Elisabetta Rosaspina, IoDonna 24/9/2016, 24 settembre 2016
VADO IN PENSIONE ALLE CANARIE
“Pequeña Italia” non è gelosa del suo ritrovato benessere ed è pronta a reclamizzarne i punti forti: sole tutto l’anno, costi dimezzati e un bel tratto di oceano a separarla dall’Agenzia delle Entrate, dalla micro e macro criminalità, dal brontolio e dagli sgarbi quotidiani di un belpaese esoso e troppo spesso di pessimo umore. Sparpagliate sui litorali di Tenerife, Gran Canaria, Fuerteventura o Lanzarote, le pantere grigie nazionali difendono il loro diritto alla tranquillità di fine mese, dopo 30 o 40 anni di lavoro e contributi, che la madrepatria restituisce con il contagocce. Non minimizzano i privilegi conquistati a quattro ore di volo da Roma o Milano, increduli di essere ancora soltanto dei pionieri, sebbene il piccolo arcipelago da due milioni di abitanti, a ovest dell’Africa, cominci a essere affollato di esuli: 37.179 italiani, secondo i dati dell’Ine (l’istituto di statistica spagnolo) aggiornati al primo gennaio 2016, vivono ufficialmente alle Canarie, 21.211 si concentrano a Tenerife e 9.315 hanno tra i 45 e i 64 anni.
Gli over 65 sono 3.719, dei quali 1.424 hanno stabilito la residenza a Gran Canaria mentre 2.295 hanno optato per l’isola più grande, Tenerife.
Maspalomas, pieno sud di Gran Canaria, è il buen retiro del “conte Max”, Massimo Calvo, nobiluomo settantenne: quasi due anni fa ha lasciato Modena, dopo «una vita nel settore farmaceutico» e dopo aver vagliato le oasi felici disponibili sul mappamondo. Le Canarie riunivano quasi tutti i requisiti che riteneva indispensabili: il clima migliore, qualche bel campo da golf, un’assistenza sanitaria funzionante, un benevolo trattamento fiscale, prezzi ragionevoli e, sottolinea energicamente, «la certezza del diritto. Ero stanco di dover stare sempre sulla difensiva, chiudere tutto a chiave. Qui la polizia fa sul serio e c’è il carcere più grande dell’arcipelago». Così può abbassare la guardia e divertirsi: «Il venerdì sera vado a ballare, ma dopo le 21 non tocco più una goccia di alcol, perché i controlli con l’etilometro sono severi. Se ho voglia di vedere una mostra o un film al cinema, c’è una magnifica autostrada illuminata, a tre corsie e gratuita che mi porta rapidamente a Las Palmas, nel nord. Per 500 euro al mese ho una casa di 100 metri quadrati, con posto auto, garage, patio e balcone vista mare. E la mia pensione è tassata al 13%».
Sulla spiaggia di Las Palmas, si gode la sua tardiva dolce vita Isola Petri, 86 anni: «Fino agli 80 ho lavorato nella mia agenzia di pubblicità. Mi piaceva, ma dopo 40 anni a Milano e 40 a Roma, qui tre anni fa ho trovato il paradiso: 7 chilometri di passeggiata lungomare e a Capodanno ho fatto anche il bagno. C’è un po’ di vento, ma non servono caloriferi né aria condizionata. La stanza degli ospiti è spesso occupata: ora ho qui un’amica dei Castelli Romani. Vado a scuola di spagnolo: due ore al giorno, con cartella, quaderni e astuccio. Canto nel coro della chiesa, sono diventata l’abuela, la nonna, del quartiere. E la mia pensione è cresciuta».
Le cifre circolano velocemente: fino a 22.000 euro lordi l’anno, i redditi dei pensionati sono esentasse; e, su importi superiori, i prelievi restano ben al di sotto delle aliquote italiane. Nessuno dei transfughi nasconde la potenza del richiamo delle sirene del fisco nella comunità autonoma spagnola, da 22 anni gratificata dello status di “zona economica speciale” (con l’Iva al 7%), né il piacere di risparmiare sulla benzina e almeno un 20% sulla spesa quotidiana: «Ma noi abbiamo pensato innanzitutto alla qualità della vita, anche se proprio oggi festeggiamo la notizia della defiscalizzazione della mia pensione» annuncia Roberto Maschio, 63 anni, espatriato a fine settembre 2014 da Lesmo, in Brianza, con la moglie Marialuisa. «A novembre l’Inps aveva cominciato a frapporre ostacoli. Adesso non vedo l’ora di vendere la casa in Brianza per tagliare l’ultimo cordone ombelicale. Nostalgia dei vecchi amici in Italia? Nessuna. Finché lavoravo come dirigente d’azienda ne avevo tantissimi, appena sono andato in pensione sono spariti tutti. Ora, con mia moglie, andiamo ai corsi di spagnolo: quattro ore a settimana, per 80 euro all’anno, libri inclusi. Così frequentiamo i canari, la gente del posto, e ci teniamo alla larga dagli italiani».
La reputazione nazionale nell’arcipelago sta peggiorando. C’è chi si crede in un porto franco senza regole. L’afflusso di nuovi immigrati, poi, ha generato business: ai maturi compatrioti viene offerto aiuto per sbrigare le questioni burocratiche, tradurre i documenti o trovare casa. Ma, talvolta, con commissioni esorbitanti: «Qualcuno pretende anche 400 euro per la richiesta del Nie, il codice fiscale spagnolo, indispensabile per qualsiasi pratica, dall’apertura di un conto corrente all’allacciamento telefonico o al contratto d’affitto» avverte Paolo Silvestri che vive a Gran Canaria da 18 anni e, per ragioni di salute, non lavora più come cuoco. «Organizzo ancora pranzi per creare occasioni di incontro e convivialità. O per qualche raccolta fondi: il prossimo, con 50 o 60 commensali, per inviare denaro ai terremotati di Amatrice». La Little Italy ispanica ha spesso ancora l’Italia nel cuore. Ma tiene i piedi ben saldi sulla tiepida battigia.