Sarina Biraghi, LaVerità 29/92016, 29 settembre 2016
GIUSTIFICA LA BESTEMMIA IN TV E INSULTA ECCO LIBRANDI, ANTIPATICO PER SCELTA
La politica è l’arte del possibile. Tutto è politica. Anche che Gianfranco Librandi con la sua antipatia, decisa a tavolino per farsi notare e diventare un personaggio televisivo, sia un deputato di Scelta civica per l’Italia. Per la precisione, il tesoriere di «sciolta civica» un partito che può riunirsi in un ascensore, dopo i 34 addii dall’inizio della legislatura e 3.600 iscritti in tutta Italia. Dopo la rottura del Patto del Nazareno, nel «grande progetto» di Mario Monti (ucciso quasi in culla già dallo strappo di Mario Mauro che si portò dietro i Popolari) fece campagna acquisti preoccupato per i numeri a Palazzo Madama e col nobile obiettivo delle riforme. Loro, Susta, Giannini, Maran, Lanzillotta, Ichino, Borletti Buitoni, Tinagli e Calenda, cambiarono maglia per una scelta (non civica) ma responsabile. Più recente l’esodo di luglio, quando il sottosegretario all’Economia, Enrico Zanetti, che allora disse ai transfughi di aver fatto «una scelta demenziale», ha preso l’Ala garantendo a Denis Verdini l’accesso al governo.
Tornando a Librandi, prima di entrare in Sc e dopo aver appoggiato Berlusconi (nel 2004 era stato eletto consigliere comunale a Saronno con Forza Italia), nel 2009 fondò Unione italiana, partito di estrazione liberale, di centrodestra e di formazione cattolica con l’obiettivo di convogliare su un nuovo soggetto politico i voti dei pidiellini delusi da Berlusconi e contrari all’alleanza con la Lega, uniti però da antichi valori: patria e impresa, Dio, famiglia e rinnovamento. Con la sua neonata formazione, alle elezioni comunali di Milano, nel 2011, provò a sfidare Letizia Moratti, ma il tentativo si rivelò velleitario per gli scarsi consensi. Alla fine preferì accordarsi con l’ex ministra (poi sconfitta da Giuliano Pisapia) sborsando 152 mila euro per finanziare la sua campagna elettorale.
Arrivano le politiche e Librandi ci prova in Lombardia con Monti: le relazioni industriali (da Augusto Reina, titolare della Ilva di Saronno a Felice Boga e al milanese Giuseppe Bianchi che controlla il quarto gruppo italiano di agenzie immobiliari fino a Elvira Grimaldi erede della dinastia napoletana di armatori) e politiche (dal deputato europeo pdl Roberto Mezzaroma a Benedetto della Vedova oltre a sedere nel cda della Fondazione Magna Carta presieduta da Quagliariello) che l’imprenditore porta in dote, oltre ai finanziamenti gli assicurano l’elezione.
La frase di Cesare Pavese, «La politica è l’arte del possibile. Tutto è politica», sta sotto la foto del lumbàrd di Saronno, sorridente e in maniche di camicia alla Obama, che nel suo blog si definisce patriota.
Sessantadue anni, Librandi, l’uomo dei pali intelligenti, quello che vuole dare più luce e meno fili con la sua Tci (tra le più quotate al mondo nel settore delle componenti elettroniche per l’illuminazione) è un imprenditore che si è fatto da sé, sempre seguendo le sue idee ma con i piedi saldamente a terra: scuole serali, laurea in economia conseguita a 40 anni, oggi docente di economia aziendale ed ex consulente governativo. Per questo forse del politically correct se ne sbatte altamente e anzi ha deciso, quando va in tv, che è meglio fare l’indisponente, quello che sorride poco e va giù pesante. Anzi, con certi interlocutori, è piuttosto lapidario nelle accuse e nei giudizi e non ammette repliche né fa mai rettifiche e men che meno scuse. Librandi fa audience ma lui, fondatore e presidente della web tivù Satelios (su cui conduceva anche una rassegna stampa) e del quotidiano online Satelios News, sa bene che la televisione rende famosi e che il popolo della tv va anche a votare...
Ha cominciato dividendo gli elettori in buoni e cattivi. Quelli buoni sono i fedelissimi montiani, pochi per la verità, e soprattutto quelli che danno la loro fiducia a Renzi. Gli elettori che seguono Salvini, la Meloni e Berlusconi, invece, sono di serie B o, meglio, «nullafacenti».
Qualche anno fa, in una vivace puntata di Quinta Colonna, il talk show condotto da Paolo Del Debbio, parlando dell’abolizione dell’Imu, diede della rincoglionita all’allora senatrice del Pdl Alessandra Mussolini che lo aveva chiamato Giuda. L’erede del Duce incassò con ironia ammettendo che neanche mai Gasparri l’aveva chiamata così e lui, galanteria zero, rispose: «Qualcuno doveva farlo. L’ho fatto io».
Più recentemente a un uomo rapinato per l’ennesima volta nella sua abitazione ha detto di non lamentarsi ma di mettere un sistema di allarme più adeguato, mentre al pensionato indagato per omicidio volontario dopo aver ucciso un rapinatore che aveva fatto irruzione nella sua casa ha avuto il coraggio di dire che «prima di sparare avrebbe dovuto dire altolà, chi va là? E poi sparare in aria». Naturalmente non è stato l’anziano a mandare a stendere il saggio Librandi ma Daniela Santanchè, presente al dibattito che prima lo ha invitato a vergognarsi e poi gli ha detto, tanto per mettere fine alla pietosa farsa, «Ma sparati in testa tu».
Ai cittadini di Genova, stanchi dei troppi immigrati, Librandi ha dato degli incapaci e disinformati ma è il leader della Lega Matteo Salvini il più bersagliato dai suoi epiteti: si va da «quaquaraqua» al «non fai un cazzo» passando per «sei un ghigliottinaro».
Quest’ultimo complimento fu il regalo di Capodanno del politico imprenditore al politico di mestiere che nelle risse ci si butta a capofitto. Infatti, malgrado Dio e la Patria siano i capisaldi di Librandi, fu proprio lui a difendere la Rai e a giustificare la bestemmia che andò in diretta durante il mai rimpianto spettacolo L’Anno che Verrà in collegamento da Matera. Malgrado le critiche per la serata e per l’omesso controllo degli sms mandati in diretta (uno appunto anziché gli auguri di buon anno era una bestemmia), l’esponente di Scelta Civica difese a spada tratta l’accaduto e quindi i renziani vertici Rai: «La bestemmia? Una svista, un errore umano, che sarà mai...». E così Salvini che chiedeva la testa dei dirigenti distratti fu accusato di essere un ghigliottinaro... Forse è proprio per capire la differenza tra auguri e bestemmia che durante le vacanze Librandi ha letto il Corano (in italiano e inglese).
E tra un insulto e l’altro, Gianfranco Librandi continua a custodire il «tesoro» di Scelta Civica ma anche i debiti. Con il parziale taglio dei rimborsi elettorali Librandi aveva difficoltà a restituire il prestito di 2,4 milioni a Unicredit finanziati all’inizio del progetto politico... senza contare le donazioni come quella di 710 mila euro della Borletti Buitoni, la signora dai capelli mai phonati... E chissà se il patriota imprenditore è riuscito a restituire 20.000 euro in mobili d’ufficio che l’ex leader di An, Gianfranco Fini, diede al professore per arredare la sede di via Poli a Roma? Forse sì, perché si sa, «la politica è l’arte del possibile. Tutto è politica». Anche Gianfranco Librandi.