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 2016  settembre 17 Sabato calendario

CARLETTO DOVE LO METTO? OVUNQUE: VINCE SEMPRE


Quattro “famiglie” di allenatori, non una di più. Quattro tipologie umane prima ancora che professionali che contengono, magari a volte forzando un po’, chiunque svolga questo lavoro: è l’analisi che un ex giocatore di cricket, Ed Smith – oggi apprezzato giornalista di Bleacher Report – ha dedicato al mestiere di chi sta in prima linea, stretto tra la competizione serrata indotta dai rivali e il fuoco non sempre amico di società e giocatori. Un pensiero acuto, oltre che affascinante. Ma quali sono le icone dei quattro partiti?
Due sono ovvie, e in queste settimane ne abbiamo parlato a dismisura. Pep Guardiola è l’Ideologo – primo “tipo” – ovvero il tecnico che ha un disegno molto preciso e non deroga di una virgola al suo raggiungimento. Il secondo “tipo”, l’Idolo, è rappresentato da José Mourinho: qualsiasi problema si presenti, la soluzione risiede sempre nella sua personalità, nel suo controllo, nella sua astuzia. Meno scontati gli altri due capifamiglia. Secondo Smith, che si “autodenuncia” figlio di insegnanti, il terzo “tipo” dev’essere l’Educatore, e come tale la sua scelta è caduta su Arsène Wenger: opzione interessante e sostenuta da solidi argomenti, come per esempio una dichiarazione dello stesso Guardiola in coda a un Arsenal-Bayern: “Nessuno mi ha mai dominato come ha fatto Wenger nel primo segmento di questa partita”.
L’Educatore, però, trova maggiore soddisfazione nello sviluppo dei suoi giocatori piuttosto che nel raggiungimento della vittoria. E questo nel calcio – o meglio nello sport di vertice – è un problema, perché in ultima analisi il successo è ciò che viene richiesto, a volte a prescindere dal modo. Perché Wenger da tempo non vince più? Perché le sue innovazioni sono state copiate (diete, stile di vita, scouting), perché da bravo insegnante vuole troppo bene ai suoi allievi e non se ne stacca quando è il momento, perché l’utopia di inseguire la longevità nello stesso club come Alex Ferguson lo sta rovinando. Scrive Smith che nel paesaggio della sua analisi Sir Alex è l’Unicorno, un pezzo unico destinato a non fare scuola, ma impossibile da racchiudere nelle quattro categorie citate.
Già, ce n’è una quarta. Ed è italiana. Carlo Ancelotti è il Cosmopolita, l’ultimo “tipo” individuato da Ed per la sua capacità universale di vincere in molti modi e per la leadership tranquilla – è il titolo di un suo libro, del resto – che sa esercitare. I quattro allenatori selezionati sono stati disegnati in situazioni simboliche: Guardiola alle prese con una scacchiera, Mourinho davanti a uno specchio, Wenger in cattedra a scuola. Ancelotti invece siede gongolante in giardino mentre attorno a lui se la ridono di gusto Paolo Maldini, Cristiano Ronaldo, John Terry e Zlatan Ibrahimovic, alcune delle superstar che ha guidato alla vittoria. Fra i metodi di Carlo, Ed cita l’abitudine a installare una macchina del caffè di alta qualità nel suo ufficio perché è l’immagine della buona vita di cui gode chi lavora con lui. Mangiar bene in un centro di allenamento stimola i giocatori a fermarsi a pranzo, e i “gruppi” nascono così. Molto cosmopolita.