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 2016  settembre 24 Sabato calendario

DIVERSAMENTE GIOVANI

Finalmente l’editoria e il cinema si sono accorti della vecchiaia. Sui banconi delle librerie è ormai un fiorire di titoli che la riguardano e così nelle sale cinematografiche. Anche l’industria, nei suoi svariati settori, strizza l’occhio ai non più giovani, o diversamente tali, come qualcuno li definisce. I vecchi, oggi, non sono più quei saggi reduci della prima guerra mondiale, o le donne rimaste a custodirne il focolare: tutti, uomini e donne, residui di un Ottocento lento a morire. Oggi, i vecchi hanno le stesse esigenze dei giovani, mangiano le medesime cose, nelle città specie le più grandi occupano spazi per loro prima impensabili. E quando si è vecchi? A sessantacinque anni? A settanta? A ottanta? a novanta?
Ecco, fatta questa domanda, ci si rende conto che la stagione della vecchiaia (la terza età è un’altra delle tante garbate definizioni) non è breve, e non è da legare alla morte. Se poniamo, una donna (o un uomo) va in pensione a sessantacinque anni, è da considerare anagraficamente vecchia, ma non certo vicina alla fine della vita, perché dicono le statistiche ha davanti ancora parecchi anni da vivere. E non è detto che siano i peggiori (la vecchiaia, avvertiva già Cicerone nel 44 a. C., non ha il monopolio della cattiva salute). In ogni caso, c’è tutta una serie di accorgimenti per far sì che la vecchiaia non sia da considerare una malattia.
LO STUDIO
In un libro freschissimo di stampa lo dimostrano un neuropsichiatra esperto in geriatria, Elio Musco, e una giornalista laureata in medicina, anche lei interessata alla tarda età, Franca Porciani: Restare giovani si può Stimola il cervello e la allena curiosità per non invecchiare mai (Editore Giunti, pagine 175, euro 16,00). Gli autori di questo vispo e colorato volumetto sono riusciti a mettere insieme dati scientifici e consigli pratici per educare i lettori alla vecchiaia. Ed è un merito non da poco, perché esiste tanta letteratura, di genere narrativo e saggistico, dedicata ai giovani, mentre pochissima se ne trova ad uso dei vecchi o di coloro che si avvicinano a essere tali (i cosiddetti romanzi di formazione di gusto ottocentesco ne sono la riprova).
Tornando alla morte, erroneamente quanto tragicamente legata alla tarda stagione della vita: si muore a tutte le età, e anzi, fino alla seconda guerra mondiale si moriva più da giovani che da vecchi, a causa delle continue guerre, della mancanza di medicine oggi di uso corrente, dell’igiene nella gran parte dei casi inesistente. Un esempio: i nostri bisnonni finivano stroncati da una banale polmonite per il semplice motivo che ancora non esisteva la penicillina. Naturalmente, l’invecchiamento della popolazione a ritmi così vertiginosi ai quali siamo ormai abituati, comporta la risoluzione di problemi complicati, soprattutto dal punto di vista sociale ed economico.
ATTIVITÀ
Scrivono infatti Musco e Porciani che «per evitare la decadenza fisica mentale non basta più la pensione, perché quanto più aumentano il periodo del non lavoro e l’arco dell’esistenza da vivere, tanto più si pongono questioni immateriali inimmaginabili nel secolo scorso. È il problema del cosiddetto invecchiamento attivo». Oggi c’è chi si occupa della psicologia che riguarda i non più giovani (ne parla diffusamente il professor Marcello Cesa-Bianchi nel capitolo finale del libro, dove dicono la loro anche altri famosi vecchi, Giulia Maria Crespi e Dario Fo), vale a dire di quel ramo della scienza medica che concorre a eliminare i tanti ostacoli che impediscono agli anziani di sviluppare tutte le loro potenzialità. Si è perso tanto tempo a compiangere la vecchiaia e i vecchi, impedendo a miliardi di esseri umani di vivere fino in fondo e perché no? con gioia la loro vita. Il ramo della medicina che studia la fase avanzata della vita è scienza dei nostri giorni. Ci ricordano Musco e Porciani che il termine geriatria fu coniato da un medico di New York, Ignatz Leo Nascher, soltanto nel 1914. Ma da allora, nonostante si continui a considerare i vecchi dei poveri sopravvissuti ormai incapaci di pulsioni affettive (e figuriamoci sessuali!) sono stati fatti molti passi in avanti. Piaccia o no a coloro che preferiscono incasellare gli esseri umani in base ai dati anagrafici.
Nel leggere Restare giovani si può mi è venuto in mente il delizioso film diretto da Dustin Hoffman, Quartet (2012), ambientato in una casa di riposo per musicisti e cantanti lirici in pensione. In quel film, Maggie Smith, Tom Courtenay, Billy Connolly e altri meravigliosi, attempati attori danno vita a personaggi cui la vecchiaia non impedisce di guardare ancora avanti, innamorandosi persino, ricominciando da capo.