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 2016  settembre 30 Venerdì calendario

IL GENIO DELLE BOLLE DI SAPONE


[Ennio De Giorgi]

L’Italia ha i suoi eroi, ma non sempre li sa riconoscere. E questo certamente il caso di Ennio De Giorgi, matematico tra i più grandi e sconosciuto ai più, passato alla storia per aver risolto parallelamente al più celebre John Nash – premio Nobel e protagonista del film e del romanzo A Beautiful Mind – uno dei grandi problemi del ’900, il 19mo problema di Hilbert, attorno al quale per oltre cinquant’anni si erano inutilmente arrovellate le migliori menti del mondo. Ma di quale problema, esattamente, si trattava? E come sono arrivati a risolverlo i due? Che cosa ci insegna questa storia? E, soprattutto, chi era Ennio De Giorgi?

LA SFIDA È LANCIATA. Questa grande avventura scientifica ha un prologo, due protagonisti e un (doppio) epilogo.
Il prologo ha le sue radici nel 1900, e cioè quando – al volgere del secolo – il tedesco David Hilbert stilò una lista di 23 problemi da risolvere, importanti perché aprivano nuovi orizzonti alla matematica. Alcuni furono risolti quasi subito, altri solo recentemente, altri attendono ancora una soluzione. Il 19mo riguardava la regolarità di una classe molto ampia di situazioni che si incontrano in fisica e in ingegneria: le soluzioni dei problemi di minimo. In particolare bisognava dimostrare che tali traiettorie e superfici – come le bolle di sapone, che tra tutte le configurazioni possibili scelgono quella di area minima – fossero lisce e regolari, cioè senza spigoli o discontinuità. Il buon senso ci dice che è così; dimostrarlo rigorosamente, però, era complicato. Un po’ perché il quesito era posto nel modo più generale possibile, includendo tutti i problemi di massimo, minimo e perfino “flesso” (una sorta di mix tra i due). Un po’ perché, per individuare la soluzione “buona”, era necessario esaminarle tutte: «Era come cercare un ago in un pagliaio», commenta Giuseppe Mingione, docente di matematica all’Università di Parma. «Per essere certi di trovarlo, bisognava passare al setaccio tutta la paglia». All’inizio del ’900, i matematici cominciarono a impostare il lavoro. Ottennero risultati parziali, ma non riuscivano ad andare oltre. Servivano idee compietamente nuove.

IN PARALLELO. A questo punto entra in gioco il primo protagonista di questa storia. John Forbes Nash Jr. nacque nel 1928 a Bluefield, West Virginia, Stati Uniti. Nel 1955, quando già aveva rivoluzionato la Teoria dei Giochi con risultati che lo avrebbero portato al Nobel nel 1994, entrò in quello che negli anni successivi sarebbe diventato il Courant Institute della New York University. Giovane e ambizioso, Nash era a caccia di un risultato importante, che identificò con il 19mo problema di Hilbert. Decise di affrontarlo. E dopo qualche tentativo fallito ebbe l’idea giusta per risolverlo. A completare la dimostrazione, coinvolgendo diversi colleghi, ci mise una paio di anni. Ma quando ormai era alle prese con la pubblicazione, e già contava di vincere la prestigiosa Medaglia Fields, gli giunse la notizia che la soluzione dello stesso problema era stata già pubblicata su una rivista regionale italiana. Era il 1957. Nash vide sfumare il primato e con esso la medaglia. Poco dopo, ebbe una crisi di schizofrenia dalla quale riuscì a risollevarsi solo negli ultimi anni di vita.
A batterlo sul tempo era stato il secondo protagonista di questa storia, Ennio De Giorgi. Nato a Lecce, anche lui nel 1928, De Giorgi si era laureato a Roma. Nell’estate del 1955, durante le vacanze estive, si trovava a camminare con gli amici sul sentiero del Viel del Pan (“la via del pane”), di fronte allo spettacolo della Marmolada. In quell’occasione, un amico che aveva affrontato invano il problema di Hilbert gliene parlò. E De Giorgi, nel giro di due mesi, ne venne a capo. «Arrivò alla soluzione con una visione immediata della questione», commenta con ammirazione Mingione. Pochi anni prima, infatti, De Giorgi si era trovato a lavorare con un altro personaggio geniale, Renato Caccioppoli, il drammatico protagonista del film Morte di un matematico napoletano di Mario Martone (1992). «Caccioppoli gli aveva trasmesso alcune idee (alla base della moderna “teoria geometrica della misura”) per definire nella maniera più generale possibile l’area di una qualsiasi figura geometrica, anche le più irregolari». E De Giorgi usò in quegli stessi anni queste idee, tra l’altro, per generalizzare al massimo la proprietà più tipica delle bolle di sapone: non solo nel reale spazio 3D al quale siamo abituati, ma anche in quelli teorici con un numero maggiore di dimensioni, tra tutte le superfici che racchiudono un determinato “volume” (o, meglio, ipervolume) quelle di area minima sono le (iper)sfere.
«Quando venne a sapere del 19mo problema di Hilbert, De Giorgi era fresco di una serie di riflessioni molto profonde su questi temi», commenta Mingione. E quindi riuscì a intuire la via giusta per la soluzione. Poi la dimostrazione completa, per volere del suo caposcuola, fu pubblicata sulle Memorie dell’Accademia Reale delle Scienze di Torino.

IDEE RIVOLUZIONARIE. Per avere un’idea di come De Giorgi e Nash siano arrivati a questo risultato, bisogna aprire una parentesi. In matematica, si dice che un fenomeno è lineare quando l’effetto è proporzionale alla causa. Per esempio la forza di richiamo di una molla, per piccoli spostamenti, lo è: se si raddoppia lo spostamento, raddoppia la forza. Se lo spostamento non è piccolo, però, questo non è più vero: si perde la linearità e, se si esagera, si può deformare la molla in modo permanente o romperla. Torniamo a De Giorgi: «Il salto concettuale nella sua dimostrazione», spiega Mingione, «fu nell’introdurre metodi di natura non lineare, mentre prima se ne usavano solo di lineari. Fece un salto concettuale, all’epoca era un’idea che veniva dall’altro mondo». E Nash? «Usò un metodo diverso, che però conteneva anch’esso un salto alla non linearità. Fu però il metodo di De Giorgi ad avere un impatto maggiore, perché fu adottato da altri matematici». A questo punto, Nash purtroppo uscì di scena a causa della sua malattia. De Giorgi, invece, continuò la sua attività alla Scuola Normale di Pisa. «Dopo aver affrontato i problemi che per loro natura hanno soluzioni regolari, si dedicò a quelli con soluzioni irregolari, come le fratture in un materiale», spiega Mingione. «E questo è il secondo grande ambito in cui De Giorgi ha dato contributi fondamentali. L’idea era quella di analizzare le superfici (o i volumi) con uno “zoom”: se a un certo ingrandimento la superficie in esame sembra regolare, allora, continua ad apparire tale anche per ingrandimenti successivi, e finisce per esserlo davvero. La tecnica si poteva applicare anche ai cristalli liquidi e agli algoritmi di ricostruzione delle immagini. Ma al di là delle singole questioni che De Giorgi risolse, le sue idee sono state feconde di generalizzazioni in ogni direzione, perché andavano a scovare aspetti nuovi dei problemi, che permettevano di trattarli con facilità».

E OGGI? Ennio De Giorgi morì a Pisa nel 1996. Oggi, vent’anni dopo, le sue idee sono ancora attuali? «Certamente», enfatizza Mingione, uno dei matematici più citati al mondo nelle pubblicazioni internazionali. «Nella mia attività, i suoi metodi sono il pane quotidiano».
Andrea Parlangeli