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 2016  settembre 18 Domenica calendario

AGNELLI, DA SEMPRE CONTROCORRENTE: UN PO’ LUPO E UN PO’ “CAZZONE”

Dicono di lui, malignamente, che in un remake de Il buono, il brutto e il cattivo potrebbe interpretare almeno due ruoli. Ma il set giusto per Agnelli sarebbe stato quello di Harry Potter: l’avessero notato prima del povero Alan Rickman, chi meglio del rocker lombardo nei panni di Severus Piton, l’ombroso e severo professore di Pozioni che detesta tutti gli allievi che non facciano parte della sua squadra? Dopo il suo debutto a X Factor 10 in tanti si sono chiesti chi sia questo signore delle tenebre che sparge (salutari) dosi di veleno sui concorrenti privi di una minima stilla di talento. Manuel ha già messo le mani avanti: “La mia immagine tetra? Sono un cazzone come gli altri”.
Mica vero: il leader degli Afterhours non è noto per una carriera da intrattenitore nei villaggi Valtur. Gli astuti autori del talent di Sky lo hanno ingaggiato per incarnare la parte del malvagio, quello che prima dice “farò il giudice per dare voce a chi in tv non ne ha”, e poi spara a palle incatenate contro i pivelli. Giusto così. Ad Agnelli càpita solo di avere il cognome sbagliato per un’indole da lupo: appena fiuta l’odore del sangue, lui azzanna.
E non da oggi: già sul finire del secolo scorso la sua band cantava Sui giovani d’oggi ci scatarro su, un salivoso anatema simil-Clash contro la meglio gioventù finto-impegnata: Sabato in barca a vela/ Lunedì al Leonkavallo/ L’alternativo è il tuo papà. Chissà se la riproporranno pure stasera, al concerto romano del Forte Prenestino. Occhio: chi volesse fischiarlo per la nuova avventura mediatica rischierebbe davvero uno sputo dal frontman, abitudine mai persa in trent’anni di apologia post-punk.
È che il Nostro si trova a metà di un guado periglioso: gioca da coach “più per il potere che non per i soldi che mi danno, comunque tanti e meritati”, e chi lo critica vada a farsi fottere: “Io non ho tradito, è il mondo alternativo che ha tradito me, con quel conformismo-anticonformista che fa più male delle cause che combatte, e che è una sorta di fascismo”.
Strana, la sorte dei profeti della scena indipendente italiana, costretti a dolorosi esercizi di coerenza per riconfermare la rabbia incendiaria dell’adolescenza anche quando, come Manuel, hai appena compiuto i 50 anni e ti vien da fare il pompiere. Gli aficionadosurlano “venduti” agli Afterhours da un pezzo: almeno da quando (dopo tre rifiuti) nel 2009 accettarono di partecipare al Sanremo di Bonolis.
Eppure, andarono in gara con un pezzo, Il Paese è reale, che certo non aderiva agli stilemi festivalieri, e che per giunta era il brano-pilota di un’operazione discografica in cui il gruppo mobilitava tutti i bei nomi del panorama rock nazionale sui cui non si accendevano mai i riflettori. Questa di impancarsi a leader di un “movimento d’opposizione” è sempre stata l’indole del buon Manuel: per cinque anni, all’inizio del millennio, organizzò il festival Tora! Tora!, dove si offriva spazio a quelli che non si piegavano ai diktat discografici. E tre anni fa, per l’edizione commemorativa del loro album di culto Hai paura del buio?, gli Afterhours si sono visti omaggiati da colleghi come Daniele Silvestri, Negramaro, Marta sui Tubi: portarono il tour a L’Aquila, vista come “città simbolo per la rinascita della cultura”.
Il potere personale affascina Agnelli: ne sa cogliere le declinazioni. Ora che passa per il giudice ammazzasette, in pochi ricordano come lui sfrutti il proprio carisma per martellare la Siae affinché riduca le pretese sui live degli esordienti. E non avrà pace, giura, finché la politica non riconoscerà lo status professionale del “cantante”, che ora ingrassa l’Enpals. Quanto alle convinzioni rischiose, ha magnificato l’Expo della sua Milano mentre tanti correligionari volevano mettere la città a ferro e fuoco.
Poi, certo, l’uomo ha le sue malinconie: ha titolato l’ultimo disco Folfiri o Folfox dal nome di due farmaci anticancro, la malattia che ha stroncato l’adorato padre, influente commerciante di Abbiategrasso. Ma la famiglia (la moglie Francesca e la loro bambina) è il miglior rifugio nei momenti bui. Il demone della musica lo possiede da quando aveva 6 anni: ascoltava la mamma suonare Chopin e la emulava su un organo Farfisa.
E la seduzione del pop? Beh, c’è quel vecchio magnifico duetto con Mina su Adesso è facile. Un idillio nato ben prima grazie alla fan Benedetta Mazzini, che invitò gli Afterhours a casa sua per parlare di un altro brano (Dentro Marilyn), poi rifatto dalla madre con un altro titolo. La Tigre di Cremona aprì la porta in grembiule da cucina e preparò delle succulente salamelle. Per Manuel fu impossibile resistere.
Stefano Mannucci, il Fatto Quotidiano 18/9/2016