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 2016  settembre 25 Domenica calendario

SANTO PAPI

«Il presidente Berlusconi non può sopportare l’idea che nel ventunesimo secolo ci siano ancora italiani costretti a dormire in macchina». Gli umori del presidente sono ordini sempre e comunque in Fininvest dove un gruppo di fedelissimi sta lavorando a un colossale progetto di social housing da realizzare attraverso una fondazione senza scopo di lucro. Sarà la quarta vita di Silvio, che è stato imprenditore, trionfatore dello sport, leader politico e, con tipica modestia, adesso punta a diventare santo. Per adesso ci sono vari masterplan allo studio e qualche certezza. La fondazione sarà intitolata, com’è ovvio, al presidente. Altrettanto ovviamente, sarà la più grande del mondo del settore. E sarà alimentata da fondi personali per evitare i dissapori che hanno turbato i rapporti fra i cinque figli del Cavaliere soprattutto in relazione alle scelte sul Milan.
Altri segni particolari: le case da assegnare ai nuovi poveri dell’Italia in recessione saranno realizzate con concetti innovativi e gusto estetico. Niente falansteri alla Charles Fourier, socialista utopico mal imitato dai palazzinari del socialismo reale. Niente condomini Iacp o Cep in stile Prima Repubblica. Sarà la Milano 2 del lavoratore in difficoltà. Non ci saranno casermoni e cubi di cemento, ma verde e parchi per tramandare ai posteri un Silvio mondato da Olgettine e bunga-bunga.
L’idea ha preso forma all’inizio dell’estate, prima della rissa su Premium con l’ex amico Vincent Bolloré e dei problemi cardiaci che hanno portato il fondatore di Mediaset, Mediolanum, Forza Italia, a giocarsela con la morte in zona Cesarini. L’intervento chirurgico e la convalescenza hanno imposto uno stop al progetto che, nell’elenco delle priorità, veniva subito dopo la cessione del Milan.
Trent’anni a riempire le tasche e, spesso, i conti esteri dei campioni rossoneri possono bastare. La Fondazione Silvio Berlusconi per il social housing non può certo convivere con gli attici a San Siro che la Fininvest ha offerto per decenni ai calciatori come fringe benefit, con grande irritazione della primogenita Marina.
Mentre la riorganizzazione del partito procede con l’erede designato Stefano Parisi e la querelle con Bolloré segue i tempi del tribunale, il progetto Fondazione SB ha davanti lo stesso ostacolo che aveva a fine giugno: l’Ac Milan.
I nuovi soci cinesi dovranno consegnare al proprietario del club i fondi di partenza per avviare la onlus. È un passaggio simbolico concepito per evitare che qualche tifoso deluso supponga venalità nell’uomo che ha, secondo i suoi stessi conteggi, speso 1 miliardo di euro per vincere scudetti e Champions. Qui la vicenda si complica. Le fonti ufficiali dicono che il primo versamento da circa 100 milioni c’è stato. Fa fede Rothschild e il suo manager italiano, Alessandro Daffina, uomo di vaste relazioni che vanno da Luigi Bisignani a Luca di Montezemolo, da Adriano Galliani a Gianni Alemanno, dai cinesi di Wanda Dahlian fino all’entourage dell’As Roma di cui Daffina ha già curato la cessione alla cordata statunitense per conto di Unicredit.
Ma il passaggio di proprietà procede in modo caotico. La cordata cinese interessata al Milan mostra una variabilità di assetti straordinaria, con gente che va e gente che viene prima del passaggio finale delle quote, previsto entro dicembre. Sembra certo che fra gli investitori ci siano società statali della Repubblica popolare. I comunisti, insomma. Quelli che ai tempi della Lunga Marcia di Mao mangiavano i bambini e che oggi i bambini preferiscono mandarli alle scuole calcio sotto il segno del Grande Timoniere.
I tifosi assistono senza battere ciglio all’inversione a 180 gradi. Caso mai, sono più infastiditi dal ricambio manageriale all’insegna di ex interisti come il futuro direttore generale Marco Fassone.
Ma le bandiere, si sa, non esistono più, nel calcio e nella politica. Almeno, se il lavoro andrà male, si potrà trovare un tetto grazie alla nuova Edilnord in formato recessione.