Carlo Tecce, Il Fatto Quotidiano 24/9/2016, 24 settembre 2016
INIMITABILE MALAGÒ, MILLE VITE E UN SOLO SOGNO: SE STESSO
Forse Giovanni Malagò non esiste. Malagò non ha un’auto di lusso, vende auto di lusso. Maserati o Ferrari. A Silvio Berlusconi ha rifilato una cinquantina di Mini. Malagò non ha una donna, ma un corteo di ex mogli, amanti, amiche: attrici, cantanti, vallette, più o meno famose, più o meno nobili, tutte splendide. Polissena di Bagno o Lucrezia Lante della Rovere, Monica Bellucci o Carla Bruni, Valeria Marini o Claudia Gerini. Malagò non ha una villetta in spiaggia, ma una dimora sontuosa a Sabaudia con una vasca per i massaggi che accarezza la battigia. La Guardia forestale l’ha individuata con gli elicotteri e l’ha sequestrata per un mesetto. Quest’estate la Jacuzzi vietata ha prosciugato le cronache locali. Malagò non è soltanto un ex giocatore di calcetto che dopo la partita emanava profumo di lavanda, ma un fuoriclasse con la bacheca zeppa di trofei: tre volte campione d’Italia, nazionale azzurro ai mondiali brasiliani ‘86.
Malagò non fa attività sportiva per rallentare la senescenza tipica degli umani ancora troppo umani. Malagò è una disciplina sportiva: tennista, sciatore, nuotatore, cestista. Abile pure da fermo. A carte con Luca Cordero di Montezemolo pelava la coppia Giovanni Agnelli e Jas Gawronski. Malagò non è di destra, preferisce la destra se la sinistra non è disponibile, se il centro è un po’ ingolfato, se il centrodestra è ancora lattante, se il centrosinistra è poco coeso.
Malagò non è il presidente di un circolo sportivo, ma il padrone dell’unico circolo sportivo che fa curriculum per i romani. Il maestoso Aniene di Federica Pellegrini, Alessandra Sensini, Josefa Idem, 25.000 euro per la tessera, ingresso non consentito agli avventori. Malagò non è laureato in Economia e Commercio alla Sapienza di Roma con 110 su 110 e lode. La Corte d’appello ha annullato il diploma perché ha ritenuto non validi gli esami di Economia politica, Diritto commerciale, Istituzioni di Diritto privato. Libretti universitari alterati (e poi smarriti), bidelli corrotti con il denaro, professori che non riconoscono le proprie firme, Malagò si è dichiarato innocente: “Quel processo, che coinvolse duecento persone, fu subito prescritto perché le contestazioni sono arrivate dopo dodici anni”. I giudici l’hanno prosciolto per “intervenuta prescrizione” con una postilla: “Non si ravvisano prove evidenti idonee all’assoluzione nel merito dell’imputato”. Malagò ha controllato: “Non ho scheletri nell’armadio”. E poi ha completato gli studi a Siena: “Volevo andare altrove perché pensavo nella mia testa di aver subito un’ingiustizia. Tutto è nato un giorno che feci una gita a Siena e ho visto l’università che tutti sanno essere la più antica del mondo”. Malagò non ha maestri, è un allievo modello. Ha frequentato Gianni Agnelli; Lupo Rattazzi, il nipote di Agnelli; Montezemolo, il pupillo di Agnelli.
Malagò non ha una smisurata considerazione di se stesso: “Ti cambio il rapporto della Lega con lo sport, io ho cinque milioni di iscritti, io valgo il cinque per cento del prodotto interno lordo, io ti porto un segretario generale della Lega e chiedo a Maroni di ordinare a un leghista di votare per me. Se non lo fate siete matti. Ma che mestiere fate?”, ha sussurrato al telefonavo a Isabella Votino, influente portavoce di Bobo Maroni. Votino non è matta. E ha eseguito. Il 19 febbraio 2013, Malagò è incoronato presidente del Comitato olimpico italiano, autore di una sensazionale rimonta (fra gli allenatori c’è Gianni Letta), sconfigge per cinque voti il favorito Raffaele Pagnozzi.
Malagò ha gestito i fallimentari mondiali di nuoto di Roma 09, ma neanche uno schizzo d’acqua l’ha sfiorato. Malagò non è un pariolino, è l’essenza del quartiere Parioli. Il sabato non andava in discoteca, in discoteca elargiva divertimento ai compagni del liceo scientifico San Giuseppe dei Padri Lasalliani, scuola per soli maschi. Sempre lo stesso tavolo, sempre lo stesso vizio. All’ingresso lanciava le chiavi di una berlina al parcheggiatore per non perdere minuti preziosi. Una volta gli hanno fregato una Bmw. Malagò non ha parenti un po’ conosciuti. La mamma è nipote di Donato Menichella, illustre governatore della Banca d’Italia e del democristiano Pietro Campilli, ministro con De Gasperi, Pella, Fanfani, Scelba, Segni e Zolli. Malagò non organizza cene fra amici, li fa sposare. Ha trovato moglie a Montezemolo, Rosario Fiorello, Corrado Passera e marito a Margherita Buy. Malagò non è un tifoso romanista con una passione viscerale, è un romanista ossessivo: “Non lo so ogni quanto penso alla squadra, non l’ho mai cronometrato. Ma una cosa è certa: come posso, ci penso”. Il capitano Francesco Totti ha aderito con entusiasmo alla candidatura olimpica di Roma.
Malagò non è un cineasta in senso stretto, ma è amico dei fratelli Vanzina. Walter Veltroni l’ha nominato consigliere della fondazione Cinema per Roma. Forse Giovanni Malagò non esiste. Forse è soltanto una proiezione borghese di un personaggio gaudente di Paolo Sorrentino o un’allegoria di Nanni Moretti o un verso non ancora interpretato di Trilussa. Non è un uomo che vive, e molto bene; è un uomo che si esibisce, e molto spesso.
Forse davvero s’è sentito per un attimo il Cicerone di Stefan Zweig, forse davvero ha immaginato di scalare il Campidoglio e di ascoltare gli elettori grillini urlare “ma-la-gò, ma-la-gò”, anziché il solito “o-ne-stà, o-ne-stà”. Poi Virginia Raggi l’ha svegliato. Ha cancellato il progetto Roma 2024.
Malagò dorme male, prende dei sonniferi per riposare, tranne nei fine settimane (no, non va più in discoteca). Ha confessato di sognare di rado. Quando sogna, però, Malagò sogna Malagò.