Silvio Piersanti, il venerdì 23/9/2016, 23 settembre 2016
L’HOTEL PER MUSULMANI ASPETTA I CLIENTI AI PIEDI DEL MONTE FUJI
TOKYO. Se siete musulmani e volete godervi in santa pace una meravigliosa vista del monte Fuji, andate al Syariah Hotel Fujisan, sulle rive del lago Kawaguchi, ai piedi della montagna sacra giapponese. Non preoccupatevi di prenotare: l’albergo – con ristorante halal e piccola moschea – è stato inaugurato oltre un mese fa e ancora non ha visto l’ombra di un cliente. «Perché?» si chiede, comprensibilmente preoccupato, il proprietario, Shigeru Yamashita. «Eppure ho fatto tutte le cose in regola: chef halal da cinque stelle, carne di maiale e alcolici rigorosamente banditi, camere arredate con gusto e anche provviste di frecce puntate alla Mecca per aiutare i fedeli a prostrarsi in preghiera nella direzione prescritta».
Yamashita-san non demorde. Ha fede nei numeri che il primo ministro Abe sciorina con orgoglio: entro il 2020, quando Tokyo ospiterà i giochi olimpici, i turisti stranieri che visiteranno annualmente il Giappone saranno 40 milioni, il doppio di quest’anno. «Tra questi ci saranno quelli provenienti da popolosi Paesi asiatici a maggioranza musulmana come Indonesia e Malesia, potenziali clienti del mio albergo» si augura il tenace imprenditore.
Ha ben ragione di non aspettarsi prenotazioni da musulmani giapponesi. Prima di tutto perché sono pochi, non più di 100 mila su oltre 127 milioni di abitanti, e poi perché molti non amano sottolineare la propria appartenenza all’Islam dopo la fuga di documenti dagli archivi digitali della polizia giapponese nel 2010. Si scoprì allora che della vita privata di 72 mila musulmani residenti in Giappone, la polizia aveva ogni dettaglio grazie a telecamere e microfoni celati nei luoghi da loro frequentati, moschee incluse, e ad agenti segreti infiltrati. «Il solo fatto di essere islamico ti fa apparire un potenziale terrorista agli occhi della polizia» afferma Junko Hayashi, prima avvocatessa musulmana giapponese. «Vediamo agenti in borghese nelle nostre moschee. Persino i nostri figli sono considerati futuri terroristi allevati in casa. Tra le schede dei 72 mila musulmani sorvegliati, 16 mila riguardano studenti delle scuole pubbliche. Inevitabilmente, cresceranno sentendosi isolati ed esclusi» conclude amaramente l’avvocatessa, in prima linea nella battaglia per la difesa dei diritti dei compatrioti musulmani. (Silvio Piersanti)