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 2016  settembre 18 Domenica calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - SALVINI E IL CAOS POLITICO GENERALE REPUBBLICA.IT PONTIDA - "Se qualcuno pensa che il futuro della Lega sia ancora quello di un partitino servo di qualcun altro, di Berlusconi o di Forza Italia, ha sbagliato a capire

APPUNTI PER GAZZETTA - SALVINI E IL CAOS POLITICO GENERALE REPUBBLICA.IT PONTIDA - "Se qualcuno pensa che il futuro della Lega sia ancora quello di un partitino servo di qualcun altro, di Berlusconi o di Forza Italia, ha sbagliato a capire. Noi non saremo più schiavi di nessuno. Noi accordi al ribasso non ne faremo con nessuno". Matteo Salvini mette i paletti per il futuro del centrodestra nel suo intervento conclusivo a Pontida. Dove si reduna una Lega Nord una e trina: quella delle origini di Umberto Bossi che non vuole abbandonare il sogno secessionista; quella dei governatori Roberto Maroni e Luca Zaia, populista ma moderata e pragmatica; infine quella nazionalista e antisistema di Salvini. Pontida, al raduno della Lega: nel mirino Renzi e Islam Navigazione per la galleria fotografica 1 di 55 La tre giorni del Carroccio, a vent’anni esatti dalla dichiarazione di indipendenza della Padania (che poi si chiuse con un nulla di fatto, a parte il gesto simbolico), conferma il lento mutamento in corso all’interno del partito. Il segretario federale deve ricordare la necessità di restare uniti "come un corpo solo", perché poco prima di lui il Senatùr era stato durissimo nei confronti del nuovo corso. Poi ci sono anche le magliette pro Ratzinger dei Giovani Padani e critiche nei confronti di Papa Bergoglio, con la scritta ’Il mio Papa è Benedetto": "Lui aveva le idee chiare sull’Islam - spiega Salvini - chi fa entrare l’imam in chiesa non mi piace". Bossi critico quindi, ma anche Roberto Calderoli, arrivato sul palco con torta e venti candeline. Appunto l’anniversario della Padania. "L’articolo 1 l’ho scritto io e finché sarò in vita rimane com’è", spiega il vicepresidente del Senato, con riferimento al primo capoverso dello Statuto leghista che cita l’indipendenza della Padania come obiettivo fondativo. Per Bossi il primo nemico rimane Roma: "Siamo nati per la libertà del Nord, la Lega non sarà mai un partito nazionale". Parole che hanno un peso perché, seppur acciaccato, il fondatore rimane una voce rispettata e amata dalla base. La Lega di mezzo è quella degli amministratori, e in mezzo alla contesa preferisce mettersi da parte. Zaia e Maroni salgono sul palco con consiglieri e assessori: "Il programma del centrodestra è ascoltare il popolo", dice generico il presidente veneto. Salvini ammette di non aver dormito la notte per preparare l’intervento. "Come gli allenatori del giorno dopo, anche qui ci sono dei segretari federali che hanno la bacchetta magica. Il potere centralista è stato forte, ma possiamo dire che anche noi ci siamo complicati la vita e fatti male da soli?", è la prima risposta a Bossi. Poi: "Se qualcuno pensa di far tornare la Lega un partito del 4 per cento servo di altri non mi interessa, di eleggere venti parlamentari non me ne faccio un cazzo. Se ti chiami Scajola - prosegue Salvini - se stai con Alfano, Fini e Verdini non stai con me. Se voi volete fare patti con questa gente, scegliete un altro segretario federale". La proposta di Stefano Parisi resta inascoltata dal leader della Lega che ieri aveva definito "mummie" gli esponenti politici ospiti della convention dell’ex candidato sindaco di Milano. "Non vogliamo recuperare qualcuno che è solo a caccia di poltrone". Contro l’Europa e contro l’euro, unificando nella battaglia tutto il territorio nazionale: il piano di Salvini non cambia. Che allo stesso tempo chiama anche gli elettori dei Cinque Stelle: "L’onestà va di moda anche qui e lo stesso dovrà essere per i nostri alleati". Oltre alla proposta da presentare al prossimo congresso di mettere il limite di due mandati per gli eletti. La divisione tra destra e sinistra non esiste più - continua Salvini - ma è tra globalisti e sovranisti. Ci scappa anche un elogio a Enrico Berlinguer ("Lui stava con gli operai in fabbrica, non con le banche come la sinistra di oggi") accolto con gli applausi dai militanti, anche se non troppo convinti. Dopo, le proposte per il futuro: il presidente della Repubblica eletto dai cittadini, una sola camera eletta con sistema proporzionale, il vincolo di mandato per i parlamentari, l’Italia suddivisa in tre macro-aree, magistrati anche loro "eletti dal popolo". Quanto a Forza Italia, infine: "Deve scegliere se stare con noi o con la Merkel in Europa. O con noi sempre, oppure mai". Ma è un monito che Salvini ha lanciato decine di volte nei suoi quasi tre anni da leader della Lega. Finora senza mai vere conseguenze. discorso di parisi (sabato) Riprendere e aggiornare il manifesto delle libertà del ’94. E poi nuovi modi per rapportarsi all’Europa e alla politica italiana. Con una nuova classe politica che rilanci l’economia. Sono alcuni dei temi trattati da Stefano Parisi, concludendo i lavori della sua ’Energie per l’Italia’, da lui organizzata a Milano. L’ex manager scelto da Silvio Berlusconi per ’rigenerarè Forza Italia e rilanciare il centrodestra, ne ha un po’ per tutti, anche se il bersaglio principale è iil premier Matteo Renzi che ha ucciso "la speranza e il futuro". L’Europa. "Non possiamo andare a Ventotene a cercare il nostro futuro. Quell’Europa di Spinelli forse non c’è mai stata, ma sicuramente non ci sarà più. Diciamo no ad un’Europa stagnate che non pensa al nostro futuro". L’attacco a Renzi e Monti. "La classe politica ci ha costretto ad una contingenza politica, a tattiche, al giorno dopo giorno, a furbizie. Abbiamo ora un maestro delle furbizie tattiche e questo ci costringe ad una vita soffocata. E’ morta la speranza e il futuro". "Gli 80 euro per la ripresa sono un inganno ma anche chi dice ’onestà’ e non ha fatto politiche in passato per la crescita fa un inganno". "Ventotene, Maranello, Atene e Bratislava: quattro incontri e quattro linee diverse. La debolezza del nostro Paese è pazzesca. A Maranello cosa si sono detti con la Merkel? Gli hanno fatto vedere solo quanto sono belle le Ferrai o hanno parlato di Ue e immigrazione". "Manovre di risanamento come quelle fatte da Monti hanno ucciso la nostra economia, ridotto gli investimenti e hanno aumentato la spesa corrente portandoci in queste condizioni. In Spagna pur senza governo si riesce a crescere. Noi non abbiano bisogno di pedagoghi e tecnocrati, ma di politici che prendono in mano la situazione". "Renzi non è un rischio per la nostra democrazia ma per la nostra economia. Non c’è il pericolo di un colpo di Stato, ma della morte del Paese che è molto più grave". L’appello ai partiti del centrodestra. "Siamo profondamente alternativi alla sinistra, tutto il centrodestra deve essere alternativa credibile e vera. La nostra funzione è di rigenerare in modo unitario non vogliamo essere una setta, vogliamo mandare un messaggio agli altri partiti del centrodestra; solo uniti si vince ma se siamo in grado di rappresentare tutte le nostre diversità". "Vogliamo costruire le fondamenta del liberalismo popolare, è vero che quel famoso credo delle libertà del 94 era un grande manifesto liberale in cui gli italiani hanno creduto. Quella spinta nel tempo si è un po’ persa, c’è stato uno sbandamento negli ultimi anni del centrodestra. Quelle politiche vanno riprese e aggiornate". L’Anac. "Vogliamo cambiare il rapporto tra Stato e cittadini. Non si può pensare che siano solo corruttori e evasori e quindi per smontate questo si fonda un impianto normativo sul sospetto che insegue la patologia e non norma il comportamento fisiologico. Ma in Italia serve l’Autorità anticorruzione? La nomina viene dal presidente del Consiglio quindi non so che imparzialità abbia e ogni giorno dice la sua su una nomina o una gara e anche sulla cannabis..". Piuttosto per Parisi "il Paese ha bisogno di classe politica integra e di sistemi di controllo efficaci". Il referendum. L’ex manager ha ribadito che lui al referendum sulle riforme costituzionali voterà "No, perché credo che l’Italia possa fare una riforma migliore di questa, perché anche lì c’è una grande presa in giro. Ci vuole più rispetto per gli italiani". Parisi, poi, è tornato sul fatto che il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, continua a dire che o vince il sì o ci sarà il caos: "Cosa che non sarà - ha detto Parisi - perché il giorno dopo avremo questa Costituzione, che non è il caos e poi ci sarà una forza che è pronta a guidare il Paese, che è il centrodestra". Secondo Parisi le parole di Renzi sul referendum stanno producendo il fatto che "i mercati aspettano il dopo referendum, perché Renzi ci dice che se perde ci sarà il caos, e così non riesce nemmeno a fare un aumento di capitale per Mps". I sindacati. "C’è un sindacato moderno che non guarda non solo ai pensionati ma ai giovani. Credo, al contrario di chi governa, che il rapporto con i corpi intermedi è molto importante" perché "chi è parla direttamente ai cittadini senza parlare con i corpi intermedi dopo due anni perde il rapporto con la realtà". Per Parisi "il modello della rappresentanza deve essere rivitalizzato, non ci sono diritti di veto ma la mediazione sociale è importante". Immigrazione. "L’immigrazione è un tema molto serio che non va trattato con slogan ma nemmeno con l’ipocrisia come una certa sinistra elitaria, ma avete visto poi cosa è successo a Capalbio: "Lì siamo colti, non è che possiamo prendere degli eritrei..."". "Se l’Italia va in Europa con il cappello in mano - prosegue - la sua credibilità diventa pari a zero. Se vogliamo cambiare l’atteggiamento dell’Europa dobbiamo far capire che l’immigrazione è un problema grosso di tutta l’Europa e dobbiamo prendere un’iniziativa politica". "La politica è legalità". Stefano Parisi ha voluto ribadire con forza la novità che rappresenta questa sua iniziativa e in particolare ha sottolineato che "la politica deve essere legalità", e che oggi il Paese ha bisogno di "persone integre che non fanno politica per interesse personale. La politica non un posto fisso in Parlamento per sempre". Parisi ha poi spiegato che per la politica servono "persone esperte, non basta fare le primarie sul web. Per fare il sindaco di una grande città bisogna essere esperti, se poi si hanno qualche avviso di garanzia magari vuol dire che si è lavorato bene". PRIMO GIORNO DI PARISI MILANO «Nel giro di quattro mesi avremo un programma di governo da offrire ai cittadini. Qui a Milano è nata una nuova comunità politica. Noi siamo la vera alternativa al centrosinistra. I grillini? Dove governano fanno confusione». Mostra grande ottimismo Stefano Parisi nella veste di «rigeneratore» del centrodestra. Il gran giorno della «conferenza programmatica» è arrivato. La sera prima era arrivata invece la telefonata di Silvio Berlusconi che gli ha augurato il suo in bocca al lupo. Negli spazi post industriali del Megawatt si radunano circa 2000 persone sui 4000 iscritti: tre maxischermi rimandano le immagini dei relatori. Più Meeting di Rimini che Leopolda. Più impronta cattolica che lib-pop. Ma è solo il primo assaggio, perché il clou è previsto per questa mattina. Sul palco il primo a parlare è Parisi. Lo fa rendendo omaggio a Carlo Azeglio Ciampi. La platea si alza in piedi e applaude a lungo. Un controcanto alle parole pronunciate poche ore prima da Salvini a cui non replica: «Oggi è una giornata di lutto». Via alla «conferenza». Relatori rigorosamente della società civile (Berlusconi non viene mai menzionato se non alla fine quando a parlare del futuro del centrodestra sono il direttore del Corriere della Sera , Luciano Fontana, della Stampa , Maurizio Molinari, della neonata Verità , Maurizio Belpietro e dell’ Huffington Post , Lucia Annunziata) in platea un mix di esponenti delle professioni e una pattuglia ridotta di politici se non fosse per la presenza robusta dei centristi: Maurizio Lupi, Maurizio Sacconi, Roberto Formigoni, Gabriele Albertini. Assente Angelino Alfano che però non le manda a dire: «L’unico mio interlocutore per una riaggregazione dei moderati sarebbe Berlusconi e non Parisi». Latita, ma questo era scontato, Forza Italia. Almeno per quanto riguarda i big perché molti amministratori locali hanno «trasgredito» l’invito a non partecipare. Le presenze più significative sono quelle di Maria Stella Gelmini, qui nella veste di coordinatrice regionale lombarda degli azzurri e di Gianfranco Micciché. Oltre a quella scontata di Francesco Giro. La parola d’ordine è un prudente «ascolto»: «FI ha nel suo dna l’apertura alla società civile — dice Gelmini —. È sbagliato chiuderci e mi sembra giusto essere qui ad ascoltare». All’appuntamento si presentano anche Elisabetta Gardini e Lara Comi. «Toti e Brunetta? — risponde Parisi ai cronisti —. Sono tutti invitati, chi vuol venire viene. Se vogliono stare a casa, per me non è un problema». La sorpresa è l’arrivo di Claudio Scajola. Grande abbraccio con Tiziana Maiolo. «Nessun ritorno a ruoli attivi. Sono qui per ascoltare. Anche con la presenza in ultima fila Parisi merita un appoggio». Più interessante capire chi della società civile ha risposto all’appello di Parisi. Si nota la presenza dell’economista Veronica de Romanis, moglie di Lorenzo Bini Smaghi. A lungo si è parlato di lei come una degli esperti voluti dal premier Renzi per mettere a punto la linea economica del Paese. C’è anche Mario Dal Co che nel corso della sua lunga carriera economica è stato anche consigliere dell’allora ministro dell’Innovazione, Renato Brunetta, il più acerrimo rivale di Parisi. Le relazioni si susseguono a ritmi serrati. Si passa da Massimo Gandolfini, portavoce del family Day a Giancarlo Cesana big di Cl, da Maryan Ismail, l’antropologa che alle ultime elezioni comunali era candidata con il Pd a suor Anna Monia Alfieri a cui è stato tributato l’applauso più caloroso della giornata. In platea non passa inosservato Franco Debenedetti, fratello di Carlo. Sulla giacca verde ha appuntato una spilla con la scritta «Io voto sì». «Sono amico personale di Parisi. Bene il suo progetto». C’è il notaio Piergaetano Marchetti, presidente della Fondazione del «Corriere»: «Pur non aderendo al progetto di Parisi credo che la proposta possa essere utile per il Paese anche per arginare gli estremismi della destra. Sono qui perché mi interessa il dibattito culturale e il confronto è sempre un’opportunità». Sfila l’ex sottosegretario, Antonio Catricalà. In platea siede Lella Golfo, fondatrice e presidente della Fondazione Marisa Bellisario. Il richiamo di Parisi ha incuriosito. Oggi la chiusura con le conclusioni. Le scommesse sono aperte. MAURIZIO GIANNATASIO CORRIERE DELLA SERA