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 2016  settembre 17 Sabato calendario

L’ALLEANZA TRA APPENDINO E PD CAMBIA I CINQUE STELLE


Raggi di rottura, Appendino di continuità. La parabola delle due sindache Cinque Stelle segue traiettorie divergenti, e ben racconta le due anime del movimento che alle ultime elezioni ha conquistato pezzi importanti di amministrazioni pubbliche locali: a Roma si va allo scontro – sia all’interno del M5S che con le opposizioni –, a Torino si cerca il dialogo, sia con i partiti tradizionali, in primis il Pd, attraverso la strana alleanza con Sergio Chiamparino (subito ribattezzata Chiappendino), che con i poteri della città.
E la linea dell’apertura sembra per ora pagare. I sondaggi assegnano a Chiara Appendino un indice di gradimento superiore a quello di Virginia Raggi, nonostante la sindaca di Torino, 32 anni, non possa vantare risultati di molto superiori a quelli fin qui raggiunti dalla collega.
Le promesse sulla trasparenza sono ancora lontane dall’essere realizzate. E il divario tra le «due Torino», la ricca e la povera – su cui Appendino ha costruito buona parte della campagna elettorale contro Piero Fassino – resta ampio. Del reddito di cittadinanza per ora non si scorge traccia. «È compito del governo», continua a ripetere la giovane bocconiana torinese.
L’uscita del Comune dall’osservatorio tecnico sulla Torino-Lione, altra promessa elettorale, è ferma ai nastri di partenza, tra i malumori di una buona fetta di elettorato pentastellato. E ancora. Appendino aveva chiesto da subito la rimozione di Francesco Profumo dalla presidenza della Compagnia di San Paolo. Non ha neppure scalfito la poltrona su cui è seduto. I Cinque Stelle avevano anche proposto la nomina di un advisor per verificare i bilanci comunali, ma si sono dovuti scontrare con la legge sulla pubblica amministrazione che vieta di affidare il compito a soggetti esterni, se non in caso di necessità estrema. Anche sulla trasparenza è tutto fermo. La sindaca di Torino, proprio come Raggi, aveva aderito alla campagna promossa da Riparte il Futuro e Trasparency Italia su “Sai chi voti” impegnandosi a pubblicare nei primi 100 giorni una delibera che avrebbe istituito degli audit pubblici per la nomine nelle partecipate. Dopo 60 giorni di mandato, della delibera ancora non c’è traccia.
«Né da Appendino né da Raggi abbiamo ricevuto notizie sulle delibere», conferma a pagina99 Federico Anghelè, campaigner di Riparte il futuro: «Abbiamo incontrato l’assessore Marzano a Roma la scorsa settimana e lì qualcosa sembra muoversi. Su Torino attendiamo notizie». Anche Giuseppe Sala, sindaco di Milano, aveva aderito alla campagna Sai chi voti, ma non si era reso disponibile a concedere audit pubblici in fatto di partecipate. Una prudenza che potrebbe adesso tornargli utile.
A luglio, il consiglio comunale ha approvato il Torino Plan, circa 62 pagine programmatiche che dovrebbero definire l’azione del sindaco nei prossimi mesi, una base di partenza certo più consistente di quella di Raggi ancora alle prese con la formazione completa della giunta e la nomina di un assessore al Bilancio. Non solo. La sindaca torinese si è contraddistinta per un maggiore attivismo: ha prodotto 169 delibere contro le 30 della sua collega romana.
Gli obiettivi principali sono però tutti da realizzare nel medio o nel lungo periodo. Alla voce bilancio – assessorato che è stato affidato a Sergio Rolando, manager di esperienza, già direttore finanze della Regione sotto la giunta leghista di Roberto Cota – l’obiettivo è abbattere il debito dell’amministrazione con una riorganizzazione della macchina comunale e con «una pianificazione strategica per il rafforzamento delle società partecipate». Come si legge nel programma, si attende il prepensionamento di un migliaio di dipendenti entro il 2019. Ma potrebbe non bastare, perché il debito di Torino è tra i più alti d’Italia. Stando a quanto dichiarato da Fassino in campagna elettorale, negli ultimi cinque anni sarebbe sceso da 3,3 a 2,86 miliardi di euro. Ma secondo i Cinque Stelle sarebbe più alto, perché alcuni «buchi» non sarebbero stati dichiarati dall’ex primo cittadino. Di qui l’obiettivo di una ricognizione generale dello stato del bilancio comunale e degli atti amministrativi che non è ancora stata terminata. In campagna elettorale Appendino aveva proposto di affidare la questione a un advisor, ma le ultime leggi sulla pubblica amministrazione lo vietano tranne in caso di estrema necessità. Resta da capire come mai in Comune non ci sia qualcuno capace di fare una due diligence rigorosa sui bilanci comunali.
Di reddito di cittadinanza, come detto, non si parla più, anche se era stato uno dei cavalli di battaglia della campagna elettorale. E non ve ne si fa accenno nel Torino Plan, che contiene solo un riferimento vago alla necessità di combattere la povertà in città. A tre mesi dall’insediamento, Appendino ha segnato un solo vero punto a suo favore: la riduzione dei costi nella macchina comunicativa del comune. Con Fassino lo staff costava 557 mila euro, ora arriva appena a 200 mila euro, dopo l’accorpamento del capo di gabinetto e del portavoce, con la cancellazione della figura del city manager. Ora è Paolo Giordano l’uomo forte del primo cittadino.
Dopo le dimostrazioni estive in riva al Po, foto di rito su Facebook in maglietta e scopettoni, le alghe che infestano il fiume non sono state debellate. Ora probabilmente dovrà intervenire un’azienda esterna. Poi ci sono i problemi sul fronte mense scolastiche. Nei mesi scorsi la Corte di Appello del tribunale di Torino ha ordinato al Comune e al ministero dell’Istruzione di ammettere a scuola anche il pranzo da casa in alternativa alla mensa. Al momento non è stata ancora trovata una soluzione concreta. Appendino ha incontrato le madri inferocite per i costi delle mense scolastiche e ha promesso un servizio migliore nelle scuole. Si attendono misure. Anche sul fronte valsusino è tutto ancora fermo. Qualche settimana fa, la sindaca espresse solidarietà alla polizia contro i No Tav, attirandosi le critiche dei grillini contrari all’Alta Velocità in Val Susa. Ma l’uscita dall’osservatorio tecnico sulla Torino-Lione, come promesso, potrebbe rivelarsi più complicata del previsto: Appendino ha già ammesso di non poter fare più di tanto per bloccare la grande opera. Per tenere a bada gli elettori valsusisini è stato eletto presidente del consiglio comunale Fabio Versaci, storico attivista No Tav: una mossa che sa molto di Prima Repubblica.
Sulla Compagnia di San Paolo nulla si è mosso. Profumo è rimasto al suo posto, inamovibile. Unica piccola vittoria, la nomina nel consiglio generale, non quello esecutivo, della ricercatrice Valeria Cappellato. Nel frattempo da palazzo Chigi arrivano pressioni per il rinnovo del parco rotabile del servizio pubblico e per lo sviluppo del tunnel della Linea 1 in corso Grosseto. Il Movimento Cinque Stelle è contrario. Ma nel caso in cui si blocchino i lavori, c’è il rischio che il Comune debba pagare una penale da 20 milioni di euro. Appendino ha incontrato il ministro Graziano Delrio e ha preso tempo. Per ora, tutto rinviato a data da destinarsi.