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 2016  settembre 20 Martedì calendario

QUI GAZEBO. DA NOI SOLO DOMANDE. LE RISPOSTE POI (FORSE)

Sotto il Gazebo c’è sempre Zoro, Don Diego de la Vega al galoppo nelle praterie televisive da stasera in onda alle 20:10 per 4 appuntamenti alla settimana (con raddoppio, in seconda serata, il venerdì, sempre su Rai3). All’anagrafe si chiama Diego – Diego Bianchi – anche lo Zoro nato a Roma nel 1969: “Un nome che prima dell’avvento di Maradona non aveva quasi nessuno. Alle elementari, per ragioni misteriose, nella mia classe ce n’erano tre. La maestra pensava a una colossale presa in giro”. Nell’arte, da molti anni, Bianchi è maestro. Sotto la lente deformata di una realtà grottesca, Gazebo mette primi ministri e buffoni di corte in democratica alternanza.
Lei è abituato a documentare ciò che racconta. Con 5 trasmissioni in 7 giorni non le sarà impossibile?
Sarà più complicato, ma per viaggiare resta il fine settimana. Compatibilmente con il calendario della Roma, spero di non morire in ufficio.
Tra le novità di Gazebo, una striscia dedicata alle lotte degli operai dell’Alcoa in bilico tra gli esperimenti di Nanni Loy e Cinico tv.
Abbiamo seguito passo passo la vicenda dell’Alcoa e così a me e ad Andrea Salerno è venuto in mente di trasformarla in una striscia quotidiana di un minuto. Un film a episodi che arrivando in palinsesto poco prima di Un posto al sole non poteva che intitolarsi Un posto Alcoa.
Da ragazzo avrebbe mai immaginato un futuro in tv?
Non riuscivo a pensare a ciò che avrei fatto da grande. Non mi sono mai fatto domande precise e non ho mai ricevuto risposte precise.
Sembra il tema dello spot con cui avete lanciato il Gazebo di quest’anno: Una parodia dello slogan utilizzato da Politics di Semprini.
Parodiare quel che vediamo ci viene abbastanza spontaneo, di domande precise ce ne siamo fatte tante, sulle risposte stiamo ancora lavorando.
Torniamo alle domande che si faceva da ragazzo?
Ho affrontato tutte le tappe tipiche di chi non ha idea di che direzione prenderà la propria vita. A iniziare dalla facoltà universitaria. Scelsi Scienze politiche. Il titolo della mia tesi era “Lega e Rete, dall’opposizione al governo locale”. Il professore con cui mi laureai – Domenico Fisichella – divenne ministro del governo Berlusconi poco dopo.
E dopo la laurea?
Ho fatto di tutto. Dal 2000 al 2008 ho lavorato per Excite, uno dei primi portali italiani. Mandai un curriculum e venni assunto dopo due giorni.
Che esperienza fu?
Dodici mesi in un portale di quel genere come producer, a quell’epoca, valevano come un anno dei cani: un settennato. Andammo in gita societaria a San Francisco. C’era gente che si calava dalla pertica per raggiungere il piano di sotto e altra che lavorava come se nulla fosse fino alle 5 del mattino. Un luna park. Tornato a Roma feci i conti con la realtà.
E la realtà qual era?
Da responsabile di una redazione, con l’ambizione di fare un sito online di qualità, feci presto i conti con l’annosa dicotomia tra illusioni e concretezza.
Traduciamo concretezza?
Senza i video porno non avremmo potuto pagare gli stipendi. YouTube non esisteva, non si parlava di social network e caricare un video sul web equivaleva ad accendere il fuoco all’età della pietra. Ma il porno, esattamente come oggi, già tirava che era un piacere. C’era gente che entrava in ufficio e non faceva altro, con mille attenzioni, che selezionare contenuti. Non mi sono più dimenticato quale fosse la categoria, il risultato più cercato dagli utenti.
Qual era?
“Autopompe”. Mi sembra una parabola universale, applicabile a universi anche molto lontani tra loro.
Lei, da “elettore perplesso” è rimasto di sinistra. Non le pare poco “sindacale” girare, montare e condurre accorpando su di sé una dozzina di professionalità?
Non sono un robot e non mi sento ancora in colpa, faccio più cose insieme, è vero, ma solo nella misura in cui ho imparato a farle. Mediamente e tenendo il profilo il più in basso possibile.
Un conduttore anomalo.
Per come mi presento sono un conduttore atipico, ma sempre per il gioco di squadra. Senza Andrea Salerno, Makkox, Marco Damilano, Antonio Sofi e Missouri 4, il vero tassista che continua a guidare per le strade di Roma e occasionalmente passa un po’ di tempo con noi, Gazebo non esisterebbe.
Si dice che al grido di “In questo programma manca la fica” qualche dirigente eccepisca periodicamente sull’assenza di fanciulle.
È vero. È capitato. A Gazebo in verità lavorano tantissime ragazze, ma ho sempre trovato ‘quote rose’ una locuzione offensiva. Altrimenti dovremmo pensare anche alle quote calve, a quelle rosce, eccetera, eccetera. Le sembra possibile? A me no.