Sebastiano Vernazza, La Gazzetta dello Sport 22/9/2016, 22 settembre 2016
RONALDO 40. IL FENOMENO CHE HA CAMBIATO IL CALCIO
Destino vuole che il calcio in vent’anni ci abbia regalato due Ronaldo, ma fateci caso, quando in una conversazione a sfondo ronaldesco il soggetto non è chiaro, scatta la precisazione: «Ronaldo il Fenomeno...» oppure «Ronaldo quello vero». Senza nulla togliere a Cristiano, Ronaldo di oggi, il distinguo ci sta. Nel decennio dei Novanta, Ronaldo il Fenomeno ha aperto l’era del calcio digitale, non è casuale che la sua parabola sia coincisa con nascita, diffusione e affermazione del web. Oggi Ronaldo compie quarant’anni e tutti, più o meno, camminiamo ricurvi sugli smartphone. Ai tempi del Fenomeno avevamo cellulari con le antenne. Steve Jobs ha cambiato il mondo, R9 il calcio.
Ronaldo ha traghettato il football nell’era dell’alta velocità. I grandi prima di lui - Di Stefano, Pelé, Cruijff, Maradona e gli altri - regalavano giocate fantastiche, ma ad andature «umane». Il Ronaldo ventenne veniva accreditato di tempi da sprinter olimpico, tre secondi e qualche cosa sui trenta metri lanciati. Tecnica al massimo dei giri. La Pirelli lo assoldò per una campagna pubblicitaria con slogan a misura di Fenomeno: «La potenza è nulla senza controllo». Questo è stato Ronaldo: massima forza in massimo governo di palla. Andava a cento all’ora (si fa per dire) col pallone incollato ai piedi, e del pallone e degli avversari disponeva a piacimento. Tanta possanza a un certo punto gli si è rivoltata contro, col passare delle stagioni tendini e ginocchia facevano sempre più fatica a reggere masse muscolari impressionanti. Gli infortuni, il suo calvario, ma bisogna levarsi dalla testa il ricordo del Ronaldo trentenne, bolso, ingrassato e affaticato. Il vero Ronie si è visto al tramonto del Novecento e all’alba del Duemila, e se oggi Cristiano Ronaldo e Leo Messi sono quello che sono il motivo è semplice: da bambini guardavano il Fenomeno in tv, mentre imperversava nel Barcellona e nell’Inter.
Ronaldo ha vinto quasi tutto. In bacheca gli mancano la Champions League e uno scudetto italiano. Non sono vuoti da poco, ma due Palloni d’oro, svariate coppe e il Mondiale del 2002 in Giappone e Corea del Sud, il «suo» Mondiale, compensano i buchi. In realtà Ronie di Coppe del Mondo ne ha sollevate due, ma la prima, Usa ‘94, arrivò senza che Ronaldo giocasse un minuto. E qui scatta l’aneddoto. Ronie aveva 17 anni, i 18 li avrebbe compiuti a settembre. La stampa brasiliana premeva perché il c.t. Carlos Alberto Parreira lo facesse giocare. Troppo forte era la voglia di rivedere la favola del Pelé ragazzo prodigio a Svezia 1958, ma Parreira non ne voleva sapere e a Ronie non concesse neppure una briciola. Così i giornalisti brasiliani presero via via a insultare il c.t.. Non c’era conferenza in cui dal fondo della sala non si levasse un mormorio contro Parreira: «Burro, burro», sibilavano a decine. «Burro» in portoghese vuol dire asino. Né il trionfo nella finale di Pasadena, ai rigori contro l’Italia, né la Coppa sul tavolo frenarono la protesta. Per i giornalisti brasiliani, il povero Parreira «burro» era e «burro» rimase, non c’era trofeo che potesse assolverlo dal peccato mortale di aver ignorato il fenomenale ragazzo.
La fenomenologia di Ronaldo travalica i campi di calcio. Ronie è stato un fenomeno sportivo e sociale, ha smosso masse, scatenato edizioni straordinarie di telegiornali: il suo malore a Francia ‘98 resta un mistero insoluto. Ronaldo ha avuto molte fidanzate, ma è stato forse l’unico calciatore a cambiare l’anagrafe di una di loro: Susana Werner, la sua prima storica compagna, oggi moglie di Julio Cesar, diventò per tutti Ronaldinha. Buon compleanno, Ronie.