Raffaele Oriani, il venerdì 30/9/2016, 30 settembre 2016
DOPO CASCINA LA SINDACA LEGHISTA VUOL PRENDERSI LA TOSCANA
[Susanna Ceccardi]
CASCINA. Preistoria: negli anni Settanta il centro storico di Cascina vanta 1.200 tessere del Pci su diecimila abitanti. Storia: nel 2011 il Comune toscano e le sue 22 frazioni contano 45 mila residenti che eleggono il sindaco più gettonato d’Italia, ovviamente del Pd. E infine cronaca: lo scorso 19 giugno si tiene il primo ballottaggio della storia di Cascina. Non era mai successo che in questo paesone a pochi chilometri da Pisa si fosse incerti se pendere a destra o a sinistra. E non era mai successo che si scegliesse la prima: per 101 voti vince Susanna Ceccardi, studentessa di 29 anni che diventa il primo sindaco leghista in Toscana. Alle politiche del 2013 la Lega a Cascina non raggiungeva l’1 per cento, solo tre anni dopo la giovane sindaca non scherza quando espone i piani del suo partito: «Fra due anni conquistiamo Pisa, e fra quattro la Regione».
Quando sbarcano a Roma? Complice la controra, è facile immaginare che il ribaltone di Cascina possa replicarsi nelle piazze di mezza Italia: «Se ce l’abbiamo fatta qui, ce la facciamo ovunque» assicura Ceccardi. Ma come ce l’hanno fatta? All’osteria “Pasta e Vino” incontriamo uno storico dirigente del Pci-Pds-Ds-Pd che prima sibila «è stata una tragedia», ma poi ci delizia con un excursus sul castro romano, i secoli di fedeltà a Pisa, e l’iniezione di sangue fresco che a fine Ottocento cambia le sorti della cittadina. «La diffusione delle navi d’acciaio mise fuori mercato i maestri d’ascia livornesi, che si trasferirono nell’entroterra diventando mobilieri». Inizia così l’epopea del mobile di Cascina, che dura oltre un secolo, serve papi, re e ministeri, e si spegne quando il legno massiccio cede al compensato made in Ikea. La crisi del mobile svuota le tasche e le strade di Cascina: i laboratori diventano locali sfitti, le grandi imprese si trasformano in ruderi in cerca d’autore. La crisi, quindi. Erano una comunità compatta: un mestiere, un partito. Sono diventati come tutti gli altri: paura e distanza dalla politica.
«I miei nonni erano comunisti» assicura la sindaca Ceccardi. «Ma lo scorso giugno avrebbero votato Lega perché la sinistra ha perso il contatto con il popolo». Te lo dicono tutti a Cascina: quelli del Pd non ascoltavano più nessuno. «Hanno pedonalizzato corso Matteotti senza nemmeno consultarci» dice Francesco Ciampi, presidente dei commercianti locali. «Per molti è stato un colpo durissimo, ma la nuova amministrazione sembra disposta a ripensarci». A parte la bizzarra posizione a favore del traffico veicolare, il portavoce dei commercianti tocca un punto dolente che trova sponda in uno degli ultimi mobilieri su piazza: «Ormai mi sento in trincea» sorride tra lacche e vernici. «Anche perché quando porto i mobili all’estero mi accolgono da campione, mentre qui si raccoglie solo indifferenza». Inutile dire che anche lui ha voltato le spalle al Pd, dopo decenni di militanza a sinistra: «Cos’hanno fatto per salvare la nostra tradizione?». Dal Pci, al Pd alla trincea. È in questa sospensione di tutte le appartenenze che si è fatta largo la Lega: «Il giovedì a Cascina è giorno di mercato» spiega Ceccardi. «Noi ci siamo sempre, mai visto un banchetto del Pd».
Fin qui è chiaro perché ha perso chi vinceva da sempre. Ma come ha fatto la Lega Nord a intrufolarsi a sud di Firenze? Nonostante i quattro quarti di nobiltà comunista, Ceccardi è sempre stata di destra: «Ma ho scelto la Lega perché qui Forza Italia non ha mai toccato palla: se guardo a Denis Verdini capisco anche perché». La bella leghista vinceva all’Università entrando in Consiglio degli studenti, ha vinto nel 2011 conquistando un seggio in Consiglio comunale, e ora si ritrova sindaca dopo una campagna combattuta frazione per frazione: «A Latignano abbiamo spopolato, ma anche a Zambra siamo andati benissimo». La sua è un’efficace miscela di buon senso e reazione, ideologia e militanza: «L’ex sindaco aveva due macchine, io ne ho già messa una all’asta». Come tutti i neo-amministratori, è convinta di poter ricavare cifre enormi eliminando gli sprechi delle sindacature precedenti: «Solo cancellando l’iscrizione all’Anci ho recuperato 60 mila euro in cinque anni». Ma se il bilancio è sacro, non si vive di solo pane. Grazie a Ceccardi anche Imagine di John Lennon – cantata a Natale da un migliaio di bimbi cascinesi – ha avuto la sua prima stroncatura in quanto canzone insopportabilmente «comunista».
Perché la neo-sindaca ha modi garbati, ma una radicalità di posizioni che, in chiave nazionale, le tornerà utile non solo nella Lega. In due ore di colloquio resta generica sui piani di sviluppo per Cascina, ma si mostra assai precisa sulla volontà di sabotare le unioni civili, cacciare i rom, chiudere le porte agli stranieri. Tempo fa, in un’ardita incursione teologica, ha sostenuto che Gesù invita ad amare il «prossimo tuo», quindi chi ti è più vicino, l’italiano, il toscano, il cascinese. Mica l’afgano che ti si presenta all’uscio. Come tante comunità del nostro Paese, anche Cascina attraversa un periodo difficile. Virgilio Barachini, presidente ultracomunista dell’Unione inquilini, ha sostenuto la leghista Ceccardi per contestare la penuria di case popolari: «Abbiamo 400 famiglie in lista d’attesa e solo un paio di alloggi liberi all’anno». Per fortuna che, come in tante comunità del nostro Paese, anche a Cascina si sa a chi imputare questi anni di magra. L’evento singolo che più ha favorito la vittoria di Ceccardi è lo sbarco in città di 32 profughi a un mese dalle elezioni: vengono da Afghanistan, Mali, Bangladesh, e se ne stanno confinati nella tenuta La Tinaia, a «un’ora di cammino da Cascina e tre da Pisa» come dice sconsolato un ragazzo afgano. Ora, al momento del voto i profughi a Cascina erano 70, ovvero uno ogni 642 abitanti. Ma per Ceccardi è stata comunque una manna: «Sgomberare questa struttura inidonea è la prima ordinanza che farò» è stato l’immancabile post su Facebook. Ovviamente i profughi sono ancora là, e passate le elezioni si rallegrano di non vedere più «tutta quella gente che ci gridava di andarcene». Ma Ceccardi non molla: «Sono troppi, al prefetto ho già detto che Cascina non accoglie più nessuno». E con un’artigliata da consumata politica contabilizza pro domo sua l’impatto di questo drappello di poveri cristi: «Al momento abbiamo 80 profughi che allo Stato costano 1.022.000 euro all’anno: se li dessero a me offrirei il nido gratis a tutti». Volete mantenere questi omaccioni o mandare all’asilo i vostri bimbi? Ceccardi è brava, umile, sempre tra la gente. Nel Pd sono distanti, arroganti, sempre con l’autista. Ma nell’anno di grazia 2016 è con quesiti del genere che si sparigliano i giochi. E si vincono elezioni che si perdevano da settant’anni.