Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  settembre 19 Lunedì calendario

IN BARBA ALLE LEGGI, È ANCORA DIFFICILE PAGARE COL BANCOMAT

Cittadino digitale, moneta elettronica, pagamento tramite smartphone. Quante parole roboanti nelle dichiarazioni di premier e ministri italiani e nelle leggi che approvano, compreso il nuovo Cad, il decreto legislativo che riforma il Codice dell’amministrazione digitale, in vigore da pochi giorni, o la Legge di Stabilità 2016 che impone a commercianti e professionisti l’impossibile: accettare pagamenti con carta anche per importi sotto i 5 euro. Provate a sfoderare un bancomat per pagare caffè o giornale in una qualunque periferia di Roma e vedrete con che colore verrete apostrafati.
Il governo Renzi, insomma, si avvale di persone che probabilmente hanno studiato nelle migliori università del globo, ma che purtroppo non vivono nel mondo di noi comuni mortali. Sanno tutto di carte di credito contactless e Mobile Pos, ma non hanno mai fatto la fila in un negozio per comprare i libri su cui dovranno studiare i loro figli, non hanno mai preso un numeretto per pagare il ticket sanitario e soprattutto non si sono mai trovati, dopo ore di fila, davanti a una cassiera che si rifiuta di accettare i loro soldi perché offerti con lo strumento “digital” sbagliato. A me è capitato. Più volte in poche ore. E non è stato piacevole discutere, correre al primo sportello automatico e pagare ogni volta 2 euro e mezzo di commissione pur di avere delle banconote in mano.
“Qui non si accettano assegni, Bancoposta e carte di credito”. Il cartello campeggia sulla cassa di tantissimi negozi, centri estetici, librerie, fiorai, piscine comunali e persino nel Cup centrale del più grande ospedale d’Europa: l’unico sportello del Policlinico Umberto I di Roma in cui è possibile pagare le visite specialistiche in intramoenia e i ticket. Così dopo aver vagato per chilometri alla ricerca dell’ufficio giusto, aver atteso il mio turno e offerto la carta per pagare una visita dermatologica da 130 euro, ho scoperto con stupore che il mio Bancoposta, gentilmente offerto da Poste Italiane, società per azioni di proprietà dello Stato, viene rifiutato da un ospedale di proprietà anch’esso dello Stato, in barba alla legge sempre dello Stato. Un bel paradosso.
Non solo. Poche ore più tardi, l’ingiustizia si ripete. Dopo essere sopravvissuta all’assalto di decine di genitori che cercavano di accaparrarsi i libri scolastici in una delle tante librerie che offrono qualche spiccio di sconto, finalmente ottengo udienza da una giovane commessa, trovo parte dei testi che cerco, ordino i mancanti, mi rimetto in fila per pagare, ma quando arriva il mio turno ancora una volta inciampo sullo stesso cartello: “Qui non si accettano assegni, Bancoposta e carte di credito”. Il commerciante spiega: “Sui libri ho un ricarico del 7%, se devo dare il 3,8% alla banca per la commissione a me non resta niente”. Capisco che non cederà, esco, faccio bancomat, pago i soliti 2 euro e mezzo per aver utilizzato il primo sportello automatico incontrato sulla mia strada e con tre biglietti da 50 in mano mi rimetto in fila. Non vale più la legge del codice, ma la legge del più forte. E il consumatore in questa situazione è l’anello debole della catena.
Il problema non riguarda solo me, ma chiunque sia sprovvisto di contanti e bancomat, oltre ai 7,1 milioni di utenti sfigati che possiedono un Postamat, strumento che non permette di fare acquisti on line come una carta di credito, ma che per ogni transazione in negozio costa ai commercianti proprio come una carta di credito. Forse è per questo che gli italiani non riescono a rinunciare alle banconote. Secondo Bankitalia, gli italiani hanno 1,5 carte a testa, mentre gli esercenti hanno in cassa 30.400 macchinette per milione di abitanti, più di Spagna e Regno Unito (26.300), di Francia (24.300) e Germania (10.700).
Eppure le usano poco: nel 2014 solo 38,2 transazioni a persona contro una media Ue di 97,7, e una spesa di 155 miliardi di euro su un totale di 600 miliardi di consumi. Anche le stime sul 2015 disegnano uno scenario poco entusiasmante: + 5,6% le spese con carta e bancomat per una spesa complessiva di 164 miliardi di euro, + 22% quelle fatte attraverso tablet, smartphone e pc per una cifra che si aggira intorno a 21 miliardi di euro. Viste le condizioni capestro, la crescita seppur ridotta dell’uso della moneta elettronica sembra già un miracolo. Bisognerebbe ricordare anche alle banche che i pagamenti digitali aiutano a combattere l’economia sommersa e che, secondo l’Osservatorio Mobile Payment & Commerce del Politecnico di Milano, potrebbero permettere di tagliare una serie di costi connessi all’uso del contante, circa 9,5 miliardi di euro all’anno, cui vanno aggiunti mancati introiti per l’erario del valore di 27 miliardi di euro. Praticamente una finanziaria.
Barbara Cataldi, il Fatto Quotidiano 19/9/2016