Stefano Vecchia, Avvenire 22/9/2016, 22 settembre 2016
CINA, NUOVO ALLARME SULL’ESPLOSIONE DELLA BOLLA
Dopo l’allarme dei mesi scorsi lanciato da Credit Suisse, «profondamente preoccupato a proposito dell’economia cinese nel medio e lungo termine, senza vedere una via d’uscita», con l’avvertimento che «la solidità finanziaria attuale non potrebbe garantire da una debolezza futura», è ora la Banca dei Regolamenti internazionali a esprimere preoccupazione per l’andamento del credito nella Cina popolare.
La Bri ha diffuso un rapporto in cui segnala i rischi che l’esplosione del credito pone sul sistema bancario cinese nel prossimo triennio. A partire dal dato di un divario tra credito e Pil del 30,1% nel primo trimestre. Quello più elevato tra i Paesi presi in esame dall’istituto che dalla svizzera Basilea coordina attività delle banche centrali di 60 Paesi con complessivamente il 95% del Pil mondiale, ancor più se paragonato con il secondo, ovvero il Canada con solo il 12,1%.
Sembra confermarsi, quindi, con un ritorno della Cina al vecchio schema di crescita basata su massicci investimenti e liberalità del credito, la debolezza che anche Moody’s e Standard & Poors hanno evidenziato, rivedendo nei mesi scorsi previsioni da ’stabile’ a ’negativo’ la considerazione del credito del governo cinese, sottolineando che «la velocità e la profondità delle riforme del sistema industriale statale potrebbero essere inadeguate a attenuare i rischi di una crescita alimentata dal credito».
A conferma di questa situazione e anche su azioni complessive che recentemente hanno sollevato dubbi sull’onestà delle riforme annunciate, è di pochi giorni fa l’affermazione del presidente Xi Jinping che una bassa crescita non è più tabù e che il Paese ha ora più bisogno di consolidamento che di record. Forse una considerazione dettata dai dati economici e da una crescita che da quella già limitata al 6,9% del 2015, la più bassa da 25 anni, rischia di arretrare sulla trincea del 6% quest’anno.
A rischio, secondo la Banca dei Regolamenti internazionali, è una tendenza che sembra non avere prospettive di rallentamento. La necessità delle imprese di far fronte a nuovi progetti ma anche a nuove difficoltà, ha portato il rapporto tra debito e Pil al 255% nel 2015, con un balzo dal 220% del 2013. L’Unione delle Banche svizzere (Ubs) arriva a prevedere il 300% entro il 2020. Tuttavia, se l’elevata attitudine al risparmio delle famiglie, un mercato dei capitali ancora agli albori, la proprietà pubblica di banche e delle centrali di credito, oltre che un gran numero di grandi creditori suggeriscono che è impossibile mettere fine in tempi brevi a questa tendenza, l’istituzione elvetica non prevede in tempi brevi una collasso del sistema creditizio.