rivistaundici.com 25/3/2016; Maurizio Molinari, La Stampa 10/9/2015, 25 marzo 2016
IL CALCIO AI TEMPI DELLO SHABBAT – Mentre il sole cala alle spalle del Teddy Kollek Stadium, un manipolo di tifosi si sta accalcando vicino a uno dei baretti fatiscenti disposti ai margini delle tribune: alla fine del primo tempo, un caffè o una bibita fredda servono a lenire il calore che accerchi il campo
IL CALCIO AI TEMPI DELLO SHABBAT – Mentre il sole cala alle spalle del Teddy Kollek Stadium, un manipolo di tifosi si sta accalcando vicino a uno dei baretti fatiscenti disposti ai margini delle tribune: alla fine del primo tempo, un caffè o una bibita fredda servono a lenire il calore che accerchi il campo. Levy è arrivato al campo per seguire il match di seconda divisione tra Hapoel Gerusalemme e Maccabi Herzliya, in campo c’è anche suo figlio, con la maglia dei primi. Nonostante il risultato sia ancora in bilico, bloccato su un tiratissimo 0 a 0, Levy avvicina il suo ragazzo dicendogli: «Lo Shabbat inizia in meno di un’ora». È sicuro che capirà. Come racconta in un lungo articolo il New York Times, Levy non è l’unico a lasciare lo stadio: una serie di circostanze che coinvolgono diritti televisivi, pianificazione logistica e disponibilità degli stadi, ha reso avvenimenti del genere sempre più frequenti. Molti religiosi appassionati di calcio in Israele hanno dovuto lasciare le gare prima della conclusione. Una costante durante la stagione, dovuta alla volontà di rispettare i dettami del sabato ebraico, che inizia esattamente al tramonto del venerdì. Anche Daniel Cohen, un altro fan dell’Hapoel Gerusalemme che come Levy ha dovuto lasciare lo stadio in anticipo, si è chiesto «perché non possono semplicemente cominciare un’ora prima?». La ragione principale è una: il denaro. Il governo della Professional Football League israeliana, che è a capo delle prime due divisioni del Paese, ha stretto accordi con una televisione per trasmettere le partite di campionato in alcune finestre ben precise, una delle quali comincia appunto il venerdì alle 15. Le ricadute di tali scelte sono, tuttavia, più complesse: cominciare le gare in quell’orario, soprattutto in inverno, significa correre il rischio di far coincidere pericolosamente le gare con l’arrivo del tramonto. Per molti appassionati che non guidano o utilizzano energia elettrica durante lo Shabbat, telefoni cellulari compresi, tornare a casa per stare con la propria famiglia richiede spesso l’uscita anticipata dallo stadio. Per molto tempo il governo calcistico ha spinto per far disputare le gare di sabato, ma dopo le proteste di un nucleo di circa 200 calciatori che non volevano scegliere tra la santità del sabato e i loro obblighi in quanto parte delle squadre in cui militano. La disputa ha avuto risvolti inusuali, tra giudici che chiedevano al governo di validare esenzioni e deroghe e il rifiuto deciso del ministro incaricato, in quanto membro di un partito politico ultra-ortodosso. Questioni controverse che attraversano ancora il paese, rimbalzando nei tribunali e le comunità sportive del paese, senza trovare ancora soluzione. La questione si inspessisce a diversi strati. Non solo le tifoserie ma anche calciatori come Guy Dayan, centrocampista dell’Hapoel Acre, club di prima divisione. Dayan è uno dei tanti giocatori che mancano spesso le riunioni pre-partita. Quando l’Hapoel Acre gioca di sabato, rimane in un albergo diverso da quello dei compagni, a pochi passi dallo stadio. Dopo la gara, Dayan, che si è detto molto più religioso da circa 6 anni a questa parte, torna in albergo ad attendere il sabato mentre i suoi compagni lasciano lo stadio in autobus. Dayan ha difeso la scelta di giocare durante lo Shabbat – qualcosa che la maggioranza degli ortodossi si rifiuterebbe di fare perché proibito. Per lui è solo un lavoro che gli permette di provvedere alla sua famiglia, un’evoluzione di qualcosa che è cambiato profondamente rispetto a vent’anni prima, in cui «i calciatori estremamente religiosi avrebbero deciso di smettere con il calcio, o giocato soltanto in club di terza divisione, dove non si gioca durante lo Shabbat». Anche se il numero di ebrei altamente religiosi a prendere parte alle gare pare essere in continua crescita. Dov Lipman, un ex membro del parlamento israeliano che ha lavorato per colmare i divari culturali tra ebrei osservanti e laici, ritiene che questo gruppo stia spingendo per una rivalutazione del concetto stabilito secondo cui gli sport competitivi siano principalmente sotto il dominio degli israeliani laici. In passato, gli ebrei religiosi hanno spesso scoraggiato i loro figli di partecipare a sport organizzati a causa degli inevitabili conflitti con il sabato. «Ma quel gruppo sta rivalutando la questione, perché vogliono essere coinvolti», ha detto Lipman. Si sta lavorando per pianificare più gare di domenica, una giornata lavorativa e giorno di scuola in Israele, ma significherebbe considerarlo come un secondo giorno di riposo per l’intera società israeliana, una questione tutt’altro che semplice. Per ora, la discussione continua. Dayan sostiene che i calciatori hanno ricevuto il sostegno delle più grandi squadre del paese, come il Maccabi Tel Aviv, Maccabi Haifa e Beer Sheva, che si sono dette a favore delle proteste contro l’intrusione dei match durante lo Shabbat. Il punto è che non hanno potuto schierarsi pubblicamente per paura di ritorsioni contro il club. Se la questione non verrà risolta questa primavera, Dayan e gli altri calciatori sono pronti a protestare di nuovo, prendendo anche in considerazione uno sciopero all’inizio della prossima stagione. Per molti il professionismo e la religione continuano ad essere elementi inconciliabili. Mentre il sole cala alle spalle degli stadi c’è chi è già fuori dallo stadio, sulla strada di casa e della fede. *** MAURIZIO MOLINARI, LA STAMPA 10/9/2015 – Il calcio israeliano sopravvive alla guerra dello Shabbat. L’avvocato dello Stato, Yehuda Weinstein, ha stabilito che «nessuno potrà essere legalmente perseguito perché gioca a calcio di sabato» nonostante la recente sentenza del Tribunale del Lavoro che andava nel senso opposto. I calciatori del campionato israeliano avevano minacciato lo sciopero a oltranza se fossero state abolite le partite di Shabbat ma ora la Federazione calcio nazionale rassicura i tifosi: «I campionati si svolgeranno regolarmente». Il capo dello Stato, Reuven Rivlin, è un appassionato tifoso di calcio - la sua squadra è il Beitar Jerusalem - ed aveva auspicato una composizione della disputa legale innescata dalla denuncia presentata al Tribunale del Lavoro da alcuni giocatori ebrei osservanti, lamentando la discriminazione subita a causa della scelta delle rispettive squadre di giocare di sabato - il giorno ebraico del riposo - impedendogli così di scendere in campo. Rivlin ha difeso, in un intervento alla radio, il vigente “status quo” fra laici ed osservanti, in base al quale «i laici in Israele di sabato vanno al mattino in sinagoga e più tardi allo stadio». E Weinstein, con il suo pronunciamento, ne ha confermato la legalità. Il plauso del governo arriva da Miri Regev, ministro dello Sport, che rassicura i giocatori osservanti: «Sarà una commissione ad hoc a garantire i diritti di chi non vuole giocare il sabato». *** ANSAMED 6/9/2016 – TEL AVIV - Dopo i lavori ferroviari durante lo shabbat - bloccati dal premier Netanyhau, nonostante l’urgenza, per paura di reazioni negative degli ultraortodossi - i partiti religiosi sono intenzionati ad andare all’attacco dei negozi aperti, soprattutto a Tel Aviv, durante il riposo sabbatico. Secondo indiscrezioni dei media, il ministro degli interni, e leader di Shas, una delle formazioni della coalizione di maggioranza di Benyamin Netanyahu, sta formulando una proposta di legge che mira alla proibizione del lavoro di shabbat, inclusi gli alimentari e i chioschi. Al tempo stesso Deri suggerisce che il governo non intervenga nella politica del comune di evitare l’applicazione delle leggi sul lavoro di sabato in tre percorsi specifici a Tel Aviv, oltre che nei negozi che operano presso le stazioni locali di gas. In sostanza, secondo Haaretz, l’unica possibilità di negozi aperti avverrebbe a Tel Aviv in sole tre zone: il porto di Jaffa, quello di Tel Aviv e il complesso commerciale di Sarona in centro città. Israele: governo scricchiola dopo ’crisi Shabbat’. Caos treni per lite premier-ministro. Incontrastato mattatore della politica interna, Benyamin Netanyahu ha subito ora un repentino calo negli indici di gradimento degli israeliani per le ripercussioni di una lite avuta col ministro dei trasporti Israel Katz (Likud) circa l’opportunita’ di svolgere durante il riposo sabbatico lavori urgenti di manutenzione alle ferrovie. Preoccupato per le ripercussioni negative nelle relazioni con i partiti ortodossi, venerdi’ il premier li ha bloccati a sorpresa. Di conseguenza i lavori sono stati completati solo domenica 4 settembre, paralizzando la linea ferroviaria Tel Aviv-Haifa e lasciando 150 mila passeggeri in balia di altri trasporti pubblici aleatori. A completare il pesante fine settimana e’ giunto il crollo a Tel Aviv di un parcheggio sotterraneo quasi completato. Anche in questa circostanza il governo si e’ trovato sotto accusa perche’ il disastro - costato la vita ad almeno due manovali - ha illuminato una deficienza nota, ma trascurata, nei controlli statali dei cantieri edili dove dall’ inizio dell’anno si sono avuti gia’ altri 32 morti. Un bilancio piu’ pesante di quello subito per gli attacchi terroristici. Le immagini del caos nel traffico di Tel Aviv hanno offuscato l’immagine pubblica del premier e nei sondaggi pubblicati dalla stampa odierna la maggioranza degli israeliani attribuiscono a lui - e non al ministro Katz - la responsabilita’ della crisi. La maggioranza degli israeliani ritengono inoltre che la questione dei lavori condotti durante il riposo sabbatico - sui quali in passato i partiti ortodossi sono rimasti cauti - non siano stati la vera scintilla della crisi. A loro parere essa sarebbe stata generata piuttosto dai rapporti avvelenati fra Netanyahu e Katz che, ancora di recente, ha cercato invano di arginare lo strapotere del premier nei vertici del Likud. Netanyahu - sostengono alcuni opinionisti - ha visto nella autorizzazione di Katz di autorizzare i lavori di sabato una ’’bomba ad orologeria’’ concepita per scardinare l’attuale coalizione di governo.