Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  settembre 20 Martedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - OBAMA, RENZI E I MIGRANTI REPUBBLICA.IT OBAMA NEW YORK - "Sono davanti a voi per l’ultima volta"

APPUNTI PER GAZZETTA - OBAMA, RENZI E I MIGRANTI REPUBBLICA.IT OBAMA NEW YORK - "Sono davanti a voi per l’ultima volta". Barack Obama ha aperto così il suo ultimo intervento all’Assemblea generale dell’Onu di cui oggi si apre la settantunesima sessione. Nel ricapitolare i "progressi" compiuti negli anni in cui è stato presidente, Obama ha ricordato la crisi finanziaria del 2008 - la peggiore dalla grande depressione degli anni ’30 del secolo scorso - e come dopo questa "insieme abbiamo evitato un’ulteriore catastrofe e riportato la crescita globale alla crescita". "Dobbiamo correggere la globalizzazione, ma no ai nazionalismi e ai populismi", ha detto non rinunciando ad dare una stoccata a Trump: "Un Paese circondato dai muri imprigionerebbe sè stesso", ha aggiunto difendendo l’integrazione globale e criticando le tentazioni isolazioniste, con un chiaro riferimento polemico alla proposta anti-immigrati del candidato repubblicano di costruire un muro con il Messico per impedire l’accesso di migranti. Obama ha usato il suo ultimo discorso da presidente Usa davanti all’Assemblea generale delle Nazioni Unite per fare pressione affinché vengano aiutati di più "i rifugiati disperati nel trovare una casa". Secondo il commander in chief, "ci sono tante nazioni che stanno facendo la cosa giusta ma molte nazioni, specialmente quelle benedette dalla loro ricchezza e dalla loro posizione geografica, devono fare di più" sottolineando che questo non solo è dettato da un imperativo etico ma anche dalle ragioni di sicurezza nazionale. "Aiutare chi ha bisogno ci rende più sicuri". Onu, Obama: "No al razzismo, il mondo è troppo piccolo per concetti ormai superati" Condividi Nel pensare ai milioni di persone costrette da violenze, guerre, catastrofi ambientali a lasciare le proprio case, si deve "pensare a quello che faremmo se succedesse a noi, a nostri figli", ha aggiunto Obama citando le ragioni di chi dice che i "rifugiati devono fare di più per adeguarsi agli usi e costumi dei Paesi ospitanti". "Dobbiamo respingere qualsiasi forma di fondamentalismo, di razzismo e qualsiasi idea secondo cui esiste una superiorità etnica. Dobbiamo sposare la tolleranza che risulta dal rispetto per tutti gli esseri umani". "La nostra comunità internazionale deve continuare a lavorare con quelli che cercano di costruire, invece di distruggere". "No agli uomini forti e a modelli di società guidate dall’alto - ha continuato Obama - La democrazia resta il vero percorso da compiere. C’è un crescente conflitto tra liberalismo e autoritarismo"; il modello statunitense non è l’unico giusto, ma "sarò sempre dalla parte del liberalismo contro l’autoritarismo", ha detto Obama. "Credo che la vera democrazia rimanga la migliore strada" da intraprendere, ha aggiunto. "Il mondo oggi si trova davanti a una scelta: o andare avanti o tornare indietro. E noi dobbiamo andare avanti", ha scandito sottolineando la necessità di rafforzare la fiducia dei popoli. Perché "è più difficile governare se la gente perde la fiducia". Il presidente ha anche lanciato un appello a "correggere la globalizzazione, ma no ai nazionalismi e ai populismi", ha detto. Bisogna "lottare contro le disuguaglianze e colmare il divario tra i più agiati e i meno abbienti", ha affermato davanti all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York. "Per me - ha aggiunto - questa non è beneficenza. "Dobbiamo agire in modo ambizioso altrimenti le conseguenze saranno amare", ha sottolineato. "La risposta non può essere un semplice rifiuto dell’integrazione globale ma lavorare affinché gli scarti siano colmati e risolti", ha spiegato. "Dopo la fine della Guerra Fredda possiamo dire che il mondo è più prospero che mai, ma le nostre società vivono nell’incertezza. Vorrei suggerire di proseguire e non tornare indietro a un mondo diviso. Per quanto imperfetti diritti umani, internazionali, democrazia, libero scambio, rimangono le basi per il progresso umano. Non mi sto basando su teorie ma su fatti reali che spesso dimentichiamo", ha detto Obama che ha parlato anche dei vantaggi che globalizzazione e capitalismo hanno portato in molti Paesi. "Un mondo in cui l’1% dell’umanità controlla una ricchezza pari al 99% non è uguaglianza. Capisco che è sempre esistito il divario tra ricchi e poveri" ma ora "si è acuito" e "la tecnologia permette di vedere il contrasto per cui la persone hanno maggiore percezione delle ingiustizie e chiedono ai governo di fare qualcosa. Le economie funzionano meglio se si riduce il gap tra i salari, tra ricchi e poveri. L’obiettivo non è punire i ricchi ma rendere più equa la società e prevenire nuove crisi". Infine, ha concluso Obama "dobbiamo rifiutare qualsiasi forma di fondamentalismo, qualsiasi credenza di superiorità etnica", dobbiamo invece "rispettare tutti gli esseri umani". "Per andare avanti, dobbiamo riconoscere i risultati raggiunti" e "non abbandonare i principi di governance responsabile e i diritti umani che restano le fondamenta del progresso umano in questo secolo"; ma "c’è bisogno anche di una correzione di rotta". Nel suo ultimo discorso Obama, ha invitato a riconoscere "i risultati raggiunti dal progresso per aumentare la fiducia nelle istituzioni". Ma ha sottolineato anche che "per andare avanti dobbiamo riconoscere che il percorso attuale richiede anche una correzione di rotta: troppo spesso coloro che lodano la globalizzazione dimenticano le diseguaglianze" che questa ha creato. La Corea del Nord è una "terra desolata", ha affermato Obama. "C’è un forte contrasto fra il successo della corea del Sud e la terra desolata della Corea del Nord, che mostra come l’economia controllata dalla stato è una strada senza uscita". "La Russia sta cercando di riguadagnare la gloria perduta tramite la forza", ha affermato il presidente americano, Barack Obama, all’Assemblea generale dell’Onu. Ma il mondo - ha aggiunto - è troppo piccolo per far risorgere "le vecchie mentalità". "Lo abbiamo visto in medio oriente, dove i leader perseguono gli oppositori politici o le minoranze. E questo ha aiutato a far crescere l’Isis". "Respingere qualsiasi forma di fondamentalismo o razzismo, inconciliabile con la modernità" ha detto Obama. "In Siria è difficile che ci possa essere una vittoria militare definitiva", ha ammesso Obama. Il presidente ha sottolineato che "dobbiamo proseguire nel tentativo dei trovare una soluzione diplomatica. La diplomazia è la vera chiave per fermare la violenza", ha detto il presidente facendo l’esempio di Israele. "Non si può affermare la propria leadership sminuendo gli altri. Israele sa che non può occupare in via permanente la terra palestinese". Ma, ha poi aggiunto, i palestinesi devono rinunciare ad incitare alla violenza. Altro tema caro ad Obama, l’ambiente: "E’ urgente che l’accordo sul clima di Parigi entri in vigore. Se noi non agiamo vigorosamente dovremo pagare il prezzo di massicce migrazioni, città sommerse, persone che abbandonano le loro case, riserve alimentari che si esauriscono". Bisogna avere, ha proseguito il presidente Usa "senso di urgenza" nella messa in opera dell’accordo e nell’aiuto ai paesi più poveri. PAPA FRANCESCO ASSISI - Le vittime della guerra che scappano dalle loro terre "incontrano troppe volte il silenzio assordante dell’indifferenza, l’egoismo di chi è infastidito, la freddezza di chi spegne il loro grido di aiuto con la facilità con cui cambia un canale in televisione". E ancora: "A loro viene spesso dato, come a Gesù, l’aceto amaro del rifiuto". Papa Francesco torna sul dolore dei migranti, e lo fa ad ad Assisi per la cerimonia di chiusura dell’evento interreligioso ’Sete di Pace’, organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio. Bergoglio si mette in ginocchio con i leader delle altre religioni nella città del Poverello "per pregare insieme il Dio della pace", fino a sentire la vergogna della guerra e senza chiudere l’orecchio al grido di dolore di chi soffre. "Noi - ha sottolineato Bergoglio nella Basilica Inferiore di San Francesco - la guerra non la vediamo. Ci spaventiamo per qualche atto di terrorismo ma questo non ha niente a che fare con quello che succede in quei paesi, in quelle terre dove giorno e notte le bombe cadono e uccidono bambini, anziani, uomini, donne. La guerra è lontana? No! E’ vicinissima, perchè la guerra tocca tutti, la guerra incomincia nel cuore". "Pensiamo oggi - ha esortato nella cripta dove riposano le spoglie del santo dei più poveri - non solo alle bombe, ai morti, ai feriti; ma anche alla gente, bambini e anziani, alla quale non può arrivare l’aiuto umanitario per mangiare. Non possono arrivare le medicine. Sono affamati, ammalati! Perchè le bombe impediscono questo. E, mentre noi oggi preghiamo, sarebbe bello che ognuno di noi senta vergogna. Vergogna di questo: che gli umani, i nostri fratelli, siano capaci di fare questo. Oggi giornata di preghiera, di penitenza, di pianto per la pace; giornata per sentire il grido del povero. Questo grido - ha scandito - che ci apre il cuore alla misericordia, all’amore e ci salva dall’egoismo". Poco prima di partire in auto dal Vaticano, il Pontefice aveva ricordato che "non esiste un Dio di guerra" e che la sua presenza ad Assisi aveva un significato molto chiaro, immenso: "Uomini e donne di tutte le religioni riunite insieme non per uno spettacolo, ma semplicemente a pregare per la pace". Qui, nella Basilica del Poverello, ribadisce: "Chi ascolta quelle vittime in fuga? Chi si preoccupa di rispondere loro? Essi incontrano troppe volte il silenzio assordante dell’indifferenza, l’egoismo di chi è infastidito, la freddezza di chi spegne il loro grido di aiuto con la facilità con cui cambia un canale in televisione". Francesco ha più volte spiegato come il mondo sia sotto lo scacco di una guerra mondiale a pezzi. Una guerra che gruppi di fanatici giocano anche nel nome di un Dio che non è il vero Dio. Insieme, il Papa ha più volte richiamato l’ipocrisia dei Paesi più ricchi che parlano di pace ma producono armi e bombe con le quali si provocano distruzione e morte. Ma "chi chiude l’orecchio al grido del povero, invocherà a sua volta e non otterrò risposta", ha detto il Papa citando le parole della Bibbia. "Se noi oggi chiudiamo l’orecchio al grido di questa gente che soffre sotto le bombe, che soffre lo sfruttamento dei trafficanti di armi, può darsi che quando toccherà a noi non otterremo risposte. Non possiamo chiudere l’orecchio al grido di dolore di questi fratelli e sorelle nostri che soffrono per la guerra". Papa Francesco ad Assisi, le campane suonano a festa Navigazione per la galleria fotografica 1 di 12 Immagine Precedente Immagine Successiva Slideshow () () E per il pranzo il Papa ha condiviso il tavolo con una ventina di migranti, col suo pensiero sempre rivolto a loro, vittime delle violenze dei più forti. Vittime anche di chi usa il nome di Dio per perpetrare morte e distruzione. "Di fronte a questo - ha scandito Francesco - non possono esserci divisioni di fede. E, mentre noi oggi preghiamo, sarebbe bello che ognuno di noi senta vergogna. Vergogna di questo: che gli umani, i nostri fratelli, siano capaci di fare questo. Oggi giornata di preghiera, di penitenza, di pianto per la pace; giornata per sentire il grido del povero. Questo grido - ha concluso Papa - che ci apre il cuore alla misericordia, all’amore e ci salva dall’egoismo". Al suo arrivo ad Assisi il Papa è stato accolto nel chiostro interno del convento di San Francesco dal patriarca ecumenico ortodosso di Costantinopoli Bartolomeo, dal primate anglicano Justin Welby, da Ignatius Aphrem II, patriarca siro-ortodosso di Antiochia, dal rabbino capo della comunità ebraica di Roma Riccardo Di Segni, da Abbas Shuman, vicepresidente dell’università islamica di al-Azhar, oltre che dal presidente della comuità di Sant’Egidio Andrea Riccardi. Francesco si è poi soffermato a salutare uno per uno i 25 rifugiati con cui si è seduto a tavola per condividerci il pranzo nel refettorio del convento. Prima del pranzo il Pontefice ha salutato uno ad uno i 510 leader (religiosi ma anche politici) che partecipano al meeting, impiegandoci oltre un’ora, poi ne ha incontrati singolarmente alcuni, e si è soffermato anche in un breve colloquio privato con il filosofo polacco Zygmut Bauman. CALAIS Un altro muro sta per spuntare nel cuore dell’Europa: sono cominciati oggi i lavori per la costruzione del “Great Wall”, il grande muro di Calais, nel nord della Francia, il cui obiettivo è impedire ai migranti in fuga da guerra e povertà di passare in Gran Bretagna. Un cantiere ad alta portata simbolica, tra i due Paesi simbolo di quello stesso Occidente che, a parole, tanto aveva criticato iniziative analoghe partorite ai confini sud-orientali del continente, dall’Ungheria in su. Alto quattro metri per un chilometro di lunghezza, il muro in cemento armato e dotato di telecamere di sorveglianza sorgerà a poche centinaia di metri dalla “Giungla” dei migranti che il governo di Parigi si è impegnato a smantellare entro fine anno. AFP UN MURO DA 3,2 MILIONI L’obiettivo è impedire ai disperati di introdursi illegalmente nei camion diretti a Dover, dall’altra parte del Canale. Interamente finanziata dal governo di Londra, la struttura completerà il recinto di protezione in ferro e filo spinato già eretto nella zona per impedire l’accesso al porto. Secondo la prefettura del Pas-de-Calais, il muro sarà pronto «entro fine anno». I lavori “preparatori” iniziarono a fine agosto. In base alle stime che circolano, il progetto dovrebbe costare 3,2 milioni di euro e fa parte di un pacchetto di misure del governo di Londra per meglio controllare la frontiera condivisa con le autorità francesi. Pacchetto che era stato stabilito da tempo fra i due Paesi e che l’ex premier David Cameron aveva presentato nell’incontro dello scorso marzo col presidente Hollande. ANSA 10MILA NELLA GIUNGLA Secondo le ultime stime, sono oltre diecimila i migranti del campo Giungla, non lontano dalla più importante arteria stradale che conduce al porto e agli imbarchi per l’Inghilterra. A decine ogni giorno tentano di salire sui tir diretti a Dover, spesso incolonnati in attesa di raggiungere i ferry, causando forti disagi, regolarmente messi in evidenza dalla stampa del Regno Unito. LA POLEMICA Ma l’iniziativa ha raccolto forti critiche. Non solo delle associazioni umanitarie ma anche da parte dei diretti interessati, gli autotrasportatori britannici. Una della loro associazioni, la Road Haulage Association, ha parlato di «spreco di denaro pubblico» e chiesto che invece i fondi vengano usati per migliorare la sicurezza e i controlli direttamente sulle strade, potenziando la presenza della polizia e anche usando l’esercito. La settimana scorsa, il governo di Parigi ha presentato un piano per suddividere i migranti di Calais su tutto il territorio nazionale. A otto mesi dalle elezioni presidenziali del 2017, il ministro dell’Interno, Bernard Cazeneuve, ha inviato una lettera ai prefetti della République per indurli a trovare entro fine anno 12mila posti per accogliere i profughi che verranno evacuati dalla “Jungle”. Un’iniziativa che non piace a molti sindaci di Francia. RENZI SULLA STAMPA.IT «Se l’Europa continua così noi dovremo organizzarci in modo autonomo sull’immigrazione: questo è l’unico elemento di novità di Bratislava dove si sono fatte tante parole ma non siamo stati in grado di dire parole chiare sul tema africano». Matteo Renzi a New York per il vertice Onu sui rifugiati torna a criticare Bruxelles per la gestione dell’emergenza migranti. «Ecco perché, con un eufemismo, non l’abbiamo presa benissimo. Juncker dice tante cose belle ma non vediamo i fatti. È un problema dell’Europa. L’Italia farà da sola, è in grado. Ma questo è un problema per l’Ue». LEGGI ANCHE - “Se vinco il referendum al vertice di Roma sarò più forte di Merkel e Hollande” «Stabilire una connessione tra sicurezza e immigrazione al momento non è nella realtà nei fatti. Punto. I terroristi che sono arrivati in Europa non hanno viaggiato in barconi ma in comodi aerei, quelli dell’11 settembre viaggiavano in business. Poi certo c’è il tema delle periferie», ha aggiunto Renzi. RENZI SU REPUBBLICA NEW YORK - Il cantiere della riforma elettorale è ufficialmente chiuso. Almeno per i prossimi due mesi. Se ne riparlerà semmai dopo il referendum. Matteo Renzi conferma a chiare lettere da New York quel che anche in Italia era ormai nei fatti, dopo il rinvio dell’udienza del 4 ottobre deciso dalla Consulta. Ne parla con toni informali coi giornalisti a margine della cerimonia di consegna del Global Citizen Award, ricevuto dal premier italiano dalle mani dal segretario di Stato Usa John Kerry lanciatosi, nella motivazione, in considerazioni di grande stima per l’amico italiano. A conferma di un rapporto più che solido, amichevole con l’amministrazione Obama. LEGGI. Renzi a New York: "Migranti, da Ue solo parole" LA DELUSIONE FRANCESE. "La verità - confessa in uno sfogo - è che manca la volontà politica di trovare una soluzione all’ondata migratoria nel Mediterraneo". Una circostanza che il capo del governo italiano attribuisce anche alla complicata congiuntura internazionale: "Siamo quasi tutti sotto scopa elettorale, in Germania, in Francia e anche noi abbiamo il referendum..." Come dire, ciascuno dei leader protagonisti non vuole entrare in rotta col proprio elettorato. "Dopo la Brexit sono stato invitato al vertice di Berlino per discutere insieme del futuro dell’Europa, ma non si capisce perché, a questo punto". Che visione ha l’Europa sul futuro? Quel che lo ha amareggiato di più è la posizione del presidente francese Hollande, a suo dire fin troppo "condizionato" dasell’influenza di Angela Merkel. Quello stesso Francois che pure il 9 settembre era seduto con lui, Tsipras e i premier di Portogallo, Malta e Cipro per fare fronte unico dei paesi mediterranei (in contrapposizione all’asse rigorista del Nord Europa). In ogni caso, come spiega poi lo stesso Renzi parlando davanti alle centinaia di ospiti dell’Atlantic Council e ringraziandoli per il premio, la posizione del nostro Paese è chiara: "L’Italia salva le vite nel Mediterraneo perché possiamo perdere il voto di qualcuno ma non possiamo perdere i valori propri degli essere umani". Sarà per ciò centrale "avere una strategia per l’Africa". L’ITALICUM NEL FREEZER. Serata newyorchese (in Italia notte avanzata), clima e contesto internazionale per la serata di gala al Museo di arte naturale di fronte Central Park, uomini in black tie, signore in lungo. Renzi, sollecitato a margine dai cronisti, risponde su quel che accadrà in Italia dopo la decisione della Corte Costituzionale che rinvia per il momento il pronunciamento sulla legittimità dell’Italicum. Ottima decisione, a sentire il premier, il campo viene sgombrato. "Il referendum costituzionale non riguarda la legge elettorale. E considero questo fatto molto positivo perché ora possiamo discutere nel merito della riduzione dei parlamentari, del superamento del bicameralismo perfetto, dell’abolizione del Cnel e dei poteri delle Regioni". E poco conta che il rinvio spenga qualsiasi chance di ricucitura a sinistra. Poi, circondato dai giornalisti al tavolo, il premier si lascia andare a qualche considerazione altrettanto informale ma stavolta amara sul fallimento (per l’Italia) del vertice di Bratislava. KERRY: COL ROTTAMATORE NELLA DIREZIONE GIUSTA. Il Global Citizen award va anche al primo ministro giapponese Shinzo Abe. Ma è il segretario di Stato americano a conferirlo a Renzi spiegandone così le ragioni. Il premier italiano viene definito "leader europeo dinamico e sempre più importante": con lui l’Italia "va nella giusta direzione". E ancora, il "rottamatore" e "high energy guy": "Ragazzo di grande energia". Il segretario di Stato elogia le "riforme" del governo e sottolineato come il nostro Paese sia impegnato sui dossier internazionali, dall’Iraq, all’Afghanistan. In Libia, sottolinea citando il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, Italia e Stati Uniti "lavorano insieme" e si registrano progressi nella lotta al Daesh. "Renzi è arrivato al potere - sottolinea Kerry - con il rispetto e la comprensione delle sfide, sa che deve allungare la mano e lavorare con molti". L’uomo di punta dell’amministrazione Obama racconta infine un aneddoto, per descrivere stavolta con ironia il premier italiano: "Il mese scorso in Cina eravamo tutti in barca e all’improvviso un pesce è salito sulla barca, il presidente gli ha dato un calcio e l’ha buttato in acqua, con abilità di calciatore". E Renzi, ringraziandolo: "Pensavo che l’Atlantic Council fosse una grande istituzione, fino a oggi. Dare il premio a me è un simbolo di declino...". RENZI E I MIGRANTI (FREP) NEW YORK - "Se l’Europa continua così, noi dovremo organizzarci in modo autonomo sull’immigrazione. Questo è l’unico elemento di novità di Bratislava, dove si sono fatte tante parole ma non siamo stati in grado di dire parole chiare sul tema africano. Ecco perché, con un eufemismo, non l’abbiamo presa benissimo. Juncker dice tante cose belle, ma non vediamo i fatti. E’ un problema dell’Europa. L’Italia farà da sola, è in grado. Ma questo è un problema per l’Ue. Da parte nostra, la priorità è la questione dei rapporti con l’Africa, come abbiamo detto a Bratislava, e poi la lotta al terrorismo globale". Così il premier Matteo Renzi, a New York per l’assemblea generale delle Nazioni Unite, in un punto stampa durante il summit Onu su rifugiati e migranti. Dopo la delusione di Bratislava, dunque, più che lamentarsi, il premier ha preferito mettere in evidenza il senso della responsabilità racchiuso in quel monito già usato in passato, poco più di un anno fa all’epoca dei primi respingimenti francesi a Ventimiglia, nella controversia sui migranti in ambito Ue: "L’Italia farà sola". Il tentativo di mettere in fuorigioco il presidente della Commissione e gli Stati membri che sulla grande emergenza non offrono alcuna garanzia di autentica collaborazione. Per rimarcare la delusione italiana sul tema dell’immigrazione oltre che sulla flessibilità dei conti pubblici, a Bratislava Renzi si era sottratto alla conferenza stampa congiunta con la cancelliera tedesca Angela Merkel e col presidente francese Francois Hollande, da lui ospitati poche settimane prima a Ventotene. Oggi, parlando della nuova batosta elettorale della sua Cdu nel land berlinese, Merkel ha promesso ai tedeschi che il prossimo anno non si avrà l’arrivo nel Paese dello stesso numero di migranti registrato quest’anno e che ha messo le ali all’estrema destra populista. Ma anche ribadito che Paesi come Italia e Grecia "non possono essere lasciati soli". A New York, Renzi ha spiegato ancora una volta la visione italiana sulla questione migranti. "Priorità da parte nostra sono i rapporti con l’Africa, come abbiamo cercato di dire a Bratislava". Dare priorità all’Africa, ha spiegato Renzi, vuol dire "evitare che chi viene qui in attesa di essere giudicato rifugiato stia a passare il tempo senza fare niente perché questo crea anche insofferenza. Vuol dire interventi in Africa, cooperazione internazionale, messa in sicurezza delle strutture in Africa. E fare sì che chi ha diritto abbia gli strumenti per vivere qui senza stare dalla mattina alla sera a bighellonare fuori dalle strutture pubbliche o private, perché desta la preoccupazione di tutti i sindaci di ogni colore politico". "O si interviene tutti quanti in Africa per fermare il flusso a monte - ha quindi avvertito Renzi - o è evidente che l’Europa non è in grado di farlo". Eppure, ha sottolineato il presidente del Consiglio, "al vertice di Bratislava di Africa non c’era neanche il nome. E’ evidente che l’Italia deve salvare tutti i migranti che può salvare, ma è altrettanto evidente che non può essere l’Italia a raccoglierli tutti. L’Italia non ha avuto un afflusso di migranti come quello straordinario della Germania lo scorso anno. Da noi i numeri più o meno sono simili a quelli dello scorso anno, qualcuno di più. Ma il problema non sono i numeri, non è nell’immediato. Il problema riguarda la strategia dei prossimi anni: o si interviene in tempo in Africa o l’Europa non è in grado di gestire il fenomeno". Lo scenario, per Renzi, dovrebbe essere chiaro a tutti, in Europa. Ma "la mia impressione - ha aggiunto il premier - è che se l’Europa continua così, l’Italia dovrà organizzarsi in modo autonomo. E su questo ci stiamo tarando per il 2017. Questa è la novità, questo è il messaggio uscito da Bratislava. Questo è il motivo per cui, per dirla in maniera eufemistica, non l’abbiamo presa bene. Mi dispiace perché questa è un’occasione persa per l’Europa, più che una sconfitta per l’Italia. Io credo che in Europa qualcuno debba riflettere. Noi a Bratislava abbiamo semplicemente detto la verità". Da New York, Renzi ha commentato anche la lettera con cui il sindaco di Milano Beppe Sala, partendo dall’evidenza del fallimento europeo nella gestione del problema migranti e ricordando che l’accoglienza resta un dovere, ha invitato l’Italia ad "uscire dall’idea di essere una piattaforma di prima accoglienza" e ha chiesto al governo, "soprattutto un governo di sinistra" di "provvedere a una nuova e efficace politica di integrazione". "Ho letto le considerazioni di Sala - ha spiegato Renzi -, non le giudico una critica, ma pongono un tema vero. I comuni che accolgono sono il 10% di tutti i comuni. Il sistema degli Sprar (Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati, costituito dalla rete degli enti locali che per la realizzazione di progetti di accoglienza integrata accedono, nei limiti delle risorse disponibili, al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo, ndr) può essere ridiscusso e lo stiamo facendo insieme a tutte le realtà comunali: con l’Anci, il responsabile imigrazione, con il Viminale e con gli altri soggetti su come gestire. Siamo pronti a discutere con i sindaci e la lettera di Sala è uno stimolo: ne avevamo parlato martedì scorso durante la firma del patto di Milano, non ci prende alla sprovvista ma non ha urgenza per domani mattina". LA LETTERA DI SALA CARO direttore, In tema di immigrazione è tempo di prendere atto che le condizioni intorno a noi sono profondamente mutate. Non definiamola più emergenza, oggi siamo nel pieno di una dolorosa, costante problematica da gestire. Centinaia di migliaia di persone fuggono la guerra, la fame e la persecuzione. L’Unione Europea dimostra tutta la fragilità della sua politica, che sta rapidamente diventando impotenza. Un’ulteriore stretta dei controlli alle frontiere e il rigetto di ogni forma di accoglienza sono dietro l’angolo in un numero crescente di Paesi. È quindi di tutta evidenza il clamoroso e doppio fallimento europeo: non riesce a controllare i flussi in partenza e non riesce a gestire qui le persone che arrivano. L’Italia sta faticosamente facendo la sua parte. Questo va detto chiaro e forte. Come cittadino ritengo che l’accoglienza non sia una scelta, ma un dovere. Come sindaco di Milano sono convinto che la nostra città viva nell’accoglienza uno dei tratti distintivi della sua identità. Come uomo di sinistra penso che ogni singolo migrante vada richiamato ai suoi doveri, ma nel frattempo gli tendo la mano. Proprio per questi motivi, sono consapevole del fatto che il nostro Paese deve passare a una consapevole gestione del fenomeno. L’Italia deve uscire dall’idea di essere una piattaforma di prima accoglienza. E’ certo che la questione non può riguardare solo i non molti Comuni che se ne occupano, ma che il governo, soprattutto un governo di sinistra, deve provvedere a una nuova e efficace politica di integrazione. Non è facile, ma è da sinistra che deve arrivare la spinta ad affrontare la questione, attraverso una programmazione che coinvolga da subito le amministrazioni regionali. Milano sta facendo tutto il possibile. Negli ultimi tre anni abbiamo accolto oltre 100.000 profughi. Ma è necessario che il governo operi perché tutto questo non continui a pesare come un macigno sulle spalle della città. Abbiamo bisogno di una politica di integrazione seria, pianificata e dotata dei mezzi finanziari adeguati. Il governo deve valutare se dare vita ad un unico soggetto che si occupi di immigrazione e accoglienza mettendo insieme i diversi tasselli del mosaico: il sistema Sprar, il rapporto con i Comuni, la circolazione di buone pratiche, l’uso di caserme e così via. A supporto del lavoro del Ministero degli Interni. Bisogna poi costruire un nuovo e reale sistema di integrazione. Si tratta di proporre un nuovo patto a chi arriva: noi faremo tutto quello che serve a darvi una mano, voi mostratevi disponibili da subito ad aiutarci dove serve, mettendovi a disposizione di programmi per conoscere le nostre leggi e la nostra lingua. Noi milanesi abbiamo nel lavoro e nella comprensione reciproca l’essenza più profonda del nostro stare insieme. Per questo a fine settembre avvieremo una sperimentazione per inserire centinaia di richiedenti asilo nelle attività di cura del territorio. Oggi l’immigrazione non è un cerino da passare di mano in mano. È una questione gigantesca che chiede un radicale cambio di passo a livello nazionale. O daremo sostanza a questo cambio di passo o finiranno per prevalere egoismi e paure, che porteranno altri milioni di voti ai populisti di ogni genere. L’Europa si sta rivelando su questo fronte più un ostacolo che un sostegno. Dobbiamo agire subito e bene, per fare quello che la nostra coscienza di governanti ci chiede di fare. L’autore è sindaco di Milano FALCOMATA’ ROMA - "Non mi sento solo perché il confronto con il governo, con il prefetto Morcone acapo del dipartimento dell’immigrazione, è costante, ma Reggio Calabria è al collasso, siamo in grande difficoltà: mancano le risorse". Giuseppe Falcomatà, il giovane sindaco di Reggio, rilancia l’appello di Giuseppe Sala, il primo cittadino di Milano. Sindaco Falcomatà, la destra dice che anche voi sindaci di centrosinistra vi siete finalmente accorti che sull’immigrazione così non va bene. Noi battiamo un colpo con spirito costruttivo e propositivo. La destra strumentalizza e fa polemica e continua con l’insensato tormentone di "aiutiamoli a casa loro". E’ volgare e distruttiva. Noi vogliamo parlare di ciò che serve, convinti tra l’altro che l’Europa pone più difficoltà di quanto non sia d’aiuto. La mia è una città in prima linea. Lei è in prima linea ad affrontare l’emergenza immigrazione? Non parlerei ormai più di emergenza, come ha segnalato Beppe Sala. Non è più un’emergenza. Ormai il flusso delle navi che arrivano è continuo e costante, quindi si tratta di una problematica da gestire. Quanti sono gli sbarchi? Sono arrivi, nel senso che i barconi sono intercettati in mare dalle navi dell’operazione Frontex ecc. Tra la primavera e l’autunno da noi arriva una nave a settimane con picchi d’estate di navi con 800-900-mille migranti. Cosa si può fare, secondo lei? Per me è importantissimo dare attuazione a quanto previsto nel decreto enti locali, che ha assegnato ai sindaci di occuparsi non di tutti i minori accompagnati presenti sul territorio, bensì solo dei bambini, ovvero fino ai 14 anni. Questo è importante perché il legislatore, non potendo immaginare la tragedia in atto, li affidava alla diretta responsabilità del sindaco. Ovviamente gran parte dei migranti che arrivano in città si dichiarano nati il primo gennaio del 2000 e questo provoca un rallentamento delle procedure di accoglienza. Reggio Calabria è centro d’accoglienza? "Reggio è centro di primissima accoglienza. Significa che una volta fatte tutte le visite mediche del caso, i migranti devono essere trasferiti in altre città che sono centro d’accoglienza. Questa procedura che sulla carta è di poche ore, dura settimane e spesso anche mesi. Allora l’amministrazione comunale deve individuare strutture di destinazione diverse, come palestre, campi sportivi e centri civici per l’accoglienza". Lei si sente solo? "Solo no, il confronto, ripeto, è costante. Però siamo al collasso mancano le risorse economiche anche umane". Mancano gli impiegati? "Abbiamo 800 impiegati mentre in pianta organica ne sarebbero previsti 1.697. Gli arrivi comportano l’attivarsi della macchina amministrativa. Il Comune è in piano di equilibrio e quindi ha vincoli di spesa, non può ricorrere all’indebitamento, non può assumere personale e deve ridurre di anno in anno la spesa corrente. Semplice per un sindaco!" Proposte? "Da soli come amministrazione, con l’aiuto della prefettura, del volontariato abbiamo creato il centro d’accoglienza Archi. E lì è accaduto l’episodio positivo di alcuni migranti che hanno deciso volontariamente di rendersi utili ripulendo strade e aiole. Potrebbe appunto farsi un patto con i migranti perché siano protagonisti attivi e partecipi della comunità che li accoglie. Inoltre ci vuole una authority che coordini a livello nazionale ministero, prefetture, associazioni, amministrazioni". Ci vuole un ruolo delle Regioni?. "Sì, i governatori dovrebbero essere coinvolti. Le Regioni facciano la loro parte". EZIO MAURO Una regione che nella "distribuzione" dei migranti arriva al 13 per cento contro il 9 per cento della Sicilia, l’8 di Piemonte, Veneto, Lazio e Campania, il 7 di Emilia, Puglia e Toscana, il 3 del Friuli e l’1 per cento delle province di Trento e Bolzano.