VARIE 25/9/2016, 25 settembre 2016
APPUNTI PER GAZZETTA - IL CAMIONISTA ASSASSINO DAL CORRIERE DI OGGI MARCO BARDESONO TORINO Quando ieri mattina gli agenti della Polstrada gli hanno detto che con il camion aveva ucciso due persone e che tre bimbi lottano per restare in vita, lui con due dita della mano destra si è sfregato il mento
APPUNTI PER GAZZETTA - IL CAMIONISTA ASSASSINO DAL CORRIERE DI OGGI MARCO BARDESONO TORINO Quando ieri mattina gli agenti della Polstrada gli hanno detto che con il camion aveva ucciso due persone e che tre bimbi lottano per restare in vita, lui con due dita della mano destra si è sfregato il mento. Gesto che ha ripetuto in modo ancor più plateale quando ha saputo che le vittime sono del Marocco. Emil Volfe, 63 anni, slovacco, era appena uscito dall’ospedale di Novara dove era stato portato perché a un passo dal coma etilico. Ora è in carcere a Vercelli e dovrà rispondere, spiega il procuratore capo di Ivrea Giuseppe Ferrando, «di duplice omicidio stradale, guida in stato di ebbrezza e omissione di soccorso». Rischia 18 anni di galera. Quando è stato fermato, venerdì notte nei pressi di Villarboit, sull’autostrada Torino-Milano, «non si reggeva in piedi», hanno raccontato i poliziotti. Nella cabina del Tir c’erano bottiglie vuote di gin, lattine di birra, cartocci di vino. Il camionista era partito il 21 settembre da Southampton, in Gran Bretagna, per raggiungere Pordenone e scaricare la merce nei magazzini della B.T. Trasport, sede italiana dell’omonima ditta di Zvolen, in Slovacchia, azienda proprietaria del mezzo pesante e per la quale da più di dieci anni Emil Volfe lavora. In poco più di due giorni il camionista ha percorso oltre 1.300 chilometri, ne avrebbe dovuti fare ancora 400, poi si sarebbe fermato fino a lunedì. «Siamo costernati, ma anche increduli», dicono dalla ditta di Pordenone. Volfe aveva attraversato La Manica; poi da Calais aveva raggiunto il Frejus e l’Italia. La gendarmeria francese ha comunicato di non aver ricevuto segnalazioni di incidenti o manovre azzardate del Tir della B.T. Trasport. La follia si è scatenata in Italia, dopo il pieno di alcolici acquistati strada facendo che il camionista avrebbe bevuto nel tratto compreso tra Bardonecchia e Torino. Da qui in poi l’uomo ha perso il controllo di se stesso e del mezzo, ha scaraventato fuori strada un’auto sulla tangenziale di Torino e poi alla barriera di Rondissone ha letteralmente disintegrato la vettura sulla quale viaggiavano Nora Rharif, trent’anni, suo marito Mostafa El Chouifi, un artigiano 39enne, e i loro figli Imane, 9 anni, Sohaiba, di tre e Basma, nata il 28 luglio, neppure due mesi di vita. I genitori sono morti sul colpo, i piccoli sono ricoverati in condizioni critiche all’infantile di Torino. I più grandi ce la faranno, la neonata è gravissima. La famiglia marocchina che vive da anni a Torino nel quartiere Mirafiori, stava raggiungendo Malpensa per accogliere un parente in arrivo da Casablanca. La loro auto è stata trascinata per quasi 300 metri. Il Tir ha proseguito, zigzagando a tratti, per altri 50 chilometri, fino all’area di servizio di Villarboit, dove il mezzo ha accostato. Sono stati altri camionisti a indicare alla Polstrada il Tir assassino. Volfe era in cabina, stava bevendo. All’ospedale Regina Margherita di Torino, nel reparto diretto dal professor Pietro Maiullari, i tre bambini sono assistiti dai parenti: «Ci occuperemo di loro — dice uno zio —, ma quell’uomo deve morire in galera». Marco Bardesono DARIO DI VICO SUL CORRIERE DI STAMATTINA I n Italia esiste presso il ministero dei Trasporti un albo dell’autotraspor-to ma non siamo in grado di sapere quanti ditte del-l’Est europeo lavorano da noi e quanti sono i camio-nisti con la stessa prove-nienza geografica che per-corrono quotidianamente le nostre autostrade. Secon-do le stime che circolano nel settore questi ultimi do-vrebbero essere all’incirca 10 mila, un numero che sa-rebbe cresciuto in maniera esponenziale negli ultimi 5 anni. Come si sa la logistica italiana è il regno del mas-simo ribasso e dei prezzi stracciati che producono però la massima insicurez-za sulle strade. Perché i ca-mionisti che vengono da Romania, Serbia, Bulgaria o Slovacchia, prendono tutt’al più 500 euro al mese e in cambio non osservano i più elementari turni di guida e riposo. I controlli, secondo la denuncia delle associa-zioni italiane della catego-ria, sono pressoché inesis-tenti e il cronotachigrafo, una sorta di scatola nera presente su ogni camion, viene sistematicamente e facilmente manomesso. A offrire questi lavoratori alle ditte italiane di trasporto sono agenzie interinali pre-valentemente romene che si presentano così: «Licen-ziate i vostri dipendenti e assumete quelli che vi pro-poniamo noi a metà del sa-lario e un quarto dei con-tributi. Se proprio non vo-lete buttare sulla strada i vostri connazionali, licen-ziateli lo stesso e li assu-miamo noi ma con le nos-tre leggi del lavoro. Rispar-miate comunque». I camio-nisti dell’Est sono per lo più ex agricoltori, ex operai ed ex poliziotti che si sono im-provvisati autisti e sono sta-ti reclutati da agenzie senza scrupoli o dalle aziende dei trasporti di Stato dei loro Paesi che sono state priva-tizzate e si sono buttate a corpo morto sul mercato italiano, francese e tedesco. Contattando direttamente le imprese committenti e offrendo di fatto «dumping umano» a chilometraggio illimitato. L’unica strada per venirne a capo passe-rebbe da Bruxelles ovvero da un’armonizzazione eu-ropea di costi e regole che però oggi sembra lontana da venire. E a rendere anco-ra più preoccupante lo sce-nario vanno aggiunti i ritar-di di efficienza e trasparen-za della nostra logistica, dove broker, spedizionieri e agenzie visti da fuori sem-brano altrettanti cani che si azzannano per conquistare un osso con poca carne attorno. FEDERICA CRAVERO SU REP TORINO. Basma è nata il 28 luglio. Il suo nome in arabo significa “colei che sorride” e ci sarà bisogno di tutta la forza di quel sorriso per andare avanti. Sarà difficile per lei, attaccata ai tubi in un lettino del reparto di Rianimazione neonatale con un grave trauma cranico, una lesione al fegato e un femore rotto. Sarà durissima per sua sorella Imane, nove anni ancora da compiere, e per suo fratello Sohaiba, tre anni: ancora non lo sanno, ma di quella bella famiglia sono rimasti solo loro tre. Ci sono tanti parenti, i nonni con cui già passavano tanto tempo, tanti zii sia in Italia che in Marocco e una compagine di cugini che si dichiarano pronti ad accoglierli come loro fratelli. Ma mamma e papà non ci sono più. Mostafa El Chouifi, 39 anni e Nora Rharif, 30, sono stati uccisi da un autista ubriaco che venerdì sera ha travolto la loro auto con un tir sull’autostrada Torino-Milano. I tre figli sono rimasti feriti: a preoccupare maggiormente sono le condizioni della neonata, mentre i fratelli devono curare qualche frattura. Stavano andando a Malpensa, come tante altre volte avevano fatto nei lunghi e frequenti viaggi su e giù sopra il Mediterraneo a partire dagli anni Novanta, quando Mostafa era arrivato in Italia. Venerdì, in realtà, non dovevano partire. Stavano andando a fare una commissione per i nonni paterni, che durante un volo dall’Arabia Saudita, dove erano andati per il tradizionale pellegrinaggio alla Mecca, avevano smarrito un bagaglio. Due giorni fa i genitori di Mostafa erano tornati a Khourigba e, quando è arrivata la telefonata dall’aeroporto che la valigia era stata ritrovata, è stato il figlio con tutta la sua famiglia a farsene carico. Che per i bambini probabilmente aveva il sapore della gita. E per la primogenita Imane era una piccola anticipazione del viaggio che avrebbe davvero dovuto fare pochi giorni dopo. Perché lei e papà sarebbero dovuti tornare proprio oggi in Marocco. L’aereo per Casablanca era programmato alle 10.35 da Cuneo Levaldigi e in poche ore sarebbero tornati a Khouribga, dove la bambina avrebbe ricominciato la scuola. Mamma invece sarebbe rimasta a Torino con il fratellino e con la sorellina Basma. Una vita con un piede in Italia e uno in Marocco, come spesso accade nelle famiglie di immigrati. Il papà, che nel tempo ha acquisito anche la cittadinanza italiana, fino a sei mesi fa aveva lavorato in una ditta di manutenzione. Il lavoro lo portava spesso fuori casa, in Francia e nel Sud Italia, soprattutto, ma era stato anche in Norvegia. E così la moglie Nora — dopo aver fatto frequentare alla primogenita l’asilo e i primi anni delle elementari a Torino — aveva scelto di tornare in Marocco e di lasciare il marito da solo nell’appartamento al piano terra che si affaccia su corso Tazzoli, zona popolare di Mirafiori, nell’ultimo complesso di case che delimita la fine della città e l’inizio della grande fabbrica, appena oltre la strada. «Quando ho sentito la notizia dell’incidente, non sapevo di chi si trattasse ma ugualmente mi si è stretto il cuore e ho subito pensato che anche senza conoscerli avrei voluto prendere in casa con me quei tre bambini, pur di potergli dare un futuro sereno. Non potevo immaginare che quella famiglia straziata era quella dei miei migliori amici…». Mohamed El Gharbi abitava accanto alla famiglia El Chouifi, i bambini erano sempre a casa di uno o dell’altro. E le lacrime hanno preso il posto delle risate in compagnia. «Erano una famiglia straordinaria, la casa era sempre piena di gente, di parenti e di amici — racconta Angela Conte, una vicina di casa — Quando poteva il marito raggiungeva la moglie in Marocco e d’estate, quando la figlia maggiore finiva la scuola si riunivano tutti qui per le vacanze». E anche Mostafa, che pure ha a Torino anche i fratelli, aveva fatto più di un pensiero sulla possibilità di tornare anche lui in Marocco: per il momento aveva ancora l’indennità di disoccupazione, dopo che la ditta per cui lavorava aveva chiuso, ma presto si sarebbe posto il dilemma di cosa fare. Un dubbio che adesso la famiglia dovrà sciogliere per decidere del futuro dei tre orfani. Probabilmente saranno i nonni — che hanno subito organizzato un viaggio per tornare in Piemonte — ad occuparsi di loro, ma è una decisione che prenderanno in accordo con tutta la famiglia. Una famiglia numerosa e compatta che ieri per tutto il giorno non ha abbandonato i corridoi dell’ospedale infantile Regina Margherita dove sono ricoverati i tre fratelli. Anche il consolato si è mosso e un rappresentante del corpo diplomatico non si è allontanato dalla famiglia fino alla tarda serata, così come è stato previsto l’intervento dei mediatori culturali per affrontare una situazione che ha anche molti risvolti legati al modo in cui la coppia ha perso la vita. Fuori dal reparto c’è anche Mohamed Bahreddine, presidente della Federazione generale islamica italiana: «Questi bambini sono vittime della guerra, una guerra della strada, e per questo non dobbiamo lasciarli soli». REP NAZIONALE - 25 settembre 2016 CERCA 18/19 di 72 25/9/2016 cronaca IL SINDACALISTA “Autisti stranieri per risparmiare e sulle strade pochi controlli” TORINO. «A spiegare il problema del nostro settore basta questo esempio: un autotrasportatore italiano costa a un’azienda 4-5.000 euro al mese tra stipendio e contributi, uno straniero 1.500-1.700. È chiaro che non c’è partita». L’allarme è di Costantino Spataro, segretario regionale per il Piemonte della Fita-Cna. «Ma la differenza non è solo economica: i nostri autisti devono sottostare a certe regole anche legate alla sicurezza, come i controlli annuali per alcool e droghe. Gli altri chissà. E a farne le spese è l’incolumità delle persone che circolano sulle strade». Stiamo dunque assistendo a un’invasione di camionisti stranieri? «Sono tre anni che affrontiamo questo problema: ci sono diverse agenzie interinali che contattano le nostre imprese proponendo autisti provenienti soprattutto dall’Est Europa. Per legge il compenso del conducente deve essere almeno pari alla paga base del Paese in cui opera. Ma la differenza è nella spesa dell’azienda: 70 euro per un interinale straniero, migliaia di euro per un italiano: la differenza la fanno soprattutto i contributi». E quante sono le imprese che accolgono questa offerta? «Non abbiamo dati certi ma la nostra stima è che siano il 30-40 percento. D’altra parte in provincia di Torino nel 2008 erano iscritte al registro degli autotrasportatori 8.500 aziende, mentre oggi sono 4.300. Ma il volume delle merci non si è certamente dimezzato». Come si può arginare questo fenomeno? «Ci vorrebbero più controlli, anche se capisco che le forze dell’ordine hanno pattuglie ridotte all’osso. Una direttiva europea per esempio impone che un mezzo straniero possa fare al massimo tre viaggi in una settimana in uno Stato e poi deve uscire dai confini, il cosiddetto cabotaggio. Alcuni Paesi come la Francia o la Germania sono più attenti a verificare il rispetto della norma, mentre in Italia i controlli sono meno stretti». ( f. cr.) ©RIPRODUZIONE RISERVATA