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 2016  settembre 17 Sabato calendario

L’INDIA CHE VOLA. O FORSE NO?


Sono passati poco più di due anni da quando la stampa mondiale lo chiamava SuperModi. Da allora il premier eroe della destra hindu, Narendra Modi, che aveva travolto il Congresso con la promessa di ribaltare le sorti dell’India, ha fatto di tutto per mantenere alta l’attenzione dei media. A cominciare dal lungo tour per promuovere il Make in India, invito a investire in un subcontinente che lui assicura in espansione col più alto tasso di crescita del momento: oltre il 7,5%. L’uso dei social media e degli altri strumenti per rafforzare l’immagine di efficienza del governo non celano però la mancanza di concreti segni di cambiamento in una società ancora in gran parte rurale, povera e arretrata (col tasso più alto al mondo di malnutrizione).
A leggerli bene, gli stessi dati ufficiali sul Pil certificano che tra aprile e giugno l’economia indiana è scesa dello 0,8% (dal +7,9% al 7,1). Valutazioni basate comunque su un sistema di calcolo entrato in vigore proprio con Modi, che un capo analista di Morgan Stanley definisce: «un brutto scherzo, mentre l’ufficio statistico indiano è ormai lo zimbello dei circoli finanziari globali». Anche il Dipartimento di Stato Usa, in un recente rapporto, dichiara «esagerato» il tasso di crescita vantato e nota che «la retorica non corrisponde alle riforme». L’autorevole Raghuram Rajan, appena lasciata la guida della Banca centrale del paese, ironizza: «Mettiamo che la madre del bambino A badi ai figli della madre B e viceversa, e che ciascuna di loro paghi l’altra in ugual misura: il Pil salirebbe così della somma dei due stipendi, ma l’economia globale sarebbe migliore?». Tradotto, significa che se si usasse il sistema di calcolo tradizionale il reale tasso d’aumento del Pil sarebbe di almeno un 2% inferiore di quello dichiarato, con le banche indiane gravate dal più alto numero di crediti inesigibili dell’Asia: 5,9% contro l’1,5 della Cina.
Ma i campanelli d’allarme per Modi sono altri. Il continuo declino degli investimenti (anche esteri) riduce l’impatto della campagna Make in India, la stagnazione dei consumi e la notevole riduzione dei traffici di merci sulla rete ferroviaria e stradale fanno il resto. Nell’immediato futuro l’India spera nell’impatto di una delle campagne digitali più ambiziose del pianeta, con la ex holding petrolifera della famiglia Ambani (gruppo Reliance) decisa a connettere via internet l’intero subcontinente entro un anno e a prezzi imbattibili. L’ambiziosa operazione appena partita si chiama Jio, e le pubblicità che già tappezzano il paese mostrano un Modi benedicente. Molti si domandano, tuttavia, quanti villaggi e quanti poveri indiani usufruiranno, nella vita reale, dei benefìci di questa realtà virtuale.