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 2016  settembre 24 Sabato calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - GRILLO A PALERMO


REPUBBLICA.IT
PALERMO. "Siamo davanti alla prima fase di un grande esperimento, ci sarà una seconda fase e la inaugureremo stasera". Beppe Grillo annuncia una svolta nel movimento 5 stelle. Ma riafferma il suo ruolo: "Io farò il capo politico, prenderò delle decisioni, perché alla fine qualcuno deve prendere delle decisioni, prima le prendeva Casaleggio e le prendevamo insieme, era diverso. Adesso sono da solo. Ci sono a tempo pieno, nessun passo di lato. Vogliamo dimostrare che possiamo governare Torino, Roma, Palermo, Genova, Livorno anche con gli sbagli che abbiamo fatto. Questa storia ci serve e ci dà degli anticorpi".
Italia 5 stelle a Palermo, i militanti al Foro Italico difendono Virginia Raggi
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Grillo parla a Palermo, nel corso di una passeggiata a Ballarò e poi all’arrivo sul prato del Foro Italico dove è iniziato il raduno nazionale con migliaia di attivisti presenti. Il fondatore si sofferma sulle polemiche che, dopo il caso Roma, hanno agitato M5S. "Ricompatteremo tutto, siamo di fronte alla seconda ondata di questo esperimento, noi siamo stati i topi dell’esperimento della prima fase. C’è stato entusiasmo, un’emozione fortissima, il vaffaday, le piazze piene, bisogna ricreare quell’emozione lì: è il nostro momento. Dal primo all’ultimo eletto dobbiamo ricompattarci, dobbiamo andare avanti e decidere come vivremo i prossimi vent’anni".
Grillo non nega rivalità nel direttorio: "Forse sì, ma è normale, del resto la tv è immagine, c’è quello che funziona di più o quello che funziona meno". E aggiunge di aver visto i parlamentari un po’ stanchi, ma è normale. Stanchi, non affascinati dal potere", precisa. Ma in cosa consisterà questa fase 2? "Bisogna tornare alla visione di quello che era il Movimento". Cambierà il direttorio? "Il direttorio è una parola che avete inventato voi, sono 5 persone che io e Casaleggio assieme alla Rete avevamo scelto perché il Movimento stava diventando enorme". Se ci saranno promozioni dal palco? "No, né promozioni né delazioni", sottolinea Grillo.
Italia 5 stelle a Palermo, applausi per Chiara Appendino
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Un attacco a Renzi, passeggiando per Ballarò ("Non pensavo fosse così odiato"), e una dura reprimenda per i giornalisti definiti "feticisti": Vi rendete conto di una cosa? Noi, con tutto il battage contrario che fate, dovremmo essere calati del cento per cento. Se non accade, vuol dire che anche gli stupidi non vi seguono più, e questo mi preoccupa un po’. Vuol dire che siamo noi che ci autoalimentiamo con queste robe qua - ha proseguito Grillo - siamo noi i clienti e i fornitori di tutto. Siamo noi che andiamo nei talk show e vi tiriamo su gli ascolti e siamo noi che vi guardiamo a casa. Questo circolo sarà spezzato stasera e stasera lo vedrete".
Italia 5 stelle a Palermo, la festa al Foro Italico
Stasera sul palco di Palermo salirà Grillo, ma ci saranno anche i membri del direttorio e Davide Casaleggiio, alla prima uscita pubblica. Il fondatore e i big del movimento hanno parlato a lungo ieri sera dopo cena e stamattina a colazione, per definirei dettagli di un programma che fino all’ultimo è rimasto top secret. Non c’è Virginia Raggi, che dovrebbe giungere solo domani in Sicilia. La "star", stamattina, è stata la collega di Torino Chiara Appendino: la sindaca piemontese ha fatto un giro per gli stand ed è stata circondata dai militanti, decine i selfie scattati, qualcuno le ha chiesto di autografare delle magliette. "Credo che ognuno
di noi stia affrontando la sfida da sindaco con il massimo impegno - dice Appendino - io sono forse oggi la persona che ha la maggiore visibilità ma se fossi stata sola, senza il Movimento, non ce l’avrei fatta. La nostra sfida è il governo. Virginia? E’ determinata, ce la farà".

REPUBBLICA.IT
PIZZAROTTI
Torna a infiammarsi lo scontro tra il sindaco di Parma Federico Pizzarotti e i vertici pentastellati. A innescare la polemica è questa volta la kermesse “Italia 5 Stelle”, il grande raduno del movimento che si svolgerà a Palermo il 24 e 25 settembre, ampiamente pubblicizzato sul blog di Beppe Grillo.
Pizzarotti via Facebook comunica agli attivisti le ragioni della sua assenza: “Saluto e ringrazio tutti gli attivisti che mi hanno scritto in questi giorni, ma non parteciperò alla due giorni di Italia 5 Stelle. I vertici del Movimento hanno negato a #Parma, ai suoi consiglieri comunali e agli attivisti la possibilità di installare il gazebo informativo, al contrario di quello che è avvenuto nelle edizioni precedenti. Il gazebo non è soltanto un tendone e quattro aste, ma rappresenta e simboleggia l’esistenza del Movimento 5 Stelle nei vari territori”.
Il primo cittadino torna quindi sul caso Regio , che ha visto l’archiviazione dell’indagine da parte della Procura di Parma, lamentando il silenzio dei vertici pentastellati. “La sospensione perdura da oltre 100 giorni senza che nessuno si sia preso la briga di leggere cinque paginette cinque di controdeduzioni, una lentezza che neanche la burocrazia italiana: immaginiamola al governo”.
“D’altra parte - continua il sindaco - un garante che si mostra vicino ad alcuni e lontano da altri non può essere garante di nulla, né può essere a garanzia di alcunché. Un garante non parteggia mai. Parliamo poi di una sospensione che, lo sanno tutti ma si fa finta di niente, non esiste in nessun regolamento del Movimento. È stata creata ad personam”.
Il primo cittadino di Parma conclude, lanciando l’ennesimo affondo: “Non si rispettano le poche regole che ci sono, mentre alcune vengono palesemente inventate per far fuori chi non è allineato. L’indifferenza non rende piccolo chi la subisce, ma chi la attua. Per quanto mi riguarda, e al contrario dei vertici, io posso guardare le persone negli occhi senza provare vergogna”.

REPUBBLICA RENZI
"Non si fermano le grandi opere, si fermano i ladri. Se invece dici ’no’ e hai paura, preferisci non metterci la faccia, hai sbagliato mestiere". Il presidente del Consiglio Matteo Renzi da Prato, durante un comizio sul sì al referendum, attacca la sindaca di Roma Virginia Raggi dopo il no alle Olimpiadi 2024 nella Capitale: "Il fatto di dire che non si fanno le Olimpiadi per timore della corruzione è un’incredibile ammissione di incapacità da parte della dirigenza di quella città - dice il premier - le Olimpiadi non sono domani mattina. E se tu hai davanti otto anni, se hai un minimo di credibilità e autorevolezza, tu i ladri li cacci". Renzi continua: "L’immagine del ’no’ alle Olimpiadi è la straordinaria metafora di cosa significa l’Italia del ’no’. Spero che i consiglieri comunali abbiano un sussulto di riflessione. Mi piange il cuore per i posti di lavoro persi".
Roma 2024, Zanardi contro la sindaca Raggi: "Il suo no mi ferisce"
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Dopo la rinuncia di Roma "Los Angeles e Parigi son due giorni che festeggiano", ha detto Renzi. "C’è chi sta alla finestra e chi sta nell’arena: è questa la differenza tra la politica e il bar dello sport...", ha ironizzato il premier. Che poi però chiarisce: "Non credo sia il momento di utilizzare le difficoltà dei nostri sindaci per sparare addosso a qualcuno. Quando un Comune come Roma è in difficoltà compito del Governo non è fare ironia ma dare una mano. Prima dei partiti c’è l’Italia"

Europa. Prima delle Olimpiadi Renzi aveva parlato anche di Ue. "L’Italia non avrebbe mai accettato di essere compartecipe di un disegno al ribasso, di vivacchiare, l’Italia non potrà mai accettare che la Ue sia solo un luogo di burocrazia". Renzi oggi è in Toscana per un doppio blitz. Prima a Prato dove ha visitato il Centro Luigi Pecci, museo di arte contemporanea che sarà riaperto il 16 ottobre dopo un intervento di restauro durato tre anni per poi dirigersi al Teatro Metastasio per l’iniziativa sul referendum. E dopo a Firenze. "Le regole le devono rispettare tutti anche chi come la Germania ha un surplus, che se investito avrebbe dato una mano - ha detto Renzi riferendosi ai rapporti nell’Unione Europea - E’ finita l’epoca degli egoismi, tutti. Se pensano di intimorire me, hanno sbagliato persona e se pensano di intimorire l’Italia non sanno cosa sia l’Italia".

Referendum. Renzi parte con una stoccata a Massimo D’Alema: "Ho grande rispetto per D’Alema perchè ogni volta che siamo in difficoltà, lui c’è sempre. Quando può dare una mano, non la fa mai mancare mettendosi dalla parte sbagliata. Ha detto" recentemente sulla riforma costituzionale "una serie di cose impressionanti...". E spiega: "Questa è un’occasione che non ricapita. Su questo l’Italia si gioca 20 anni di futuro e di speranza. Io farò il globe trotter in giro per l’Italia. Prenderò qualche fischio? C’è chi fischia e chi rischia. Io sono tra coloro che rischiano...". Se vince il ’No’ al referendum costituzionale "torniamo a chi vuole il potere di veto piuttosto che di voto, a chi vuole un’altra Bicamerale magari con Brunetta e Grillo perché l’alternativa al ’Sì’ è quella dei Salvini e di Grillo, non la rivoluzione proletaria".

Prato, Renzi visita il Centro Pecci, poi comizio al Metastasio
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Terremoto. "Da presidente del Consiglio vi dico che non basta essere bravi nell’emergenza" - ha detto Renzi - "Oggi dobbiamo prendere un impegno, è dura piangere il giorno dopo tutte le volte, è dura vedere le vittime del dissesto idrogeologico. Quindi mi sento di fare una proposta a tutti i partiti, li invito a mettere da parte le distinzioni politiche, litighiamo su riforme, legge elettorale, jobs act, ma sulla tutela del territorio dei nostri figli facciamo un patto comune. Mettiamo in campo un cambiamento: invece di piangere il giorno dopo pensiamo alle prossime generazioni".

A Firenze. Nel capoluogo toscano Renzi insieme al ministro della Difesa Roberta Pinotti ha inaugurato a Firenze la nuova sede della Scuola Marescialli e Brigadieri dei carabinieri. Al taglio del nastro il comandante Tullio Del Sette e il Capo di Stato Maggiore della Difesa, Claudio Graziano, oltre al sindaco di Firenze Dario Nardella e alle autorità locali. Insieme al taglio del nastro è stata scoperta anche
la targa in memoria di Felice Maritano, a cui la Scuola è intitolata. Con l’occasione scoperta anche una targa che ricorda Salvo D’Acquisto, a cui è stato intitolato il viale d’accesso alla caserma. "Revisionare la spesa è giusto e doveroso, ma indebolire l’Arma mai" ha detto RenzI

BERDINI
Prima di dire no si poteva tentare un altro piano, magari col referendum. Lo dice l’assessore all’Urbanistica di Roma Paolo Berdini a proposito del no alle Olimpiadi alla trasmissione "Fatto in Italia" curata da Oliviero Toscani e Nicolas Ballario su Radio Radicale, in onda domani alle 13:30.
"Dopo l’Expo il primo ministro ha sottoscritto, e ha fatto bene, un patto per Milano - spiega Berdini- che dà alla città un miliardo e mezzo per completare un disegno urbano su cui non c’è più capienza per i tagli ai comuni che avvengono dal 1994. E allora mi sono permesso di proporre che, siccome non c’è più la possibilità di fare le Olimpiadi, ovviamente io ero a favore dei Giochi con un altro progetto, quello che è stato approvato da Marino non mi convinceva affatto, allora facciamo un patto per Roma, visto che è stato sottoscritto un patto per Milano.Non si può sbattere la porta in faccia a Roma anche se è amministrata dagli odiati grillini".

Lei era per un altro progetto di Olimpiadi, Malagò ha detto che c’era il tempo per elaborare un altro progetto, ma è stato detto dalla sindaca un no a priori, non si poteva invece tentare il progetto alternativo prima di dire quel no? "Io credo che questa strada poteva essere esperita, di questo ne son convinto - risponde l’assessore- ho una profonda amicizia con Riccardo Magi (il segretario dei Radicali italiani), Riccardo aveva provato a lanciare la via del referendum, si poteva provare la strada della democrazia, si poteva chiedere alla popolazione romana di pronunciarsi su quel progetto di città che avrebbe potuto beneficiare di quei soldi". Avete litigato con il sindaco su questo "no alle Olimpiadi? "No, abbiamo discusso, questo sì, litigato no".

Intanto oggi da Palermo Beppe Grillo ha ammesso una certa "impreparazione" sulla questione Giochi.
" Roma è una città complicata - ha aggiunto - Torino va benissimo perché ha 900 mila abitanti, Roma ne ha milioni. Ci stiamo assestando - ha concluso - le decisioni le prende la signora. Lei è in grado di prendere qualsiasi decisione". E poi ha scherzato: "Le Olimpiadi a Roma ci sono gia’: il salto in lungo del pensionato Antonello o il salto del sottopassaggio allagato..."

MALAGO’
CAGLIARI - "Tutto può succedere, ma mi sembra improbabile che ci possa essere un’altra candidatura nei prossimi vent’anni". Lo ha detto Giovanni Malagò, presidente del Coni, al termine della riunione dell’esecutivo nazionale del Comitato olimpico convocata a Cagliari in concomitanza con il trofeo Coni-Kinder. "Questo è un tavolo a tre gambe - ha spiegato - con Comune, Governo e Coni. Senza una gamba la candidatura perde forza: accettiamo questa situazione consapevoli della perdita di credibilità internazionale".

Comunque, in merito alle possibili azioni legali di risposta al no della sindaca Raggi, Malagò tende ad escluderle: "La Corte dei conti? Noi non facciamo nulla. Ma siamo ente pubblico: se qualcuno dovesse sollevare il problema, noi gireremmo le responsabilità a chi di competenza".

In ogni caso, nel presidente del Coni traspare
un molta amarezza: "Non è vero che le Olimpiadi di Roma del 1960 abbiano lasciato tutti questi debiti. E tutti sanno che l’impatto sull’ambiente sarebbe stato minimo, regolato com’è da severi dispositivi. C’è un rammarico enorme perché siamo uomini di sport con serenità si doveva decidere se continuare a fare quello che stavamo facendo bene. E invece siamo stati fermati a corsa iniziata, a due terzi".

HUFFINGTON POST
Ci sono tutti i big del Movimento. Da Luigi Di Maio a Chiara Appendino, da Alessandro Di Battista a Roberto Fico. Oltre, ovviamente, al fondatore e Garante Beppe Grillo. È il giorno di Italia 5 Stelle, il grande appuntamento nazionale che riunisce il popolo M5s a Palermo. Unica assente, almeno per oggi, la sindaca di Roma Virginia Raggi, impegnata nella capitale dopo il crollo della Palazzina a Ponte Milvio. E poprio Grillo, tra i primi a intervenire ha voluto rassicurare i propri sostenitori:"Io avevo fatto un piccolo passo indietro, ora sono rientrato".

Grillo: "Non cadiamo nella trappola delle Olimpiadi"

Le Olimpiadi una volta fermavano le guerre, adesso le riaccendono, non cadiamo in questa trappola". Così il leader del M5s Beppe Grillo

Grillo: "Ci hanno minacciati ma non ci fermano"

Noi non dobbiamo un c.... a nessuno. Possiamo morire, rinascere. Abbiamo subito calunnie e minacce, ci saremo sempre e andremo avanti più coesi di prima. Questa è la mia promessa". A dirlo il leader del M5s Beppe Grillo

"La settimana prossima uscirà un regolamento" e in "tv andrà solo chi dovrà parlare di un tema, del nostro programma. Si va in tv sulla base dei programmi". Lo dice Beppe Grillo

Grillo: "Avevo fatto un passo di lato ma sono rientrato"

"Avevo fatto un piccolo passo Indietro con Gianroberto. Lui era un grande organizzatore e mi manca. Manca a tutti. Lui ci ha rimesso la vita. Io l’ulcera ma resisto. Proviamo. Sapete una cosa, sono rientrato!". Lo ha detto Beppe Grillo, prendendo la parola a Italia 5 stelle.

Di Battista: "L’assenza di Pizzarotti? Pace a lui"

"L’assenza di Pizzarotti a Palermo? Eh, mi dispiace per lui. Pace a lui". Così Alessandro Di Battista rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano dell’assenza a ’Italia Cinque Stelle’ del sindaco di Parma Federico Pizzarotti.

Di Battista acclamato, Di Maio ancora assente

Alessandro Di Battista acclamato al suo arrivo a Palermo. A bordo del suo scooter in compagnia di molti centauri che lo hanno voluto accompagnare, è arrivato nella città siciliana suonando il clacson per salutare la gente che numerosa gli andava incontro e gli urlava "grande Diba". E lui poi ha detto: "Guardate questa gente. Guardate che accoglienza". A Italia 5 stelle invece non si è ancora visto Luigi Di Maio. Lui stesso ha postato un tweet della festa del movimento, ma non è stato visto intorno al palco.

HUFFINGTON CLAUDIO GIUA

Ansa

Nel paese con trenta milioni di commissari tecnici, Beppe Grillo s’adegua per salvare il suo campionato. Da Palermo annuncia che al partito sarà applicato, d’ora in poi, uno dei moduli base del calcio, il piramidale 4-3-2-1: giocavano così - guarda il caso - il Palermo di Francesco Guidolin nella stagione 2005-2006 e quello di Delio Rossi nel 2010-2011. Il centravanti-allenatore sarà lui fino alle prossime politiche, sostenuto dai due trequartisti più dotati, Di Maio e Di Battista, dai tre mediani di spinta e interdizione che potrebbero essere Fico, Lombardi e Ruocco, e dai quattro difensori da designare di volta in volta tra Taverna, Sibilia, Toninelli, Castaldo, Lezzi, forse Crimi. In porta, Davide Casaleggio, di fatto allenatore in seconda. Panchina lunga, con i sindaci più ortodossi e qualche giovane da crescere. A fare la differenza, da adesso, sarà però solo Grillo, l’ex guru (la definizione è sua) che dopo il disastroso esordio della giunta romana è costretto a rinfilarsi gli scarpini e segnare i gol che contano. La scelta tecnica in virtù della quale tocca a Di Maio e Di Battista passargli le palle buone e, talvolta, a metterle dentro sarà mediaticamente ufficializzata dall’intervista in coppia durante "In mezz’ora", programma domenicale di Lucia Annunziata.

Un modello di partito che più tradizionale non si può, dunque. Però Grillo e la Casaleggio Associati giocano anche la carta tecnologica di Rousseau, il sistema operativo che "permetterà a tutti di partecipare alla scrittura delle leggi" e attraverso il quale "votare per scegliere le liste elettorali" e "organizzare il fundraising", che è indispensabile "per dare assistenza legale a iscritti ed eletti" e "seguire le lezioni sviluppate su una piattaforma di e-learning". Partito verticistico all’antica che sancisce la morte dell’"uno-vale-uno", partito più che mai digitale per dare la sensazione alla base di continuare ad avere voce in capitolo. Esercizio da funambolo della politica in una situazione di fragilità spinta messa a nudo dai continui passi falsi di Virginia Raggi.

Per cominciare, da consumato capocomico, Grillo ha fatto due mosse vincenti, confermate a Palermo: azzerare ogni direttorio o minidirettorio e indicare nei giornalisti i nemici che ogni militante deve temere e combattere. Prendersela con chi fa informazione è tipico di qualsiasi autocrazia, anche se quella che Grillo preferirebbe è per interposta persona. Ma ne riparleremo tra un paio d’anni.

Poi c’è il popolo affluito a Palermo per il raduno. Poiché il buon esempio fa più proseliti di cento discorsi, viene da pensare che i veri votebuster di Italia 5 Stelle siano la decina di volontari che con le pinze telescopiche raccolgono tappi multicolori, pezzi di giocattoli, bottiglie, brandelli di buste di plastica mentre i pentastellati lentamente s’accampano nell’area verde del Foro Italico. Invece no. Elio e gli altri spazzini non contribuiscono a rimpinguare il bacino militante del M5S. Manca la materia prima: qui, tutti ma proprio tutti sono già entusiasti seguaci del Movimento. Si capisce dall’assoluta prevalenza delle t-shirt con l’hashtag #iodicono, con il ritratto di Casaleggio, con il simbolo e l’URL di beppegrillo.it, con l’abusato "Keep calm and M5S al governo"; s’intuisce dalle centinaia che s’accapigliano per un selfie con la sindaca Chiara Appendino in tour tra gli stand dei comuni conquistati o conquistandi; viene ribadito dall’assenza di qualsiasi domanda critica ai parlamentari che s’alternano sui piccoli palchi di Agorà 1 e Agorà 2.

È un popolo molto diverso da quello di un anno fa a Imola. A Palermo non sono venuti gli uomini sandwich che sostenevano le cause più eccentriche, sono rarissimi i bastiancontrari che all’autodromo mandavano affanculo qualsiasi giornalista incrociassero ("pennivendoli", "giornalai", "prezzolati dal Renzi"), non ci sono i curiosi delusi dagli altri partiti e in cerca di una nuova casa ideologica o post-ideologica. C’è invece molta gente che fa politica in missione per conto di Dio-Beppe o ha una gran voglia di farla. Questo, va detto, è un bene inestimabile per la democrazia italiana. Ne va dato atto al Movimento 5 Stelle, senza il quale decine di migliaia di persone, in maggioranza giovani, non avrebbero avuto accesso ai centri nevralgici dell’amministrazione della cosa pubblica. E va anche riconosciuto a Grillo e a Casaleggio il merito di aver creduto, con coraggio, di poter allevare una nuova classe dirigente: nessun partito può vantare oggi tanti leader in pectore a ogni livello. Su questo terreno, la sfida al PD e alla destra-che-non-c’è li vede in notevole vantaggio.

HUFFINGTON
La certezza è sempre lui, con i suoi vulcanici "vaffa". Ore 12, ecco Beppe Grillo che esce dall’hotel Posta, dove ieri sera è rientrato dopo aver fatto le ore piccole a Palermo: "Stasera - dice ai giornalisti - spezzeremo il circo mediatico. Faremo una cosa bellissima, inaugureremo stasera una seconda fase del Movimento. Lo vedrete". Il titolo è: "M5S, parte la fase due" (leggi qui la svolta che ha in mente Grillo). E, a proposito di fase due, il leader fa capire chi comanda: "Se devo fare il capo politico lo farò. Io ci sono a tempo pieno. Voglio vincere le elezioni e dimostrare che possiamo governare Torino, Roma, Livorno...anche con gli sbagli che abbiamo fatto. E ci serve questa storia".
Ore 12, Foro Italico, distesa verde sul lungomare di Palermo. L’incertezza è il programma: "Ma a Virginia arriva? E quando arriva?". Fino a ieri sera era previsto il suo bagno di folla a Italia 5Stelle insieme al sindaco di Torino, Chiara Appendino, simbolo del Movimento che ce l’ha fatta. Erano loro che avrebbero dovuto prendere la parola subito dopo l’onnipresente Grillo, che apre, che chiude, che presenta, grande mattatore della scena. E invece, spiegano dall’organizzazione: "Raggi resta a Roma, per questa storia della palazzina crollata, arriva domani". Si capisce che dietro la scelta, più che un problema di voli, c’è una scelta d’immagine, evidentemente intaccata già dalla falsa partenza a Palazzo Senatorio: "Chissà quante altre polemiche - dice Ferrara, capogruppo M5S in Campidoglio - se Virginia fosse venuta alla festa dopo il crollo della palazzina".
Scaletta da ridefinire. La Appendino è arrivata, con l’immagine che funziona: pantalone color panna, canotta e la calca di attivisti che chiedono un selfie. Poche parole: "La Raggi - dice - è giusto che sia rimasta a Roma". Lo spettacolo però al momento è solo Grillo. Sentite qua, rivolto ai giornalisti, sempre all’uscita dell’albergo: "Se noi, con tutto il battage contrario che fate perdessimo due o tre punti dovremmo essere calati del centro percento. Se non accade vuol dire che anche gli stupidi non vi seguono più". E poi: "Siamo noi che andiamo nei talk show e vi guardiamo da casa. Questo circolo sarà spiazzato stasera".
Al Foro italico partono le agorà, gruppi di discussione attorno a quattro piccoli palchi: "Il Mose doveva salvare Venezia invece è la più grande tangente di Italia. Vi ricordate Galan?", si sente da una parte. "Dietro i centro di accoglienza degli immigrati c’è la mafia, vi ricordate Mafia Capitale?". Discussioni ordinate, a poco a poco arriva gente. In rosticceria vanno forte gli arancini. Il giallo resta ancora il programma: "Ma Davide Casaleggio parla o no stasera? Pare di no". Ricapitolando, Virginia no, Davide neppure. Eppure c’era, tre ore prima, annunciato nero su bianco in un post di Beppe Grillo, assieme a tutto il Direttorio.
Modificato il post, Casaleggio sparisce. Ore 13.15, riecco Grillo, stavolta al Foro italico. Almeno una certezza.

SONDAGGIO
Le polemiche delle scorse settimane non sembrano avere scalfito la leadership di Luigi Di Maio all’interno del Movimento 5 Stelle. Mentre a Palermo è partita la kermesse M5s in cui Grillo dovrebbe confermare il suo massimo sostegno al vicepresidente della Camera, secondo un sondaggio condotto da Scenari Politici per l’Huffington Post, Di Maio è ancora in cima alla lista delle preferenze del popolo m5s. Tra i membri del direttorio, il 59% degli intervistati lo lo sceglie come leader, seguito da Alessandro Di Battista (35%), Roberto Fico (4%), Carlo Sibilia (1%) e Carla Ruocco (1%).

direttorio

Non c’è partita invece se nella "competizione" entra anche il fondatore e garante Beppe Grillo. Per il 52% degli intervistati è lui il leader del Movimento, seguito da Di Maio (27%) e Di Battista (18%).

grillo

Nelle intenzioni di voto il Partito democratico resta invece saldo al comando, con il 32,3% delle preferenze. Il Centrodestra, se aggregato in una lista unica, potrebbe raggiungere il 31,2%. Divisi, i singoli partiti si attestano su percentuali più basse, anche se si registra il sorpasso, seppur di misura, di Forza Italia (12,9%) sulla Lega (12,3%). Stabile intorno al 25% il Movimento 5 Stelle.

preferenze

In caso di ballottaggio però, scenario che l’Italicum renderebbe più che probabile, i pentastellati restano quelli con maggiori chance di vittoria sia in un confronto con il Centrosinistra (51,5% contro il 28,5%), sia contro il Centrodestra (55% contro il 45%). In una sfida tra Centrodestra e Centrosinistra sarebbe netto il successo dello schieramento guidato dal Pd: 54,5% contro 45,5%.

PIGLIACAMPO
Più di tre mesi dopo le elezioni, la città di Roma non ha ancora una giunta comunale completa e pienamente operativa. Molti prescelti dalla sindaca si sono dimessi dall’incarico dopo poche settimane: l’assessore al Bilancio, il capo di Gabinetto, l’amministratore unico di Ama, quello di Atac. Anche la poltrona dell’assessore all’Ambiente è traballante. Una disfatta, per gli elettori inattesa e inspiegabile.

Molti commentatori, nei giorni scorsi, hanno cercato di motivare il fallimento della Raggi con le divisioni interne al movimento 5 stelle, individuando una "corrente" che farebbe capo alla deputata Lombardi. Il punto di discordia sarebbe l’eccessiva vicinanza delle scelte della Raggi, in fatto di incarichi di gestione amministrativa, a quelle "di destra" fatte dall’ex sindaco Alemanno. È quindi solo un problema di linea politica ad aver provocato tutto questo? Più di qualcosa non torna, almeno per chi ha buona memoria e ricorda l’entusiasmo della Lombardi per noti cliché fascisti.

Il problema è più profondo e riguarda la natura stessa di M5S, che non può essere in grado di governare alcunché senza prima fare scelte chiare sulla propria forma organizzativa e sulle proprie modalità di propaganda. Dal primo aspetto dipende la capacità di un partito di organizzare il confronto interno ai diversi livelli e di formare adeguatamente la propria classe dirigente, potenzialmente chiamata a ruoli di responsabilità pubblica. Il secondo aspetto sembra finalizzato esclusivamente alla raccolta di consenso, invece coinvolge fortemente la prima sfera aggravandone limiti e contraddizioni.

Fino a oggi il partito di Grillo ha privilegiato la propaganda a discapito dell’organizzazione, consapevole che maggiore spazio ha il confronto interno, meno efficace è la raccolta di consenso. Tuttavia, un partito politico che intenda governare deve imparare a tenere in equilibrio i due aspetti, che sono due facce della stessa medaglia destinate a non guardarsi mai.

Su questa dinamica impatta l’influenza dei mezzi di comunicazione utilizzati per fare confronto interno, da un lato, e propaganda, dall’altro. Sappiamo infatti che i media non sono mai neutrali e le loro caratteristiche strutturali influenzano fortemente le caratteristiche di una comunità e la sua capacità di sviluppo, ancor di più se la comunità si pone finalità di medio-lungo periodo come sono gli obiettivi politici. Nel caso del M5S, Grillo e Casaleggio hanno scelto programmaticamente di basare non solo la propaganda ma anche la modesta organizzazione del confronto interno sull’utilizzo del web, piegando il secondo alla prima sotto il vuoto slogan di "democrazia diretta".

Il problema è che i nuovi media reticolari non possono fare altro che soffocare la partecipazione critica a favore di un coinvolgimento acritico e di tipo fideistico. È la loro natura di mezzi "tribali". Il risultato, non sorprendente per gli studiosi dei media, è una comunità politica coesa ma fragile, convinta delle proprie idee ma incapace di renderle concrete, pronta a lottare ma insofferente a qualsiasi forma di contributo esterno.

In un partito politico adulto e affidabile, invece, gli spazi di confronto non sono strumenti di coesione sociale, bensì zone franche, libere dalla necessità di conferma d’appartenenza e pronte ad accogliere nuove idee e nuove istanze. Solo il politico abituato a misurarsi con ciò che gli è alieno può avere chance di governare tutto il diverso da sé che trova in un’intera città.

PEZZO DI MENICUCCI STAMATTINA SUL CORRIERE
ROMA «Signore e signori, vi presento i nuovi assessori di Roma Capitale». Sala delle Bandiere, Palazzo Senatorio, Campidoglio. Virginia Raggi, con un malcelato senso di liberazione, svela i suoi «assi» alla giunta riunita a porte chiuse: niente consiglieri comunali, stavolta, zero aiutanti o persone di staff. Le comunicazioni sono riservatissime e non devono uscire da quella stanza.

Come mai tanta segretezza? Perché Raggi, dopo le tre settimane di stallo cominciate con le dimissioni di Carla Romana Raineri e Marcello Minenna e proseguite tra una sequela di «no» e il «pasticcio» De Dominicis, finalmente può comunicare i sospirati nomi mancanti: al Bilancio va Salvatore Tutino (ieri presente in giunta), ex dirigente del ministero dell’Economia e già consigliere della Corte dei conti, tacciato in passato da esponenti del M5S oggi avversi a Raggi, di appartenere alla «casta». Nessuno per ora si sbilancia, ma in pochi hanno apprezzato, a cominciare da Carla Ruocco e Alessandro Di Battista che nel 2013 attaccarono proprio il magistrato, perché la sua nomina alla Corte dei conti venne fatta da Palazzo Chigi poco prima che entrasse in vigore la legge di Stabilità nella quale era contenuto il tetto di 300 mila euro per le retribuzioni derivanti da incarichi e pensione: «Questo fa il nuovo Pd di Renzi! Se non ci fossero i cittadini nelle istituzioni certe notizie difficilmente uscirebbero», scrisse in un post Di Battista. Molti attivisti, adesso, sono inferociti: «Purtroppo è la conferma dei dubbi che avevamo su Raggi» si lascia scappare qualcuno.

Alle Partecipate è stato designato Alessandro Gennaro, classe ’77, professore alla «Sapienza», nativo di Veroli, provincia di Frosinone. Come responsabile dell’Anticorruzione, e forse un domani come capo di gabinetto, il tenente colonnello della Guardia di Finanza Gianluca Berruti, fratello maggiore dell’attore Giulio, uno dei «belli» della tivù cui è stato recentemente attribuito un flirt con una delle due figlie di Giovanni Malagò e Lucrezia Lante della Rovere. La «squadra» di Raggi, così, sarebbe di nuovo quasi al completo. Resta aperta la questione-Muraro, l’assessora sotto inchiesta per i rifiuti, che se ne tira dietro un’altra: la scelta del nuovo amministratore unico di Ama. Ieri l’assemblea dei soci è andata deserta e quindi per ora il dimissionario Alessandro Solidoro deve restare.

Alla sindaca, comunque, per ora basta così. L’obiettivo, infatti, era quello di andare a Palermo, per la manifestazione «Italia a Cinque Stelle» organizzata da Roberta Lombardi, con due «doti»: da un lato l’aver seguito la linea di Beppe Grillo sull’Olimpiade; dall’altro, però, aver fornito l’ennesimo segnale di autonomia (e «smarcamento» dai vari direttori) nella scelta dei nuovi assessori, che Raggi vuole annunciare dal palco siciliano.

L’altro nome, quello di Gennaro, è il «coniglio» che esce fuori dal cilindro. Lui, al telefono, non conferma e non smentisce: «Io assessore? Non sono ancora stato nominato...». Ma conosce la sindaca? «Non direttamente...». Ma ha mandato il suo curriculum, ha partecipato alla selezione? «A queste domande preferirei non rispondere. Non posso». La consegna per tutti, infatti, è il silenzio più assoluto.

Le nomine saranno ufficiali la settimana prossima, quando dovrebbe arrivare in Assemblea Capitolina la mozione per il ritiro della candidatura olimpica di Roma: documento sul quale, a seconda della stesura, pende il rischio di ricorso al Tar e alla Corte dei conti, rispetto al quale 17 consiglieri su 29 si sono già assicurati.
Ernesto Menicucci

EMANUELE BUZZI SU CDS STAMATTINA
DAL NOSTRO INVIATO

Palermo Una staffetta che suona (anche) come un finale di partita. Il match tutto interno tra pragmatici e ortodossi che ha rischiato di far implodere i Cinque Stelle vedrà forse il suo epilogo (momentaneo) proprio sul palco di Palermo. Vince la linea di Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista contro Roberto Fico, Carla Ruocco e la pattuglia dei senatori capitanati da Paola Taverna. Italia 5 stelle, il raduno che si apre oggi — tutto organizzato per tematiche, con tre esponenti M5S che si alterneranno sul palco per ciascun argomento — avrà il suo climax con il terzetto conclusivo stasera.

A passarsi il microfono — salvo modifiche dell’ultima ora alla scaletta, rimasta un rebus per tutto il giorno a causa dei forti malumori di alcuni parlamentari, che chiedono modifiche per le rivalità interne — saranno nell’ordine Di Battista, Luigi Di Maio e Davide Casaleggio. Poi, toccherà a Beppe Grillo (che potrebbe dar vita a qualche gag, prima, sul palco, con Virginia Raggi e Chiara Appendino) l’intervento conclusivo. Possibile che il poker d’assi parli — sotto diversi aspetti — dell’idea di un governo Cinque Stelle. L’esordio di Casaleggio jr di sicuro sarà segnato da un ricordo del padre e dal lancio del «sistema Rousseau» (a partire dalle funzioni di sharing ed e-learning), a cui sarà dedicato uno stand intero al Foro Italico.

Gli altri esponenti del direttorio? Saranno anche loro sul palco, ma coinvolti in singoli argomenti attinenti alle loro aree di competenza. L’ala ortodossa paga gli strali lanciati contro Raggi, le telefonate incalzanti ai vertici delle scorse settimane per sottolineare come il sindaco di Roma non avrebbe mantenuto la parola data sulle Olimpiadi. Un boomerang che ha finito per rilanciare il ruolo del sindaco e di Di Maio. Le acque del M5S rimangono agitate anche per via della nomina di Salvatore Tutino come assessore al Bilancio al Campidoglio.

Proprio per placare gli animi è intervenuto Beppe Grillo, arrivato ieri pomeriggio da Genova, che dal quartier generale del suo hotel ha cercato di fare da mediatore. «Beppe è in versione zen», dicono nel Movimento, «stempererà le tensioni», ripetono fiduciosi. Quello che filtra però è un diktat che impone massimo riserbo fino all’inizio della manifestazione, anche se deputati e senatori pubblicano sui loro profili social foto al mare e si dedicano anche a un triangolare di calcetto. «Questa è un’occasione per riunirsi, vedersi, confrontarsi: non aspettatevi novità sconvolgenti», dicono alcuni esponenti riferendosi alla nuova struttura post direttorio annunciata dal garante con un post sul blog. Proprio Grillo, in giacca scura, fa capolino sorridente fuori dall’hotel a sera. Con lui su due auto alcuni amici, lo staff della comunicazione e, soprattutto, Davide Casaleggio, in versione casual con sneakers e t-shirt. Una cena informale per dare il segno della nuova gerarchia dei vertici. Un segnale, anche di unità in un momento complesso (ieri il leader avrebbe ancora trattato la questione Raggi).

Intanto proseguono con ritmi febbrili i lavori al Foro Italico: ieri sera l’allestimento non era ancora stato completato. A fianco del palco principale sono disposti come ad onda alcuni stand: in zona si terranno le consuete agorà (una trentina), che impegneranno consiglieri e parlamentari.

Come tradizione senatori, deputati ed europarlamentari avranno degli stand dedicati per incontrare i militanti. Non sono escluse «sorprese scenografiche» per l’inaugurazione. Grillo sembra aver accantonato l’idea di uno sbarco in mongolfiera — copyright degli attivisti siciliani —, ma di sicuro Di Battista arriverà in scooter.

Lontano dai riflettori Di Maio, rassicurato dal nuovo equilibrio interno, sta già preparando le mosse per l’autunno. Si è mostrato in video con un profilo altamente istituzionale e si rincorrono voci di un nuovo asse con Milano.

A riprova della sua sicurezza sul futuro, mercoledì sera, intercettato in un ristorante romano con la sua compagna Silvia Virgulti e con il suo braccio destro Vincenzo Spadafora, il vicepresidente della Camera parlava dei suoi piani: «Io adesso non so se sto correndo davanti a tutti o se sto inseguendo qualcuno». Il «qualcuno» in questione e il riferimento è all’idea di un blitz antitempo come antagonista del premier. Di Maio sta accarezzando l’idea di un tour in Italia nei luoghi-simbolo — a suo avviso — dei delusi dal renzismo.

REPUBBLICA LAURIA-CUZZOCREA
ANNALISA CUZZOCREA EMANUELE LAURIA
PALERMO.
Un raduno dai numeri di un grande concerto rock: gli organizzatori attendono centomila persone. Un palco con dietro un grande striscione: «Cinque stelle di governo». E una scaletta che cambia fino all’ultimo, restando misteriosa. Così i 5 stelle affrontano la manifestazione che oggi e domani dovrebbe segnare il ritorno all’unità dopo le faide romane. Il “passo di lato” è scomparso. Beppe Grillo, alla vigilia dell’evento, si produce però nel solito dribbling di taccuini e telecamere, in una mossa con la quale mima una difesa personale e ironizza sullo spiegamento di poliziotti, vigili urbani e bodyguard privati che lo scortano in un piccolo albergo del centro. Hotel Posta, si chiama. Una ventina di camere, 90 euro a notte. Interamente requisito dai vertici di M5S. Grillo, appena arrivato, si sofferma al bar con Roberta Lombardi, il bolognese Massimo Bugani, Rocco Casalino e altri esponenti del Movimento. Poco più tardi, con un piccolo trolley in mano, arriva Davide Casaleggio, che si appresta al debutto pubblico dopo la morte del padre. Il fondatore e Casaleggio jr, in serata, vanno a cena insieme in un ristorante all’interno del mercato del Capo. Poi, più tardi, una riunione operativa allargata ad altri big.
Si lavora sui dettagli di una kermesse sulla quale ancora pesano le scorie del caso Raggi: la sindaca di Roma, che in un primo momento compariva nella lista degli ospiti dell’albergo che accoglie Grillo e il direttorio, la scorsa settimana è stata spostata, su disposizione degli organizzatori, in un’altra struttura dove soggiorna anche la torinese Chiara Appendino.
Saliranno sul palco insieme, le due sindache, un modo per neutralizzare l’”applausometro”, visto che la prima cittadina romana sarà accolta a Palermo da molta diffidenza, almeno da parte degli eletti: il Movimento aspetta ancora i tagli di stipendi che aveva promesso, a partire da quello del suo capo della segreteria Salvatore Romeo. E guarda con sospetto all’imminente nomina ad assessore al Bilancio di Salvatore Tutino, il consigliere della Corte dei Conti protagonista di un caso contro cui i 5 stelle si erano battuti (c’è ancora a testimonianza un video di Alessandro Di Battista) visto che era stato scelto dal governo Letta in tempo per non essere colpito dal tetto di 300mila euro agli stipendi.
Ci saranno tutti o quasi, i sindaci 5 stelle. Non ci sarà però Federico Pizzarotti: al Movimento di Parma non è neanche stato concesso il solito gazebo. Uno schiaffo a tutti gli attivisti - scrive lui su Facebook - e attacca Grillo: «Un garante che si mostra vicino ad alcuni e lontano da altri non può essere garante di nulla. Per quanto mi riguarda, e al contrario dei vertici, io posso guardare le persone negli occhi senza provare vergogna».
Nessuna risposta. Grillo ieri era impegnato a rivedere i dettagli dello spettacolo - che sarà condotto da Rosita Celentano e Claudio Gioè - intervenendo anche sull’ordine degli interventi. È stato lui a graziare la senatrice Barbara Lezzi, che era stata esclusa dal palco perché ritenuta colpevole di critiche eccessive nei confronti di Luigi di Maio per le sue bugie sul caso Muraro. Ed è stato lui a dover sciogliere l’ultimo nodo. Quando far parlare gli esponenti del direttorio? Chi scegliere, per il gran finale? L’incontro di ieri in albergo con la comunicazione serviva proprio a questo. Alla fine, si è deciso che la giornata clou - quella con i discorsi più importanti - sarà quella di oggi. Domani si temono temporali e partenze anticipate. A salire sul palco - a sera - dovrebbero essere prima Alessandro Di Battista, Luigi Di Maio e Davide Casaleggio, insieme. Poi lui, Grillo, il leader ritrovato. Una nuova gerarchia che sta creando divisioni profonde e il cui impatto dovrebbe essere ammorbidito dal lancio della “non struttura” che d’ora in poi reggerà i 5 stelle. Quel direttorio allargato di cui si è parlato nei giorni del caos romano e dentro cui tutti gli eletti sperano di poter trovare un ruolo. Compresi quegli esponenti del direttorio (Roberto Fico, Carla Ruocco e Carlo Sibilia) che avevano protestato contro le bugie di Virginia Raggi e Luigi Di Maio, ma che per questo sembrano essere stati puniti dal Movimento della trasparenza. Un Movimento che ieri, sul blog, ha scelto le due leggi più votate sul portale Rousseau: quelle scritte dai cittadini che gli eletti si impegnano a portare in Parlamento. Le ha svelate il giornale Formiche.net. Sono l’introduzione del vincolo di mandato per i parlamentari e il ritorno delle case chiuse.

LASTAMPA DI STAMATTINA

Verrà liquidato, a poco a poco. Il direttorio del M5S per come lo conoscevamo non esisterà più. Il succo della storia di questo ultimo tormentato mese sarà quello che vedremo sul palco di Palermo: l’urlo di Beppe Grillo che si riprende la scena e la guida del M5S. Chiuderà lui lo spettacolo e lo farà annunciando che il M5S rinascerà simile a come era prima della svolta più istituzionale incarnata da Luigi di Maio. «Più orizzontalità»: questo il concetto. Qualcuno la chiama già la non-struttura. Nasceranno i gruppi tematici che rispolvereranno il senso originario delle 5 Stelle. Enti locali, ambiente, economia e finanza, meet-up, cultura, e altro. Ogni gruppo avrà i suoi componenti i quali costruiranno un filo diretto con Grillo per le decisioni da prendere. Lui avrà l’ultima parola dal punto di vista più politico. Le scelte saranno condivise sulla piattaforma Rousseau e votate online sul blog. Si torneranno a fare più votazioni, perché, ha detto Grillo a chi condivide con lui questo progetto: «Siamo nati con la forza del web e ci siamo persi un po’ nei Palazzi, lontani dalla gente. Abbiamo fatto troppe poche votazioni negli ultimi tempi». Pochi voti, vuol dire anche meno clic. E il blog è un’interfaccia non solo politica ma anche aziendale.
Il direttorio muore anche per «ammutinamento», perché al suo interno si sono create due cordate. Quella di Di Maio, che ha puntato sulla leadership mediatica, condivisa con Alessandro Di Battista. E quella invece di chi considera i personalismi una malattia mortale per il M5S. Non che Di Maio fosse contento della «crocifissione» (come la chiamano i deputati a lui più vicini) a cui è stato sottoposto dopo il caso dell’indagine sull’assessora all’Ambiente di Roma tenuta nascosta da lui e da Virginia Raggi. Con il no alle Olimpiadi e la nomina ormai certa, dopo un mese di vacatio, dell’assessore al Bilancio, la sindaca a Palermo avrà il suo bagno di folla e la benedizione pubblica di Grillo. Sarà Salvatore Tutino, giudice contabile in pensione, a tenere le chiavi delle casse della Capitale. Ieri il magistrato ha ricevuto i saluti dei colleghi alla Corte dei Conti. La nomina ufficiale in consiglio slitta alla settimana prossima. Certo non proprio una scelta che fa felice l’arcinemica della sindaca Carla Ruocco, che tre anni fa aveva inserito Tutino nell’elenco della «casta», per la nomina di consigliere della Corte dei Conti, firmata dall’allora premier Enrico Letta, alla vigilia dell’approvazione della legge di Stabilità che avrebbe imposto un tetto agli stipendi pubblici.
La riabilitazione palermitana comunque non riguarderà solo Raggi ma anche Di Maio. Per evitare che i rancori si trasformino in rivolta interna, è stato il vicepresidente della Camera tra i primi a essere d’accordo con la fine del direttorio. Ma Di Maio non ha intenzione di tornare nell’anonimato del mucchio pentastellato. Anzi, ha in mente di riprendere la strada verso la candidatura per Palazzo Chigi. Saranno, infatti, lui e Di Battista a parlare prima della chiusura di Davide Casaleggio e Grillo domenica sera. Il linguaggio del palco dirà che i due vip del M5S restano loro, ma all’ombra di Grillo che tornerà a guidare di fatto il M5S. La blindatissima scaletta prevede ci sia anche un ospite a sorpresa. Si sfila invece polemicamente il sindaco Federico Pizzarotti perché «i vertici hanno negato a Parma la possibilità di installare il gazebo informativo». Per lui Grillo è ormai «il garante di nulla».
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