuale, e continuava a dirmi “La sua squadra è fortissima”. Io ero in trance, dovette ripeterlo più volte. Alla fine lo ringraziai». Forse la stava blandendo per avere Maradona. «Guardi, Tapie mi voleva dare un assegno in bianco per portare Diego al Marsiglia: non l’ho nemmeno ricevuto. Diego se ne voleva andare e io gli ricordai che aveva un contratto. Mi rispose: “Obbedisco”. Una volta era così, ora i club sono sotto scacco perché i giocatori vogliono rinnovare e adeguare di continuo». Lei avrebbe ceduto Higuain? «No, ma forse mi sbaglio. Glielo dice uno che ha avuto le bombe sotto casa. Hanno incendiato la mia macchina, c’era un clima un po’ così. Io più che occuparmi dei nemici esterni dovevo occuparmi delle scommesse clandestine, con probabile centrale a Forcella. C’erano dei giocatori che andavano e venivano da lì. Era un problema». Perché ha chiuso col calcio? «Magari stavo facendo l’amore e mi domandavo “Chissà che arbitro mi daranno per la prossima partita?”. Era un’ossessione. Meglio lasciare, ma guardo tutto in tv, rigorosamente da solo. Non voglio distrazioni». Si è mai veramente arrabbiato con Maradona? «Con l’uomo, col calciatore era impossibile, e per me contava il calciatore. A differenza di altri dirigenti, non ho mai voluto frequentare i calciatori, perché poi si creano fratture in spogliatoio». Ricorda il giorno in cui Maradona fu dichiarato positivo ai test antidoping? «E come potrei dimenticare? Il ds Moggi gli chiese se fosse tutto a posto e lui disse di sì. Dopo 15 giorni mi telefona Nizzola e mi dice che i test sono positivi. Io chiesi clemenza, speravo almeno di limitare il clamore. Non si poteva. Pensi che avevo fatto un grosso sforzo per prenderlo, lo avevamo fatto io e il club e tutti i napoletani. Un po’ come se oggi si prendesse Cristiano Ronaldo, e infatti non si può». Maradona è meglio di Messi? «Maradona è stato grande ovunque, Messi soltanto nella Liga, perché già nella nazionale non gioca bene». Agnelli lo avrebbe voluto. «Non avrebbe funzionato. Diego andava bene a Napoli, a Torino o nelle altre grandi si sarebbe scontrato con una disciplina e dei codici che non sarebbe stato capace di seguire». Adesso, se fosse il presidente del Napoli, chi ingaggerebbe? «Ho le mie fissazioni che poi verifico durante la stagione. Milik è bravo, e anche Diawara. Joao Mario mi piace, è un giocatore d’ordine». L’Inter però se la passa male. «È un periodo di transizione, un po’ come per il Milan. A me incendiavano la macchina, ora un tifoso del Milan o dell’Inter con chi se la prende? Con i fondi cinesi o gli indonesiani? Non che sia una bella cosa mettere le bombe sotto una macchina, solo per dire che adesso le società non contano nulla. Non ci sono i volti, e ci sono giocatori che vogliono sempre di più». Certi hanno dichiarato amore a Napoli. «Se l’ingaggio va bene sono felici, altrimenti lo rinegoziano dopo pochi mesi. Ha mai visto altri ambienti nei quali si procede così?». De Laurentiis le piace? «Fa cose giuste e ha trovato un grande allenatore. Sarri è la punta dell’iceberg, poi in Italia abbiamo altri tecnici bravi anche senza i grandi giocatori che Sarri ha. Genoa, Torino e Bologna stanno giocando molto bene». Si ricorda la sua partita più bella? «Stoccarda, e ancora mi vengono le lacrime agli occhi». Vero, e non è per la polvere. «1989, maggio, Coppa Uefa che allora valeva quasi come una Coppa dei Campioni. Facemmo 3-3 e vincemmo grazie al successo ottenuto in casa. Guidai fino all’aeroporto dove mi aspettava un volo privato per rientrare. C’erano bandiere azzurre ovunque. Erano lavoratori emigrati e probabilmente maltrattati, quella notte avevano vinto anche loro». Passando dal passato al trapassato, ci racconta qualcosa di Achille Lauro, sul quale ha scritto un libro? «Lo andavo a trovare in giacca e cravatta e lui era completamente nudo. Immagini l’imbarazzo, mio e soprattutto delle suore che stavano di fronte alla sua villa». Comportamento bizzarro. «E perché? Era un nudista e a casa propria ciascuno fa quello che vuole. Comunque. Una volta, erano i miei primi tempi al Napoli, il giornale Il Mattino mi attaccava. Andai a chiedere consiglio e lui mi disse “E che problema c’è, nun t’accattà ‘o Mattino, accattate o’ Roma». Capisce, lui era fatto così. Tutto passa».